domenica 28 aprile 2013

4° Edizione della "Festa della Filosofia", dal 4 Maggio al 30 Giugno 2013

Fonte: AlboVersorio

Dal 4 maggio fino a fine Giugno, nei comuni di Bollate, Casorate Sempione, Cesate, Garbagnate Milanese, Senago, Sabbioneta, Saronno e Rho, andrà in scena la 4° edizione della "Festa della filosofia". Evento che ogni anno conferma che, questo genere di incontri, hanno dietro un gruppo organizzativo collaudato e vincente. Ve lo segnalo con piacere non solo perché è una di quelle occasioni in cui non si va per farsi fare un autografo o sentire un autore che parla di sè stesso, ma sono momenti di confronto importanti che aprono la mente e ci permettono di interessarci ad argomenti che magari non abbiamo mai affrontato come un discorso serio e ponderato. Quindi, come è successo per i video che ho postato nelle domeniche di Febbraio e Marzo e come avverrà per un po', trovo giusto segnalare questi incontri perché chi abbia voglia di rimettere in discussione le proprie visioni o di farsi solo un'idea, possa vagliare e scegliere di partecipare a qualche evento che vede un sacco di nomi, anche molto conosciuti, tra i quali spiccano Carlo Sini e Philippe Daverio, che mettono a disposizione le proprie conoscenze e visioni. 

Dai comunicati stampa si legge che: "Pensare il pianeta è il filo conduttore della kermesse per il 2013, che si ispira al tema proposto da Expo Milano 2015: Nutrire il Pianeta, energia per la vita, sulla linea dello scorso anno con un festival ispirato a Pensare il cibo e come sarà per il futuro con Pensare l’energia (2014) e Pensare la vita (2015)." E, cosa ancor più importane è una serie di eventi paralleli saranno dedicati ai "giovani a partire dagli interventi nelle scuole, sia alle elementari con La favola filosofica, sia nei licei. A questa iniziativa si aggiungono una tavola rotonda a cui parteciperanno alcuni studenti dell'Università dell’Insubria, che hanno seguito il seminario sul Timeo di Platone in preparazione al festival e Aspettando il festival ovvero presentazioni di libri da parte di giovani ricercatori prima delle conferenze dei filosofi" mi fanno pensare che l'arricchimento di questo evento che durerà due mesi sia gestito con criterio lasciando a tutti coloro che interverranno spazi e tempi adeguati. E in questo periodo visto come spopolano le formule talk-show, che non fanno parlare nessuno se non chi fa le domande, è veramente una fortuna! 

Tra gli eventi che troverete segnalati anche dal sito dell'Associazione e Casa Editrice Alboversiorio - di cui vi consiglio di dare un'occhiata anche al fornito catalogo che riporta dei titoli molto interessanti- io vi segalo quelli che vorrei e spero veramente di riuscire a vedere (almeno un paio!) per la gioia di Italo/Trenitalia (per darvi uno spunto ho riportato il programma della giornata e non il singolo evento).

Pertanto, vi invito, qualora vi trovaste nei paraggi  dal 4 maggio in poi, a fare una serata alternativa che sono certa vi regalerà nuovi punti di vista o conferme maggiori riguardo le vostre posizioni in merito ai vari argomenti proposti. Tutto sta a mettersi in discussione.
Buone letture e buona domenica,
vi inserisco in calce l'elenco degli eventi.
Simona Scravaglieri


Venerdì 24 Maggio, Casorate Sempione (Sala Consiliare, Via De Amicis 3) h 20.30 - Aspettando il festival: Azzurra Smolari presenta la rivista 15Quindici h 21.00 - Paolo Bellini - LA POLITICA NELL'ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE - Filosofia e politica 
Domenica 26 Maggio, Bollate (Biblioteca Comunale, Via Piave 5) h 17.30 - Aspettando il festival: Diego Fusaro presenta la collana di Perle di saggezza h 18.00 - Giuseppe Girgenti - IL COSMO DALL'ANTICHITA' A OGGI - Filosofia e storia 
Domenica 2 Giugno, Saronno (Villa Gianetti, Via Roma 20) h 17.30 - Aspettando il festival: Alfredo Gatto presenta il libro Le verità della natura h 18.00 - Massimo Donà - MONDO E NATURA - Filosofia e scienza Lezioni di filosofia  
(sala del Bovindo di Villa Gianetti, via Roma 20, Saronno, ore 21:00) 
- Mario Lizzero, “Velocità, fugacità e cambiamento: il tempo della Medusa”, giovedì 23 maggio - Pierangelo Pedersini e Giuseppe Uboldi, "L’idea di polis e dell’agire politico in Aristotele e Hannah Arendt", martedì 28 maggio - Giovanni Prisinzano ed Erasmo Silvio Storace, “Il concetto di mondo in Kant e Heidegger”, giovedì 30 maggio Lettura per bambini  
(Sala Nevera di Casa Morandi, viale Santuario 2)  
- Viviana Nicodemo legge la fiaba per bambini (6-11 anni) di Daniela Marinaro: Giacomo Liopardo nella caverna di Platone, 18 maggio, ore 16.00 
Domenica 9 Giugno, Garbagnate Milanese (Corte Valenti, Via Monza 12) - h 18.00 IL PIANETA IMMAGINATO - Filosofia e arte Philippe Daverio con Massimo Donà h 19.30 Concerto di percussioni e strumenti naturali, a cura del maestro Giacomo Tringali 
Domenica 23 Giugno, Senago (Villa Monzini, Biblioteca Comunale, Via Don Rocca 19) h 17.30 - Aspettando il festival: Federico Nicolaci e Francesco Valagussa presentano il libro Tradursi in Heidegger h 18.00 - Massimo Marassi con Mattia Pozzi - IL CONCETTO FILOSOFICO DI MONDO - Filosofia e metafisica 
Domenica 30 Giugno, Senago (Villa Monzini, Biblioteca Comunale, Via Don Rocca 19) h 17.30 - Aspettando il festival: Lorena Tropea ed Elisa Virgili presentano il libro L'eterno ritorno dell'estetica h 18.00 - Edoardo Boncinelli e Giulio Giorello - IL MONDO DELLA SCIENZA - Filosofia ed epistemologi


venerdì 26 aprile 2013

"Operazione Compass", Andrea Santangelo - La storia di cui non si parla....


Fonte: WikiDeep

In un pezzo apparso su La Lettura del Corriere della Sera, di domenica scorsa, c'era un interessante articolo sui saggi storici dal titolo "Storici in cerca di lettori" nel quale, ad un certo punto, compaiono dei concetti che io non solo condivido ma di cui ho già detto la mia in altre occasioni come fu quando parlai del Gadda di Pedullà - in quel caso si trattava di critica letteraria, ma il discorso è applicabile a buona parte di quella letteratura fino ad oggi ritenuta troppo accademica. Siamo in un'epoca di cambiamento, in cui quel ramo di letteratura che viene compreso nell'area saggistica sta operando un forte cambiamento per venire incontro al grande pubblico. La questione è che molti non lo sanno e continuano ad evitarla. Quindi quando l'autore di questo pezzo, Antonio Carioti, dice "per Schiavone rivolgersi a un pubblico vasto non significa cedere alle semplificazioni divulgative: «La sfida è coniugare la solidità scientifica della ricerca con la capacità di ricostruire gli eventi nella forma di un racconto appassionante. Non è un obiettivo impossibile, è il modello di grandi classici della storiografia, come Edward Gibbon, Hans Mommsen, Fernand Braudel, le cui opere si leggono come romanzi»" comprendo perfettamente quali sono le difficoltà di uno studioso che decide di uscire dai tranquilli binari accademici mettendosi alla prova con un mondo meno "sicuro", che si divide fra i frequentatori di narrativa classica o peggio anche modaiola e quelli che invece leggono solo di Storia sorvegliata, come quella cui si accenna poco più in giù dove si dice "Per giunta, nota Barbero, spesso l’interesse dei lettori si rivolge a opere dal contenuto discutibile: «Purtroppo in Italia i politici, i pubblicisti e perfino alcuni storici hanno l’abitudine di usare in modo fazioso pezzi del passato per alimentare le contrapposizioni di oggi. E c’è una parte di opinione pubblica disposta a bere qualsiasi panzana, specie se rivolta contro la Resistenza o il Risorgimento, purché accarezzi i suoi pregiudizi". 

Nel libro di cui vi parlo oggi, Andrea Santangelo, scrive ai suoi lettori nel modo che viene "contestato" a Schiavone. Pone al centro un'unica operazione, che nel periodo fascista in  Italia non ebbe associato alcun nome, perché fu - come suggerisce il sottotitolo - la "Caporetto" della Seconda Guerra Mondiale, e che rimane denominata con il nome della missione di chi vinse, gli inglesi, ovvero "Operazione Compass". In pratica fu la distruzione della 10° Armata in Libia, allora affidata al Comandante Graziani. La differenza tra uno storico che racconta e uno scrittore sta nel fatto che, nel rendere vivibile il racconto, il secondo ha necessità di creare una trama mentre, come diceva Carr in una delle lezioni italiane trascritte da  Carlo Ginzburg -"Sei lezioni sulla storia", Edward Carr, Carlo Ginzburg, Einaudi Editore, ed. 2000 collana "Piccola biblioteca Einaudi" prezzo 17,00€ -, lo storico trova i fatti e li analizza, li seleziona fra quello che è rilevante e quel che invece non lo è ai fini di quel che è stato e poi li mette insieme, come li stesse cucinando, per servirli ai suoi lettori. Quindi non serve romanzare ma solo avere al proprio attivo le capacità per presentare la storia, per quel che è stata, in una maniera semplice e diretta; la trama l'ha già scritta la Storia. E "Operazione Compass" ci riesce pienamente, è un libro scorrevole anche per me che sono sempre stata una vera a propria "capra" - mai capiti tutti i gradi militari, tutte le volte ho bisogno di un'anima pia che mi dica chi è più importante di chi!- e, in più, restituisce un quadro chiaro di quello che è realmente stato il fascismo in Italia, senza le schermature che solitamente a destra e sinistra si preferisce mantenere, per evitare di essere additati.

Una delle cose che con prepotenza oggi ancora si pensa è che lo strapotere fascista fosse così presente e pesante da essere identico alle contestuali dittature naziste e staliniste. Invece sia da questo libro, come anche in quello di Bonsaver "Mussolini censore" - Edizioni Laterza, ed. 2013, Collana "I Robinson/Letture", Prezzo 18,00€ - di cui vi parlerò più in là, esce fuori che la struttura fascista è molto simile a quella clientelare che ha caratterizzato e, lo fa ancora oggi in molti casi, la società italiana anche nel periodo prima dell'unione d'Italia. Un Mussolini impegnato a creare un'immagine senza doversi per forza impegnare a realizzare qualcosa di solido. Come lo descrive Bonsaver "un accentratore di poteri che però non era in grado di guardare al quadro generale, ma si concentrava sempre solo su fattori irrilevanti". La 10° Armata di cui racconta Santangelo era "invincibile", per un'Italia che doveva essere interessata alla guerra solo in caso di vittoria,  solo in una cosa: nel coraggio di quelli che non avevano nulla e che, nonostante fossero stati mandati al fronte con armi vecchie o addirittura senza, hanno combattuto con coraggio una guerra che non gli apparteneva fino alla resa, non per vigliaccheria ma per impossibilità di andare oltre nella battaglia. Tutto il resto, ovvero quello che decreta la sconfitta più grande, è rappresentato da altri fattori a partire da colui che è a capo delle operazioni in Libia, Graziani, più impegnato a fare l'impiegato ministeriale che a capire le reali necessità del momento, l'impreparazione generale di una classe dirigente militare troppo impegnata a far carriera su carta invece di provarsi sul campo e finendo con un apparato statale ed economico, come quello italiano, che era più pronto a lucrare sulle spalle dei combattenti semplici che ad innovare e innovarsi e, infine ma non meno importante, a ministeri che con la loro burocrazia impedivano, a quel poco di innovativo che c'era, di arrivare dove c'era bisogno.

E' questa situazione di totale disastro organizzativo, sociale e istituzionale, che svela al mondo che Mussolini è solo "fumo negli occhi" negli anni '40, che l'Italia fascista deve ripartire da zero e costruire qualcosa di concreto. "Concretezza" che non diverrà mai fino in fondo come dovrebbe essere - questo Santangelo sembra suggerirlo -, perché la stasi tipica della società verticale e ingessata italiana, troppo attenta all'interesse personale a scapito di quello collettivo, sarà sempre al primo posto come causa delle perdite, e questo lo aggiungo io, non solo in guerra ma anche su altri fronti. La rappresentazione equidistante di ciò che è stato un movimento, che è sempre voluto sembrare all'altezza con quelli più grandi e che invece ne ha subito decisioni per poter apparire agli occhi degli altri come tale, non smonta quello che è il "giudizio" su uno dei momenti più neri della storia italiana, ma ne restituisce l'impianto di base da cui partire con una analisi seria di quelle che sono le "colpe" di un sistema clientelare e burocratico e autoreferenziale che ancora oggi, volendo o no, mina la storia attuale. Il revisionismo in fondo è anche questo, analizzare i comportamenti per poter far sì che questi non si ripetano più e che la società evolva. Nelle questioni relative all'ultimo conflitto mondiale questo avviene solo sulla carta e, prima di leggere l'articolo citato in calce, io personalmente pensavo che l'approfondimento fosse riservato alla Storia relativa alla resistenza italiana e, nel caso del fascismo solo per le leggi e le successive stragi antisemite. Invece, leggendo il paginone de "La Lettura" e la recensione del libro "Partigia. Una storia della resistenza" - di Sergio Luzzatto, Mondadori Editore, ed. 2013 collana "Le scie" Prezzo 19,50€ - su Domenica del Sole 24 ore "Partigiani della  zona grigia" a firma di Raffaele Liucci, scopro che molti sono gli errori riportati anche in testi in merito di resistenza e partigiani commessi per faciloneria o per questioni di vendita.

E' forse per questo, che sono orgogliosa e molto felice di consigliarvi questo piccolo libro, sono solo 110 pagine, non solo per leggere un buon lavoro approfondito e scritto peraltro in maniera accattivante ma, soprattutto, perché credo veramente che in questo momento, come avviene per l'altro filone che seguo da anni - le mafie  in particolare la camorra, vedi la sezione delle "Letture concatenate" - abbiamo bisogno di verità, scomode o no, e non di lavori scritti tanto per vendere o per creare falsi miti mediatici. Se quello che vi frena è la questione del "Si parla di una guerra", tenete conto che è un pregiudizio. Il libro di Santangelo è completo perché non si sofferma solo al momento storico ma guarda ad un impianto che caratterizzava la società degli anni '40. L'operazione Compass e la relativa distruzione della 10° Armata è la conseguenza delle scelte di quella società e leggere di quelle consuetudini non potrà che riservarvi facili confronti con la situazione odierna. Dopotutto, leggere e conoscere la Storia, serve proprio a questo come già detto: apprendere, riflettere, confrontare ed evolvere. Tutto sta alla voglia di mettersi in discussione del singolo individuo. 

Buone letture,
Simona Scravaglieri 

Operazione Compass
La Caporetto del deserto
Andrea Santangelo
Salerno Editrice, Ed. 2012
Collana "Aculei"
Prezzo 12,00€


Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 24 aprile 2013

[Dal libro che sto leggendo] Quattro soli a motore

Fonte: Neo Edizioni


Se non vi piace Corradino, chiamatemi come vi pare. Solo vi prego non chiamatemi Scrofa. Comincia così questo libro, e, se rimanete alle premesse della prima pagina, non saprete mai quale straordinario lavoro sia stato fatto da questo bravissimo autore. Questo perché Corradino è un vero piccolo eroe che ci racconta la sua estate del '78, che sarà quella che cambierà la sua vita. Che sia perché ad undici anni si comincia a crescere o perché cominciano a succedere cose nuove, non sarò io a dirvelo, ma posso essere certa di non essere smentita nel dire  a piena voce che, questo, è veramente un bel libro da leggere. In un mondo popolato da letteratura che si prende troppo sul serio e che non riesce a restituire in peso specifico quei temi che vorrebbe trattare a volte con troppa veemenza e a volte con, non poco velata, superficialità, Corradino, invece, con gli occhi di bimbo e con una dialettica pertinente alla sua età, ci rappresenta il mondo dei grandi e quello della fantasia, che dalla stessa prende spunto generando storie parallele che si intervallano nella seconda parte del libro, con lucido realismo. Così, le quasi trecento pagine di questo libro scorreranno fra le vostre dita e vi lasceranno quel buon sapore di quando si leggono belle storie e quella nostalgia per il piccolo grande Corradino o come sceglierete di appellarlo. Mi raccomando, mai chiamarlo Scrofa!
Per il resto vi rimando alla recensione. 
Buone letture, 
Simona Scravaglieri


1.

Se non vi piace Corradino, chiamatemi come vi pare. Solo vi prego non chiamatemi Scrofa. Non è giusto chiamare Scrofa un ragazzino di undici anni. Tanti ne avevo nel 1978, l'estate che divenni un assassino. Quell'anno accaddero cose che ancora mi fanno tremare  e che adesso proverò a confidarvi. Possano ancora perdonarmi le anime delle persone che ho ucciso. Perché una parte di me continua a pensare che i fatti si sono svolti così, che non si è trattato di pure coincidenze, e nessuno mi convincerà mai del contrario. 
Il lento trapasso da memorie agresti a un futuro di bulloni e betoniere, il nostro è un paesino come tanti della Lombardia occidentale, a ridosso delle Prealpi e non lontano dal Lago Maggiore. Fareste molta fatica a trovarlo sulla pianta topografica. A meno che non sia una cartina dlla Comunità Montana della Valcuvia. Ma chi ce l'ha, in casa, una cartina della Valcuvia? Non passa per la testa neppure a noi che ci viviamo. Sareste da rinchiudere se ne aveste una. Cuviago è un borgo di millesettecento anime abbastanza stronzolotte e l'unica curiosità che ha da offrire si nasconde proprio nel suo nome: così come quello della valle, deriva dalla parola in apparenza scurrile. "Kuij", di un perduto dialetto gallico, il cui significato era:"covo di briganti" - o almeno questa fu una delle due cose che lo zio Clemente Zancopè, marito di zia Trude, sorella di mio padre, fece in tempo ad insegnarmi prima di morire a poco più di quarant'anni. Io ne avevo sei. L'altra cosa che mi insegnà quel mite uomo barbuto fu che piuttosto che andare a sgobbare al cementificio Ruspazzi come aveva fatto lui, e farsi fottere i polmoni dalla silicosi, era meglio diventare un brigante, ma di quelli tosti. E magari rapirgli la figlia al Ruspazzi. 
La mamma beveva e papà mi picchiava. Ma questo non è il lamento del Corradino maltrattato, e se dall'inizio alla fine le mie chiappe e dietro le ginocchia ci saranno dei lividi, be', non per questo verrò a piangere fra le vostre braccia. Sono un duro, io. E poi, chi vi conosce? I lividi fate finta di non vederli. Prima di spostarci a Cuviago, nel settembre del 1974, abitavamo a Lavinia, un posto più grande sulla spona orientale del lago.Insieme alla maggior parte degli abitanti di quel luogo, mio padre si guadagnava da vivere come operaio alla Ceramica. Nei primi cinque anni della mia vita, le mani su di me non le alzò mai ( al massimo minacciava "Guarda che ti volo addosso", e io credevo che scherzasse), né mia madre bevve granchè. Tutto filava liscio. Fra loro parlavano di comprarmi un fratellino. Poi nella primavera del '72 papà fu uno dei primi a perdere il lavoro, e la mamma il fratellino. Fu allora che le cose presero a precipitare. Papà non usciva più di casa. S'instaurò un'atmosfera d'angoscia , e io lì che l'assorbivo come un cuore assorbente. Ne assorbivo così tanta  che poi per sfogarla m'ero messo, all'asilo, a rubare i giocattoli custoditi dalle suore, a far sanguinare dal naso le femmine e a farmi la pipì addosso a tutto spiano. Una volta sganciai anche un fagotto grosso. Erano i miei modi di sfogare fuori tutta quella angoscia. Ma era impossibile smaltirla c'era sempre un'altra bella dose che aspettave al mio rientro a casa.

Quattro soli a motore
Nicola Pezzoli
Neo Edizioni, Ed. 2012
Collana "DRY"
Prezzo 15,00€ 

domenica 21 aprile 2013

Festival della Felicità 2012 - "Resistere non serve a niente", Walter Siti


Fonte: Fondazione Bellonci



Non vi stupirò dicendovi che questa settimana è uscito il gruppo dei "presentati" alla candidatura al Premio Strega 2013. Sono 26 La lista la trovate qui: Formiche.net) in tutto e riuniscono anime fra loro molto differenti che, come leggevo su un blog si una amica di Twitter @Paginestrappate, dovrebbero avere in comune temi riguardanti il disagio sociale e personale. Le ne ha già recensito uno ed è "Cate, io" di Matteo Cellini che trovate qui: lePagineStrappate.
Io invece ho cominciato ad occhieggiare Busi, al quale sono ancora grata per quel castone che era "L'amore è una budella gentile", con il suo "El especialista de Barcelona". Ma nel frattempo ero incuriosita anche dal libro di Walter Siti che per definizione di molti solitamente si concentra sulla crisi dell'io e nel particolare nella sfera sessuale e questa volta invece con "Resistere non serve a niente" affronta temi strettamente contemporanei di finanza e della malattia del secolo "l'autoaffermazione di se stessi attraverso i soldi e non i valori". Così ho cercato un po' in giro e ho trovato un video di quest'estate registrato al "Festival della felicità" per la provincia di Pesaro e Urbino. L'intervento è lungo e interessante, ben articolato. Il problema è che vi posso segnalare solo il link, perchè detta provincia evidentemente non è molto social e non sa che condividendo con i blogger i propri video realizza comunque le sue visualizzazioni.

Quindi chiedo venia e vi invito a guardare il video qui: 
Walter Siti

Troverete un sacco di buoni motivi per leggere questo libro, probabilmente come è successo a me che già l'ho inserito nella lista dei desideri e, non appena avrò finito la lista dei da leggere che stanno aspettando da un po', lo acquisterò volentieri, e per Busi, dovrete aspettare ancora!
Buona domenica e buone letture,
Simona Scravaglieri

Il libro di cui si parla:

Resistere non serve a nulla
Walter Siti
Rizzoli Editore, ed. 2012
Collana "Scala Italiani"
Prezzo 17,00€

venerdì 19 aprile 2013

"Partigiano inverno", Giacomo Verri - I limiti della parola sperimentazione…



Fonte: Nel mondo di Marcel Proust

La definizione "sperimentazione", a mio avviso, viene spesso utilizzata a sproposito. Solitamente quando non si sa dare una "definizione" a quel che si ha davanti, le si appiccica questa pecetta che sembra essere il passepartout che tutto giustifica. Il problema è che la cosiddetta "sperimentazione" ha necessità di avere una ragion d'esistere e solitamente non compare mai in un risultato netto, ma diventa un "tendere a un qualcosa- teoria o solo filosofia spicciola - che si contrappone ad una realtà di fatto" che, invece, esiste e vive di regole anche non dichiarate esteriormente, ma che sono essenziali perché ne definiscono l'identità. In questo caso la teoria è: può un libro che si fonda e si ferma rigorosamente nel passato utilizzare un schema di narrazione che invece appartiene ad un movimento come quello dannunziano proiettato verso un futuribile ignoto e utopico? Leggendo questo libro la risposta è no. Il risultato diviene in questo caso lezioso e autoreferenziale. In più, all'interno del testo,  si trovano contaminazioni di altre correnti accompagnate da citazioni che consegnano, in mano al lettore, un testo concepito in maniera puramente estetica che guarda all'assonanza dei vocaboli e non al contenuto di ciò che si dovrebbe raccontare. 

Ma cominciamo a capire di cosa si tratta. "Partigiano inverno", è un libro che per stessa dichiarazione dell'autore, nasce per caso da una ricerca per altri motivi su un momento storico relativo alla Seconda Guerra Mondiale. Un libro similare doveva essere pubblicato nella collana "Gettoni" di Einaudi e avrebbe dovuto narrare vicende relative alle guerre partigiane in Val Sesia. Libro che non pare essere stato mai pubblicato. Verri, dalle poche informazioni reperite trova l'ispirazione per ricostruire la storia. Ora, posso stare al pensiero che egli abbia voluto adeguare il tipo di scrittura del periodo - anche se il libro cui fa riferimento sarebbe dovuto uscire molto più tardi ovvero nel 1958 - a quello che stava raccontando, ma lo stile dannunziano non era l'unico utilizzato. E infatti, insieme all'utilizzo massivo di terminologie desuete, che formano frasi talmente arzigogolate da essere veri blocchi da tradurre - a volte usate a sproposito e poi approfondiamo il perché-, si affiancano neologismi e vocaboli tipici dei dialetti della valle di cui stiamo parlando che contaminano il riferimento principale. Ma attenzione, l'utilizzo del termine dialettale, ammissibile in caso di dialogo di gente nel luogo, non comprare quai mai nel parlato  ma nel racconto fuoricampo. I dialoghi sono decisamente pochi. Quindi, la pratica prima della sperimentazione salta diventando invece una sommatoria di stili completamente diversi fra loro associati per estetica e non per la ricerca di un risultato omogeneo. 

Solitamente si dovrebbe partire da quel che c'è e, invece, qui è completamente saltato qualsiasi contatto della lingua ufficiale di allora e di oggi, per passare subito ad un altro. A questo aggiungiamo appunto il fatto che i partigiani di questo libro son tutti filosofi - c'è un'interessante teoria sull'anima che dovrebbe essere il 5° carro, ovvero una componente staccata ma al contempo attaccata al nostro essere, che però non viene svolta fino in fondo in una serata stellata-. Anche qui l'appunto è d'obbligo: non dico che i partigiani fossero tutti ignoranti, ma storicamente la formazione scolastica era quella che era e, di certo, i cultori della teoria non andavano in alta montagna a dormire sui tavolacci, a fare le ronde con la povera gente che viveva nel desiderio della liberazione e nell'utopia di vivere come nella grande nazione russa, di cui non conoscevano i Gulag, ma solo quelle teorie di uguaglianza che venivano loro propinate. Quindi pensare all'elogio del monti o della morte con citazioni greche e latine per me è decisamente eccessivo e non aderente alla realtà dei fatti. 

A questi aspetti se ne affianca un altro, che è decisamente verificabile comprando qualche libro. Erri De Luca e il famoso Corona che parla di alberi sono due amanti della montagna, come Verri. E la differenza con gli scritti di altro genere si vede proprio nella "mitizzazione". Per darvi un'idea, sono all'opposto de "Il vecchio e il mare" di Hemingway perché se in quest'ultimo l'introspezione del vecchio che vede, nella sua contrapposizione con il mare e il pesce, la sintesi della propria vita e della propria morte, e questo è in comune con la componente di scrittori che amano la montagna, la scrittura, intesa proprio come linguaggio utilizzato, per temi di riferimento mare/montagna si discosta notevolmente. Hemingway sceglie percorsi tortuosi e ritorti con un linguaggio scorrevole mentre per la letteratura, chiamiamola "montana", si sente la necessità di mitizzare, di ricreare sempre un nuovo Olimpo. Così nei libri del genere troverete sempre questi riferimenti al rapporto tra la natura incombente e all'uomo che la sfida e questa sorta di desolazione mista ad ammirazione alla grandezza del mondo che però sovrasta le storie e distrae dalla lettura.

Probabilmente è da qui che parte questa necessità di Verri di arrivare ad un nuovo approccio. Il problema è che proprio in questo: un paragone come quello dannunziano proprio non è la sua soluzione. D'Annunzio faceva riferimento ad un superuomo, all'utopia del futurismo, ma in questa sua teoria non ricomprendeva proprio la natura. Utilizzata spesso da fondo, ma spesso mortificata, nella sua presenza negli scritti, a favore di altre piccolezze - vedi le 10 pagine dedicate al merletto del tavolino davanti al bovindo che si apre su il vialetto da cui arriva una macchina rossa sportiva de "Il fuoco"- e il suo linguaggio aulico e a volte inventato serviva proprio a dare parola più a ciò che non esisteva e che fantasticava invece che a quello che c'era. Nel caso di Verri non si parla di cosa non c'è o di un'utopia, ma proprio di ciò che c'è stato. Il linguaggio articolato, ora ricercato ora dialettale parte con una presenza del 20% nelle prime pagine per arrivare a volte al 60% dalla metà in poi. Il risultato è che o il lettore legge senza capire ciò che legge ma non interrompendosi nella lettura - ma in questo caso significa non averlo letto proprio il libro (!!) vista una presenza di vocaboli così imponente - oppure fa come ho fatto io e altre colleghe del salotto, Exlibris e Cetta, e si mette pazientemente con un vocabolario che abbia ampiamente fatto il suo tempo o con internet a cercare per la metà o più del tempo i vari vocaboli. In questo secondo caso oltre ad avere la lettura rallentata escono fuori altri aspetti che non sono proprio edificanti. 

Vediamoli in sintesi: 
- Vocaboli desueti inseriti in maniera forzata nel testo. Ne prendo uno per tutti. L'aggettivo "ustonati" è stato motivo di ampie discussioni a casa di mia madre dove sono ancora degente. Io sono nata in una casa di lettori e noi siamo anche quelli che, se un termine non ci convince, ci portiamo anche a tavola il vocabolario. Ustonati nei vari vocabolari online e cartacei consultati è riferito a "desideroso", ma con la postilla che dice nel caso degli umani "desideroso di cibo" e nel caso degli animali nel senso di "uggiolante". Ustonati nel testo si trova associato come aggettivo per qualificare gli occhi del giovane Jacopo desiderosi di avere informazioni sulla resistenza da un conoscente. Quindi il "desiderosi" in questo caso è usato per "avere fame di informazioni".  Ora mi si potrebbe dare della bacchettona, e in questo caso l'ho già ampiamente fatto da sola, ma se di sperimentazione si tratta questa trova un limite nelle regole del vocabolario. Tanta ricerca dovrebbe scaturire nell'utilizzo quasi pedante del vocabolario, proprio per prevenire qualsiasi forma di critica in materia. E invece, questo non è l'unico caso in cui questo avviene, e mano a mano che il racconto procede diventa sempre più complicato da leggere e sempre più votato a una "estetica dell'assonanza" invece che al bisogno, che dovrebbe essere connaturato al lavoro dello scrittore, di "raccontare". 

- La trama non c'è. Tutto è raccontato al presente, ma i "presenti" sono due uno è quello passato e uno è quello postumo alla fucilazione dei partigiani. All'inzio invece sembra che il secondo "presente" sia odierno. Ma visto che è tutto raccontato allo stesso modo non si distingue. Si raccontano fatti legati tra loro solo dai giorni del calendario e si raccontano come visti al momento, quindi non c'è un perché o una riflessione. Sono lì messi in bella vista e pure il filosofeggiare del vecchio professore rimane del tutto autoreferenziale perché sospeso fra un prima e un dopo mai esplicitati totalmente. 

 - La questione montana. Le montagne e le catene montuose sono così tanto presenti che se dovessi dichiarare quali siano i protagonisti principali direi che sono proprio loro. Non credo di esagerare dicendo che forse il 40% delle descrizioni del libro sono destinate a catene montuose, così anche come la descrizione di Varallo - il paese dove avviene questa famosa fucilazione - che viene riproposta in modi similari, cambiando le parole ma non il succo della descrizione stessa più e più volte. 

E qui un appunto personale. Visto il periodo di ricerca, e visto che, dall'anno scorso, ne parlo e ne leggo: non fatevi irretire da finti riferimenti a Gadda. E' una cosa che ho sentito spesso in questi giorni. La letteratura gaddiana, con questo genere, non ha nulla a che fare e il riferirsi a questo autore fa solo allusione allo stereotipo della "scrittura dialettale". Gadda scriveva in dialetto per arrivare a tutti gli strati della società e infatti i suoi lavori man mano passarono di dialetto in dialetto cercando la forma più vicina alla lingua parlata da tutti, lavoro che aveva fatto prima di lui Manzoni che è l'autore a cui si rifà quando manca d'ispirazione. In questo caso, invece, il linguaggio aulico è un ostacolo alla lettura facilitata e quindi si pone all'opposto estremo della visione gaddiana della letteratura.

Ora, come avviene sempre, mentre leggevo mi chiedevo a chi destinerei questo libro. E devo ammettere di non aver trovato nessuno, ma una cosa la voglio comunque dire in aggiunta a tutto quanto rilevato. Sebbene abbia trovato queste e molte altre anomalie, questo lavoro dichiara che l'autore ha un certo talento. Nonostante tutto se lo si comprasse solo per l'estetica assonanza a mo' di testo futuristico marinettiano, prescindendo dal soggetto messo al passato, avrebbe un suo recondito senso. Certo, rimane il fatto che come detto all'invio della recensione, la sperimentazione deve avere delle regole e queste devono costruirsi con un cambiamento progressivo e non in maniera così distaccata. Un libro per me deve essere leggibile e deve lasciarmi un storia o un pensiero ma qui non ne ho sinceramente trovate, l'unica cosa che ho letto è una serie di situazioni messe insieme. 
Nel salotto letterario dedicato a "Partigiano Inverno" ho scritto che sarò felice di leggere il prossimo libro di Verri, sperando sia scritto in maniera più scorrevole, per scoprire se il mio sesto senso ci ha preso ancora. Per ora questo libro, per me non ha le caratteristiche per poter essere acquistato come "narrativa semplice" (sotto il titolo compare furbescamente la dicitura  "Romanzo" e voi sapete che penso di queste pecette chiarificatrici!) e quindi chi volesse cimentarsi nella sua ardua lettura è giusto che sia "informato sui fatti" prima. 
Buone letture, 
 Simona Scravaglieri 

Partigiano Inverno 
Giacomo Verri 
Nutrimenti Edizioni, Ed 2012 
Collana "Greenwich. 2" 
Prezzo 17,00€




Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 17 aprile 2013

[Dal libro che sto leggendo] Se il mondo finisce a dicembre non pago Equitalia


Fonte: Notizie Virgilio

Come dicevo nel post di quel che succede ultimamente nella mia vita, questa è una delle raccolte di raccolti che ha segnato la mia rinascita anche da lettrice. Questo perché, nel bel mezzo di questo grande caos, mia madre un giorno si è presentata in ospedale con questi volumetti, belli anche da vedere come format di copertina e spettacolari nei titoli, che fanno riferimento ad una unica casa editrice: 80144 Edizioni. Ci sono titoli come questo di cui vi parlo oggi, che riporta come sottotitolo "Storie di ordinaria superstizione", che si affiancano a "Babbo Natale è strunz" o "S'hanno fatto 'a batmobile" che sono uno più bello dell'altro. Ma cosa hanno di così particolare? La formula con cui affiancano i vari racconti! 
Premettiamo che si trattasi di organizzazione del lavoro alla maniera del sud e più specificatamente campana. Per chi non seguisse questi filoni letterari c'è un mondo da scoprire.In particolare, una delle tendenze degli ultimi anni  che unisce un approccio realista con una letteratura, che fonda la sua struttura nel passato con quei racconti che avevano sempre una morale - piacevole o no - a la "Lo cunto de li cunti" di Basile, il tutto condito con toni ora ironici e ora sarcastici. 
E' un mix micidiale, perché potete tranquillamente passare dal risolino divertito ad affrontare temi serissimi senza però sentire il peso di scrittori che si prendono troppo sul serio ma che riescono a mantenere uno sguardo disincatato su un mondo in continua evoluzione che sembra ogni giorno impegnarsi a porre un forte distacco dal passato, distacco che poi non è detto che si possa realizzare. Più ci si allontana e più, in fondo, si è più uguale a chi ha vissuto prima di noi. 
E secondo me è questa formula che rende questa soluzione vincente, come nel caso che vi riporto qui solo all'inizio e scelto per comodità - perché è il primo, ma se avessi potuto ve li avrei inseriti tutti gli incipit!- questo pezzo parte così per virare improvvisamente verso un'altro inatteso. E stessa cosa avviene nell'accostamento dei racconti e questo ci permette di avere una letteratura di intrattenimento ma di valore allo stesso tempo. In più i costi di queste raccolte sono talmente contenuti che viene voglia di collezionarli come le figurine e quindi credo che diventerà la mia nuova occupazione insieme al giallo di natale della Polillo!
Buone letture,
Simona

Gli occhi addosso... 

Era mia nonna esile e munta, marionetta vestita di nero, con una crocchia di capelli bianchi e la pelle marrone. Nata nell'anno di grazia 1897, nei giorni in cui Marconi brevettava la radio e Oscar Wilde veniva rilasciato di prigione, trascorse la sua vecchiaia dispersa in una scomoda poltrona, con una gazzosa in una mano e il rosario nell'altra, a dispensare larghi sorrisi e deboli consigli, fra un rutto e una preghiera a fior di labbra. Teneva sempre in grembo un borsellino nero, da cui traeva spiccioli e foglietti, santini unti e appiccicose caramelle d'orzo.
"Ciuccia che ti fa digerire" diceva ficcandomele in bocca, e io ciucciavo e digerivo benissimo. Mi sembrava una presenza minima e solamente mia: era come un pupazzo seduto insieme al quale guardare i cartoni, mentre tutto intorno il mondo si agitava, gridava, entrava e usciva.
Ma la nonna si alzava, certe volte. A Capodanno e a Pasqua, per esempio, e diventava un'altra. Per prima cosa, come un supereroe, cambiava veste: gettava il plaid sopra la poltrona e indossava il grembiule, poi varcava, solenne, la soglia della cucina. Da quel momento esistevano solo il cibo da preparare e le pentole per prepararlo. Null'altro. Figlie, nipoti e generi, cristi, santi e madonne venivano spedito immediatamente altrove, purché fuori dai piedi, ed erano convocati solamente in caso di necessità: "vammi a prendere due rametti di rosmarino nell'orto, belli, mi raccomando" (alla nipote), "agguantami quella padella in alto che non ci arrivo" (al genero), "fai che questo coniglio abbia la carne tenera" (alla Madonna).
Lavorava/cucinava/friggeva per ore, fermandosi solo per sbuffare e bere un sorso di gazzosa. Poi, a cose fatte, toglieva il grembiule e cominciava a portare a tavola vassoi su vassoi. Alle figlie aveva lasciato l'apparecchiatura, ai generi, lo stappo del vino. Io e mia sorella, esentati da qualsiasi compito, rientravamo da qualche messa e trovavamo un vero bendiddio. Ogni cosa friggibile nel raggio di un chilometro la nonna l'aveva presa, fatta a pezzi e affogata nell'olio patate e zucche, carciofi e melanzane, polli e conigli formavano ora abbaglianti piramidi dorate, dove la pastella svolazzava in riccioli barocchi ed era tanto ricca da rivelare la natura dei cibi soltanto nel palato. Una vera goduria. I pregi della variante in piedi della nonna si fermavano qua. Perché, appena si metteva a tavola (la testa spuntava a malapena sopra un piatto), più che mangiare, si preoccupava di controllare che non venissero commessi errori irreparabili. A tavola, quando c'era la nonna, TUTTO portava male. Guai a incrociare le posate, guai a mettere il pane a rovescio, guai a versare l'olio sulla tovaglia, guai a far cadere il sale, guai a gettare i gusci delle uova senza averli sminuzzati a dovere! Le più grandi catastrofi si sarebbero abbattute sulla nostra famiglia. La zia era caduta e si era rotta il femore dopo aver rotto il bottiglione dell'olio (tre litri però mica una goccia). La mamma era caduta e si era rotta il malleolo dopo aver versato il vino nel bicchiere della nonna con la mano sinistra. Possibile che tra l'olio, il vino e l'equilibrio delle donne di casa ci fosse un legame? Io qualche dubbio ce l'avevo anche sul potere delle posate: mia sorella le incrociava sempre nel piatto (sembrava lo facesse apposta, quella scema) ma non le era mai successo niente di niente, e andava perfino a sciare.
Questo pezzo è tratto da:

Se il mondo finisce a dicembre non pago Equitalia
Storie di ordinaria superstizione
AA.VV
80144 Edizioni, Ed 2012
Prezzo 10,00€

domenica 14 aprile 2013

L'ha detto...Nicolás Gómez Dávila

Fonte: Virgole nelle Virgole


Intelligente è chi trova difficile quello che agli altri sembra facile. 
 Nicolás Gómez Dávila

cc

venerdì 12 aprile 2013

Ancora qualche giorno di pazienza...



Fonte: National Library Week Gif




Si riparte Domenica. Nel frattempo auguro a tutti buona giornata e un buon fine settimana, nonché buone letture,
Simona Scravaglieri

martedì 9 aprile 2013

Il dono e il blog....


LettureSconclusionate- Simona Scravaglieri
Fonte: LettureSconclusionate


Mi sono interrogata più volte sull'opportunità di scrivere questo post, poi mi sono detta che, il  non scriverlo, non sarebbe stato giusto per il mio modo di vedere e soprattutto difficilmente avrei potuto giustificare due settimane di assenza completa. Quindi eccomi qui a dire che succede nel mondo della lettrice sconclusionata.
Il mio 2013, come anche il 2012, ha deciso di rendere interessante la mia vita e, a volte, sono indecisa su quale interpretazione dare alla "questione" ma quella che mi piace di più è "Il dono". Il problema è che questo "dono" che mi fa apprezzare non solo ogni respiro che faccio ma, soprattutto, quel che ho e mi ricorda che me la dovrei prendere con calma perché la vita è breve, mi viene donato sempre in una modalità da "Ultimatum" che mi piacerebbe evitare.
Per essere più chiari, ma premettendo che ora STO BENE (per quel che si può stare avendo avuto questa cosa eh!), tre sabati fa dopo essere stata lungamente male e trascurata dalla mia, ormai, ex-dottoressa di base e dopo un esame del sangue suggerito da un altro dottore, sono finita in pronto soccorso e poi ricoverata al San Giovanni con tanto di trasfusioni per una malattia che si chiama Anemia Emolitica Autoimmune. In pratica i miei anticorpi hanno distrutto i globuli rossi e non avevo sangue che portasse ossigeno in giro per corpo. E' una malattia che non non è geneticamente trasmissibile e nemmeno virale, capita solamente ed è rara e chi poteva essere quell'uno sul milione? Mais c'est facile! C'est moi! Il problema è che, non diagnosticata, può portare a gravi conseguenze e basta un esame del sangue, l'emoglobina o la conta delle piastrine (c'è una malattia simile alla mia che invece di distruggere i globuli rossi distrugge le piastrine) per essere tranquilli.
Non vi racconto tutto ciò per dirvi di correre a farvi bucare, ma solo perché bisogna starci attenti e ancor di più ai medici perché se fanno come la mia, che nemmeno ti guardano in faccia mentre tenti di spiegare loro cos'hai allora, proprio in quel caso, è necessario un secondo parere e se io non avessi avuto la fortuna di conoscere un medico che veramente ci prende sempre, non sarei qui a raccontarvi queste cose.

Quindi in queste ultime due/tre settimane si può dire che mi sono presa il tempo di rinascere. Ho ricominciato a leggere senza più stancarmi o perdere l'attenzione, a respirare senza rimanere senza fiato, a camminare e via dicendo e questo non solo grazie all'immenso affetto della mia famiglia, gatti e cani compresi, ma anche degli amici e grazie anche ai medici del Reparto di Ematologia dell'Ospedale San Giovanni di Roma e ai spettacolari infermieri e inservienti che mi hanno regalato un sorriso anche nei momenti più brutti, non conosco tutti i nomi ma qualcuno a nome di tutti lo cito: Ilaria, Rossana, Alba, Michele, Mirko, Debora, Francesca, Vincenzo (oltretutto un reparto di tutti belle persone dentro e fuori).

Ma non si vive di soli aiuti che si prendono direttamente per bocca e per flebo ma anche di quelli indiretti come un sorriso, una battuta uno sguardo. E forse il dono più grande avuto insieme a quello della rinascita è conoscere storie nuove, vedere occhi spaventati come i miei che non capiscono a fondo cosa succeda o come possa essere potuto accadere, affrontare le situazioni più disparate con il coraggio che parte da dentro e che a volte si chiama mamma, altre figli, altre fratelli o marito o moglie e via dicendo. E quindi, senza specificare il perché e il per come questo post è dedicato ad Anna e Ludovica e a Dan che non ho conosciuto ma di cui ho sentito tanto parlare. Donne coraggiose che hanno ripreso, o lo stanno facendo, le redini della propria vita combattendo un male che non  visibile ed è altresì dedicato a tutti che stanno combattendo le  battaglie similari. Io oggi so che significa e l'oggetto che vedete nella mia mano sarà quello che mi ricorderà quest'esperienza e che credo eviterà che la frenesia della vita moderna prenda il sopravvento su una qualità della vita che deve essere vivibile e non solo accettabile.

Come detto ho ripreso anche a leggere e tre libri hanno segnato questo ritorno alla mia vita di lettrice:
- due sono di un'unica casa editrice 80144 Edizioni "Babbo Natale è strunz" e "Se il mondo finisce a Dicembre non pago Equitalia" e sono due raccolte di racconti veramente belle;
- lo spettacolare "Mussolini Censore" di Bonsaver appena uscito per Laterza che consiglio a tutti i lettori che amino la storia e la sua analisi senza preconcetti e recrimanzioni.

Pertanto il blog riprenderà la sua consueta programmazione.
Mi dovrete sopportare ancora per parecchio con le mie "buone letture!",
ma intanto vi auguro anche una buona giornata dalla mia "clausura protetta"
Simona Scravaglieri  

domenica 7 aprile 2013

Claudio Magris - Qual è il vero tema di un libro?

"Cosa sta scrivendo?" ed lo descrive come "sempre un momento imbarazzante" perché "molto spesso non si sa bene che cosa si vuole veramente scrivere". Siamo nel Settembre 2012 e siamo a PordenoneLegge e il tema di questa serata di discussione è "Qual è il vero tema di un libro". La questione della costruzione di un libro è anche un tema appassionante anche se non si vuole essere scrittori; questo perché come dice Magris, non si ha, già dall'inizio l'immagine definitiva del "tema del libro", se ne conosce la trama o i personaggi o le situazioni. Ma quello che diventa il tema principale è un di cui che viene fuori alla fine della scrittura e a volta può essere un tema inaspettato anche per lo scrittore.
L'unico caso che invece toglie l'imbarazzo della risposta al tema principale è quando si scrive un saggio. Nel saggio ("un'opera assolutamente creativa che procede saggiando" e poi "il saggio è il tentativo di dire quell'indicibile che  sta dietro le immagini") si deve aver ben presente di cosa si vuole parlare. E poco più avanti dice una cosa che succede anche a me, facendo riferimento ad un articolo, che spesso il tema trainante arriva solo ad articolo finito e, probabilmente nonostante questa lezione abbia come soggetto il libro, dovrebbe far riflettere chi legge per il piacere di leggere.
Scrivere perché un libro ci è piaciuto o no, per altri o solo per noi stessi ci permette di elaborare il tema di ciò che abbiamo letto.
Una discussione piacevole e come al solito "illuminata" che spero piacerà a voi quanto è piaciuta a me!
Buona domenica e buone letture,
Simona Scravaglieri

P.s. azzerate il video e ripartite dal minuto o:00 il video, malgrado lo abbia reinserito più volte, a me, parte sempre al decimo minuto. I misteri del tubo!






Libro principalmente citato:

Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna.
Claudio Magris
Einaudi Editore, Ristampa 2009
Collana "Piccola biblioteca Einaudi. Nuova edizione"
Prezzo 20,00€




L'ha detto...Aristotele

Fonte: La stanza dell'allegria



Senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se avesse tutti gli altri beni. 
Aristotele
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...