domenica 31 luglio 2011

Paolo Roversi il booktrailer di "Milano Criminale" dal Canale della Rizzoli

Questo libro è uscito da qualche mese e già ha suscitato parecchi interessi, lui è Paolo Roversi e secondo me è un libro da tenere in considerazione!


Qui la prima parte dell'intervista rilasciata dall'autore a "Notte criminale" blog e canale che seguo e di cui prima o poi mi deciderò di parlarvi.




I riferimenti del libro:

Milano criminale
Paolo Roversi
Rizzoli Editore, ed. Marzo 2011
Collana "Rizzoli Best"
Prezzo 18,90€

venerdì 29 luglio 2011

Vinci un libro! Mese di Luglio...

Il cruciverba è creazione di LettureSconclusionate


Alla fine ce l'ho fatta anche oggi. Il gioco è un cruciverba e le lettere nelle caselle azzurre daranno il nome e quelle arancioni il cognome dell'autore di cui oggi il libro è in palio.
Ribadisco le regole, poche e semplici e le informazioni di base.
- Per vincere il libro basta risolvere il cruciverba e trovare il nome e cognome dell'autore scrivendolo sotto a questo post. Se siete utenti di blogspot e avete un profilo raggiungibile (dove posso trovare un indirizzo email), non ci sono problemi basta la semplice risposta, se così non fosse dovreste lasciarmi un riferimento ove io vi possa trovare, altrimenti sono impossibilitata a richiedervi l'indirizzo. Chiaramente vince chi per primo pubblica la risposta!
- Il gioco rimane aperto fino a lunedì compreso.
- Il libro, nonostante sia uno di quelli che ho letto, è nuovo e intonso ovvero ho provveduto a comprarne una seconda copia per questo gioco.
- Chi vince, non potrà giocare i prossimi due mesi.
- Le spese di spedizione sono a mio carico, quindi non c'e' alcuna richiesta di denaro.
Mi sembra di aver detto tutto. Come al solito per vostra comodità l'immagine inserita, se cliccata si ingrandisce e si può stampare tranquillamente.
Sotto vi inserisco le definizioni.
Buona fortuna, buone vacanze, a chi parte, e buone letture a tutti! cià Simona 

Definizioni:
Orizzontale
1 Organizzazione di stampo mafioso operante in Campania
6 Comune della provincia di Salerno e boss catturato nel 2009
8 Dal loro latte si fa un tipo celebre di mozzarella
13 Lo si difende vendicando un’offesa
14 Acronimo per Line Of Fire
15 Sinonimo di nubi
16 Sistema illegale di compravendita delle sostenze stupefacenti
21 Fibra proteica di origine animale per tessuti pregiati
23 Taranto (sigla di provincia)
24 Sinonimo di esercizio (commerciale)
26 Non nuovi, riciclati
27 Andate
29 Ai vertici dei clan
31 E’ famoso il “Regi” vicino a Castel Volturno
32 Porli significa impedire di fare o di dire qualcosa
33 Venezia (sigla)
35 Unità di misura del liquido
38 Protagonisti di  straordinari e generosi atti di coraggio
39 Che ha appena visto la luce, nuova
40 Tipo di laccio per catturare i quadrupedi
42 Bruciato
44 Numero, in forma contratta
45 In “mezzo a “rene”
46 Teatro Amatoriale Italiano
48 Vi abboccano i pesci e i…creduloni!
49 Image Cup (sigla)
50 Grandi quantità di denaro e/o oggetti preziosi nascosti
51 Cibo ridotto a piccoli pezzi con il coltello o con macchine specifiche
53 Galleggiante per segnalazione e ormeggio
54 Alla fine di “Vincerei”
55 Acronimo per Consumatori Italiani
56 Famoso fiume lombardo
58 Sacerdote ucciso nella provincia di Caserta cui sono dedicate molteplici iniziative legate al festival della legalità
62 Requisizione dal parte dello stato di beni ottenuti con operazioni illegali
68 Umidità Relativa
69 Blog e titolo di antologia sulle mafie
70 Stare, tempo presente, prima persona

Verticale
1 Complici di un’azione disonesta senza avervi preso parte
2 Acronimo di Anti-Nuclear Antibody
3 Lo sono le foglie senza vita
4 Un mammifero marino appartenente alla famiglia dei Delfinidi
5 Colpevole
6 Aggettivo inglese per morbido, delicato
7 Fiancheggiatori dei clan
8 Tetri
9 Acronimo per Ultravioletto
10 Scavate per interrare i rifiuti nel casertano
11 In Balia della sorte, del caso, imprevedibile
12 Si usano per dormire
14 Colui che si nasconde e sfugge alle forze dell’ordine
17 Reato di sottrazione di beni altrui sotto minaccia
18 Imposta sul Valore Aggiunto
19 Rumore stridente prolungato
20 Acronimo per Optical Transport Network
22 Artificial Intelligence
25 Azione di colui che incita, istiga o provoca
26 Si coltiva in filari e si vendemmia in autunno
28 Vengono coltivate
30 Il nome di Capone
34 Fedele, fidato
36 Riviera Trasporti (sigla)
37 Sigla automobilistica per Rovigo
41 Il contrario della particella Etero-
43 Davanti a “Mundi” su www.ammaliato.it
47 Il contrario di “pronome Tonico”
52 Il riso….In inglese!
53 Bovino castrato
54 atollo delle Maldive
55 “… ha paura di Virginia Wolf?”
57 Di quello della Camorra ne parla nel suo libro Rosaria Capacchione
58 Acronimo di Doctor
59 Me medesimo
60 Famosa marca di dentifricio
61 Nuova Zelanda
63 Orange County
64 Fiamma Tricolore
65 Aiuto senza “ato”
66 Acronimo per “Suo Tempore”
67 Catania (sigla)


Non mi sono dimenticata....

Immagine presa da qui

Ma il post del gioco mensile con cui vincere un libro oggi richiede la trascrizione di un buon numero di definizioni...quindi uscirà in ritardo ma oggi!....Allenatevi! ;)
Simona

mercoledì 27 luglio 2011

[Dal libro che sto leggendo] Le giostre sono per gli scemi

Immagine presa da qui
"Contava tre respiri e stava attento a farli lunghi, resisteva ancora, immobile e con gli occhi chiusi, dopo lo scatto secco che chiudeva la porta. A quel punto gli restava poco tempo. La finestrella che non s’apriva stava in alto, a ridosso del soffitto, per far entrare nel camper più luce possibile; Leonardo scendeva dalla branda, si tirava dietro l’unica sedia, ci saliva sopra in punta di piedi. Ogni notte sperava di essere cresciuto abbastanza, durante tutto il giorno precedente, da riuscire a sollevarsi fino alla plastica consunta per guardare suo padre che sfumava nel buio: restava sempre troppo basso ma doveva provarci comunque, scendeva dalla sedia solo quando le punte dei piedi cominciavano a fargli male sul serio. Allora la metteva a posto e scivolava nel fosso ancora caldo scavato dal suo corpo nel materasso della branda. Non c’era niente di cui aver paura, si diceva, perché lui se ne andava tutte le notti ma tornava sempre prima che fosse mattina. Doveva essere contento, anzi, che suo padre ci fosse riuscito un’altra notte ancora: lui non poteva stare, ad aspettare di addormentarsi fra le lamiere del camper cucinate dal sole. Lui aveva bisogno di vento, e se quello non veniva, allora in qualche modo se lo doveva andare a prendere da solo."

Le giostre sono per gli scemi
Barbara Di Gregorio
Rizzoli Editore, ed. 2011
Prezzo 18,00€

domenica 24 luglio 2011

L'ha detto...Tito Livio



Una pace certa è preferibile e più sicura di una vittoria sperata.

Tito Livio



venerdì 22 luglio 2011

“Sezione suicidi”, Antonin Varenne - Quando la traduzione tradisce l’origine di chi l’ha fatta...


Immagine presa da qui


Questo libro mi ha riappacificato con Einaudi. E’ un giallo-noir, è costruito bene e credo che la fascetta non sia nemmeno da prendere in considerazione. Lo sò non c’entra nulla con la presentazione del libro, ma è una cosa che mi preme dire come anche “Buttate tutte le recensioni provenienti da scrittori e giornalisti ove si paragoni questo scrittore con la Vargas” è un’eresia e un’offesa per Varenne!

Sembra che per far leggere un nuovo scrittore sia per forza necessario catalogarlo come l’ater ego di Vargas quello che scrive nella terra di Maigret. Non serve non è necessario e in più non corrisponde a ciò che vi apprestate a leggere se vi avvicinate a questo libro. Come nella maggior parte della tradizione della letteratura francese e anche nella filmografia, non c’e’ una grande necessità di avere grossi colpi di scena per avere comunque un risultato ottimale e in questo Varenne è un maestro.

Il suo protagonista è un commissario di cui la polizia non ha potuto attuare l’epurazione sperata perchè ritenuto colpevole del suicidio di un collega ma che è stato relegato nella sezione Suicidi. E qui comincia l’interessante di questo approccio. La sezione suicidi è un angolo morto. Lì si indaga il minimo necessario che è dato per stabilire perché ci si ammazza, come lo si è fatto, sentire se ci sono state omissioni. Se c’e’ un minimo dubbio che non sia suicidio il caso passa ad un altro ufficio, la sezione omicidi. Quindi Varenne sceglie di partire da un uomo chiuso in un angolo dal quale non riesce ad uscire. Per complicare più le cose gli mette accanto un assistente che è molto creativo nell’approccio con gli altri e con i parenti delle vittime, tanto da sembrare un sempliciotto e narra la sua storia, ovvero, la voglia di riscatto del commissario in questione, continuando a descrivere la sua routine quotidiana. Lenta, inesorabile, fatta di chiamate in lacrime, di lampeggianti della polizia e dell’ambulanza e di medici legali che hanno visto talmente tanti morti da non impressionarsi più. E la cosa più sorprendente è che ogni caso sembra il principale, che invece si muove sotto tutti gli altri in silenzio e facendosi intravedere ogni tanto come una persona che cerchi di passare inosservata fra la gente e ogni tanto se ne veda fra i corpi ammassati ora un braccio, ora un pezzo di testa e via dicendo.

E’ una magistrale gestione degli intrecci che viene man mano svolta in meno di 300 pagine, con un linguaggio scorrevole e tenendo sempre il ritmo. E’ la dimostrazione che la semplicità che non ricerca il colpo di scena alla “Thriller dell’ultima moda” può essere più accattivante di quel che si pensi. Tutti i personaggi, tanti per dir la verità, sono descritti debitamente senza lasciare apparenti zone d’ombra. Si ferma a descrivere tutte le vittime i luoghi e i parenti e il lettore rimane appeso sempre con il dubbio del “suicidio o omicidio?” ed è la classica tensione che ricorda i casi dei grandi giallisti. E’ vero il protagonista lascia al suo personaggio il modo di muoversi e l’ambito in cui vive con caratteristiche tipiche del noir, ma nulla a che vedere con la Vargas più intenta nella delineazione dell’ambiente che crea “il caso” che nel “caso” stesso. In questo testo invece l’ambiente è un palcoscenico che viene descritto per tutto il libro e sul quale gli attori si muovono vivono e muoiono e interagiscono e nei loro movimenti mentre sono con il faro puntato, per mettere in evidenza ciò che fanno in scena, lasciano intravedere il fondale.

“Sì, Simò ma perchè quel titolo per la recensione??” Direbbe una mia amica. Semplice. C’e’ un’unica pecca in questo libro ed è un solo termine che stona con tutto il resto ed è una esclamazione “Ostia!”. Per chi non è del nord e che non ha mai avuto l’occasione di sentire questo termine che è un intercalare tipico, mi sembra del nord-est, questo termine , nello specifico io l’ho sentito pronunciare come “Osti” viene usato come sostitutivo di “diamine!”, “accidenti!” e via dicendo e suppongo che nell’intercalare contemporaneo sia anche un termine dialettale in disuso fra i giovani. Ma quel che ho detto alla fatina della lettura lo dico anche a voi:

“Ce lo vedete nel sud della Francia, un nonnetto (di quelli che hanno sempre una storia sulla guerra da propinarvi) in una piazzetta di un paesino, assolata e silenziosa, in un pomeriggio estivo e caldo, seduto al bar del paese che vedendo arrivare in lontananza una macchina per le stradine strette di paese (con la marmitta bucata che fa un rumore assordante e rovina la poesia tutta provenzale del momento) esclama “Ostia??”

A voi l’ardua sentenza ma il libro, nonostante questo, rimane un imperdibile per gli amanti del genere!



Sezione Suicidi
Antonin Varenne
Einaudi Editore, ed 2011
Collana “Stile libero Big”
Prezzo 18,00€



mercoledì 20 luglio 2011

[Dal libro che sto leggendo] La nobile arte dell'insulto


"[...]
L'insulto può anche essere un. Modo per dare libero fiato ad un certo tipo di emozioni. Se dentro di sé montano emozioni di risentimento o di rabbia, a maggior ragione tale sfogo è ancor più indispensabile.
Reprimendo costantemente il desiderio di insultare il prossimo, infatti, prima o poi la salute ne risente sviluppando malanni.
Perciò che male ci sarà mai nel nutrire tale desiderio?
Purtuttavia l'arte dell'insulto richiede un alto livello di risolutezza e di profonda abilità mentale; non significa che ognuno possa fare tutto ciò che gli pare e persino parlare in modo sventato.
Chi si ostina e persiste oltremisura nell'insultare e schiaffeggiare a maleparole il proprio interlocutore, con ogni probabilità sarà da questi trascinato e soverchiato in un'aula di tribunale; oppure, come minimo, sarà a sua volta insultato.
Tali situazioni mettono in luce la totale negligenza verso i principi di considerare e illustrare la nobile arte dell'insultare.
[...]"


La nobile arte dell'insulto
Shiqiu Liang
Einaudi Editore, ed. 2011
Collana "Einaudi tascabili. Classici"
Prezzo 10,00€

domenica 17 luglio 2011

BookBlog intervista Carlo Lucarelli

Vecchia, ma simpatica intervista, fatta a Carlo Lucarelli che conferma di riunione in se due anime di cui una estremamente noir e orientata alla ricerca e approfondimento di casi anche inerenti alla storia italiana e una estremamente ironica. Aneddoto meraviglioso è quel che è successo quest'anno al Festival "Libri come..." di Roma, dove uscendo sul palco con Giancarlo De Cataldo ha esordito dicendo "Quest'anno io e Giancarlo scriveremo un libro insieme dal titolo "Gattini"" al silenzio della platea ha proseguito "Gattini come mammiferi!" continuando la spiegazione e dicendo di voler smitizzare questa nomea di persone, lui e De Cataldo, interessate solo alle storie oscure.
Simona



Il libro di cui si accenna è questo:

Misteri d'Italia. I casi di Blu notte
Carlo Lucarelli
Einaudi Editore, ed. 2002
Collana "Einaudi Stile Libero Big"
Prezzo 14,80€


venerdì 15 luglio 2011

“Il mestiere di scrivere”, Raymond Carver - Diventare immortali a voce bassa...

Immagine presa da qui


Avevo letto di questo scrittore in un saggio pubblicato in una rivista letteraria di cui nemmeno più mi ricordo il nome. Si parlava di lui come di uno scrittore che fu contestalmente un grande insegnante di scrittura creativa e che aveva un approccio nei suoi racconti che ricordava Hemingway. Quello che spesso si ripeteva era questa sua forma di timidezza che lo faceva parlare a voce bassa e il suo interesse per le opinioni altri, che fossero di semplici lettori o allievi dei suoi corsi. E come spesso avviene per le cose che mi colpiscono, visto che sono certa sempre di non trovare le cose quando mi servono, mi sono inviata una mail con all’oggetto Raymond Carver e null’altro.

Qualche tempo fa, nelle varie segnalazioni che mi arrivano, è saltato fuori questo libro, che con sacro terrore ho visto pubblicato da Einaudi Stile libero (se avete letto ultimamente questo blog sapete già che con loro non me ne va bene una) e dopo aver nicchiato un pò nell'acquisto, alla fine l’ho preso.

Il libro racchiude tutta una serie di saggi, introduzioni e post-fazioni dell’autore in varie raccolte di racconti o di poesie e di articoli scritti a tema per i giornali letterari. Alla fine ci sono anche due testimonianze di due allievi dei suoi corsi e cinquanta esercizi di scrittura creativa che si basano sui suoi lavori che è possibile che io faccia, ma probabilmente non ora. Dopotutto, se miglioro nella mia scrittura, tutti ne avremo beneficio sia io e sia voi che pazientemente mi leggete. No? :)

Chiaramente leggere questi saggi non è altro che una conferma di quel che si intuiva nel pezzo che avevo già visto. Si può diventare immortali anche e sopratutto in silenzio perchè per noi parlano le parole e come dice lui sul linguaggio “In una poesia o in un racconto si possono descrivere delle cose, degli oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso e dotare questi oggetti [...] di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far si che provochi un brivido lungo la schiena del lettore - l’origine del piacere artistico secondo Nabokov. Questo è il tipo di scrittura che mi interessa di più”. Ed è questo che mi rende Carver estremamente caro. Si può sperimentare secondo lui, si deve sperimentare. ma bisogna essere certi di non doversi spiegare nella propria arte che deve arrivare netta, chiara e pulita. E’ un sforzo in più, quello di dar peso ai singoli vocaboli, alla struttura della frase e della punteggiatura, ma è importante perchè l’insieme comporrà le emozioni e i significati di ciò che scriviamo.

Mai raccolta di saggi fu più omogenea e armoniosa, sarà soprattutto per l’arduo lavoro di revisione, che l’autore faceva in continuazione sui suoi elaborati, perchè come sostiene in un altro saggio è importante sempre mettere in discussione il proprio lavoro e rivederlo, perchè il mestiere dello scrittore come quello dell’artista in generale è sempre un’evoluzione dovuta anche alla sua vita e alle sue esperienze.

E’ un libro che consiglio a tutti, lettori e scrittori, nonchè persone che ambiscono a scrivere. E’ una raccolta di storie e di aneddoti fatte da uno scrittore che si propone più come un caro amico, mirabilmente raccolti, selezionati e tradotti da suoi estimatori che ne hanno voluto conservare le caratteristiche oggettive il più possibile per restituirci un ritratto il più vicino possibile di colui che asseriva di avere una scarsa concentrazione per scrivere un romanzo ma che, nelle varie spiegazioni, dimostra l’immenso amore verso questa forma letteraria tanto difficile eppure così immediata. E’ un libro veramente imperdibile!
Buone letture, 
Simona

Il mestiere di scrivere
Raymond Carver
Einaudi Editore, ed. 2008
Collana “Stile libero”
Prezzo 11,50€



mercoledì 13 luglio 2011

[Dal libro che sto leggendo] Il Quarto comandamento



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“In quegli anni (parla della fine degli anni ’70) le prime pagine dei giornali erano colme di sagome esanimi ora riparate dal lenzuolo, ora scoperte sotto le sequenze di flash. Sia gli inquirenti sia i semplici curiosi avevano fatto il callo a questi sanguinosi spettacoli, al punto che oramai facevano fatica a distinguere un cadavere dall’altro. Abituarsi alla morte, è questo che Mario temeva per sé, per i suoi figli, per i suoi lettori. Far diventare le vittime soltanto numeri, percentuali, fotografie che incorniciano l’articolo, date da commemorare. Francese sapeva bene che non c’è cosa peggiore per frenare la la coscienza civile, e non voleva piegarsi a questa tendenza. Lui voleva raccontare, diventando una cerniera fra i fatti e la loro interpretazione. Senza orpelli. Senza velleità personali. Scrivendo ossessivamente quanti più pezzi al giorno. Il giornalismo era uno strumento e lui svolgeva semplicemente il suo mestiere. Raccontava. E se qualcuno ha intravisto nelle sue parole un pericolo, un’arma da sotterrare per sempre, allora vuol dire che Mario aveva colto nel segno. [...]


[...] Palermo vanterà un infelice primato per quegli omicidi. Quella lunga serie di uomini innocenti lasciati cadere sull’asfalto non deve mai diventare un semplice elenco di caduti, una litania da recitare nelle occasioni commemorative. Con il suo impegno civile Mario Francese ha fatto il possibile perché nelle menti dei cittadini i nomi delle vittime di mafia non si trasformassero in una lista senz’anima. La sua storia e il suo giornalismo sono ancora oggi una scossa per le coscienze di chi ha voluto lasciare sotto un bianco telo di indifferenza i volti, i nomi, le storie di quelle vittime.”


Il quarto comandamento
La vera storia di Mario Francese che sfidò la mafia e di suo figlio Giuseppe che gli rese giustizia.
Francesca Barra
Rizzoli editore, ed. 2011
Collana "Saggi Italiani"
Prezzo 17,90€

lunedì 11 luglio 2011

[Film] Il mio grasso grosso matrimonio greco di Nia Vardalos

Questo mese il film è divertente e per me è sempre stato un "must" da quando uscì. E' ispirato alla vita della sceneggiatrice che ne è anche la protagonista e rappresenta un po' tutte noi donne nelle milioni di sfaccettature... e se siete come me andrete avanti una settimana a dire:

"E questa cos'è?"
" Una cassata"
"Ahhh una cazzata!"
"No, no...Ca-ssa-ta!"
" Eh che ho detto è una Ca-zza-ta!"

So che è infantile, ma non ci posso fare nulla, rido sempre troppo!
Il mio grosso grasso matrimonio greco è un film del 2002 diretto da Joel Zwick.
Buona visione:)

domenica 10 luglio 2011

L'ha detto...Ennio Flaiano

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Il traffico ha reso impossibile l'adulterio nelle ore di punta.

Ennio Flaiano



venerdì 8 luglio 2011

“Settanta acrilico trenta lana”, Viola di Grado - Arte contemporanea...


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C’è un motivo per il quale l’arte contemporanea, d’avanguardia e sperimentale di solito rimane di nicchia e la spiegazione è molto semplice, ovvero, che l’arte per esserlo dovrebbe trasmettere un messaggio o una sensazione in chi la guarda senza bisogno di troppe spiegazioni perchè nel momento in cui l’artista deve spiegare per filo e per segno quel che ha fatto, l’arte perde la propria naturalezza e diviene un artefatto che può andare bene per un periodo, ma potrebbe non essere immortale.

E’ un po’ quello che succede in questo romanzo che definirei “sperimentale” che ha il pregio di provarsi appunto "su un terreno nuovo", ad una giovane età e con un primo romanzo che è divenuto in poco tempo un libro dalla classica esclamazione “Ma non l’hai letto?!”.

L’intelligenza dell’autrice si vede nella scelta del tema "madre e figlia" - che è un tema conosciuto quindi parte da una base reale e vissuta da ogni ragazza - colpite da un lutto. Il capo famiglia è stato ritrovato un una scarpata dove è caduto con la macchina insieme con l’amante. Quindi oltre al lutto, c’e’ anche l’umiliazione del tradimento e l’impossibilità di chiederne la spiegazione e quindi il silenzio che si porta via la morte avvolge la vita della madre e in parte quello della figlia che ventenne e con un'adolescenza neanche tanto alle spalle torna a casa, abbandona l’università e si occupa della madre. Il fosso, o meglio buco che ha ospitato l’ultimo respiro del padre diviene il tema ricorrente delle foto della madre e dei pensieri della figlia così come gli ideogrammi che Camelia aveva cominciato a conoscere all’università e poi, grazie ad un cinese conosciuto per caso, continua a studiare per hobby.

Se dovessimo fermarci al tema, direi che l’autrice ha pienamente centrato l’obiettivo narrando un fatto reale, per uscire da un dolore così grande non basta la voglia di farlo ma serve un aiuto esterno che sia un impegno e che renda più evidenti le nostre passioni e che in quelle condizioni una famiglia, per quanto strana sia, tende sempre a richiudersi in un bozzolo e se vuole ha la possibilità di conoscersi se i suoi componenti interagiscono prendendosi cura l’uno dell’altra. Se si fosse fermata a questo, probabilmente, anche io zompetterei in giro dicendo a tutti “leggetelo!”. Io non so quanto di autobiografico ci sia in quello che è scritto qui dentro e sono certa che ognuno di noi vive il dolore a modo suo, ma nel dolore e nella rabbia di Camelia non ritrovo molta autenticità. Anche io ho perso un padre e non in un buco e nemmeno si era andato a fare un giro in macchina con l’amante.
Ma mentre nel rapporto fra Camelia e Livia (la madre) trovo autentico e vivido il rapporto di comunione e di dipendenza che si crea nel dolore, la rivalsa verso il mondo della protagonista la trovo decisamente artefatta.

Veniamo alla scrittura. A chi mi ha chiesto com’era il libro mentre lo leggevo, l’esclamazione è stata “certo, che per una che deve descrivere i silenzi usa un sacco di parole!”. Eh sì, ma proprio tante, è un fiume in piena che va verso una cascata, o un buco come direbbe l’autrice. E in questo fiume in piena oggetti vengono buttati e riappaiono o sono spenti e la scena dopo si scopre che sono accesi. Insomma ci sono un pò d’errori grossolani dovuti probabilmente al fiume in piena. La sovrabbondanza di termini mi fa pensare ad uno scrittore di cui avevo cercato informazioni e il cui libro che raccoglie i suoi saggi ho trovato ultimamente e l’ho letto, anzi per meglio dire, l’ho divorato. In uno di questi dice:

“Una poesia o un racconto - qualsiasi opera letteraria che presuma di chiamarsi arte- è un atto di comunicazione tra scrittore e lettore. Chiunque può esprimersi, ma quello che gli scrittori e i poeti vogliono fare nelle loro opere, più che limitarsi a esprimere se stessi, è comunicare [...] C’è sempre l’esigenza di tradurre i propri pensieri e le proprie preoccupazioni più profonde in un linguaggio che li fonda in una forma - narrativa o poetica- nella speranza che il lettore li possa capire e possa provare quelle stesse sensazioni e interessi. Le sensazioni e le intuizioni del lettore accompagnano e integrano sempre un brano letterario. E’ una cosa inevitabile e auspicabile. [...] Credo di essere nel giusto quando penso che quella di essere capito sia una premessa fondamentale da cui qualsiasi buon scrittore deve prendere le mosse o, piuttosto, una meta da prefiggersi.” 
Raymond Carver, in Per Tess, 1987

E in un altro punto dice che punto cardine di uno stile narrativo dovrebbe essere anche l’utilizzo dei termini e della punteggiatura. Più il racconto è sovraccarico e più il lettore farà fatica a stare dietro allo scrittore e, aggiungo io, per puro atto difensivo diverrà più attento e quindi gli errori verranno più facilmente all’occhio.

Questo libro ha vinto il Premio Campiello giovani è candidato al Premio Strega ma guardando tutti gli amici, i contatti FB o altro, avrei un solo contatto cui donarlo, che peraltro lo ha già letto e lo apprezza sicuramente più di me. Per la mia competenza scendere nel buco di Viola Di Grado è stata un’esperienza strana e forse Che non mi tornerà alla mente in altre situazioni, come diceva Craver a proposito dei capolavori e delle sensazioni che lasciano. E’ una lettura di passaggio fra un libro e l’altro e che forse nella mia memoria sbiadirà nella trama lasciando come ricordo un cumulo di parole metafore e ossimori, nonchè ideogrammi, che per quattro giorni hanno gravato sul mio ritmo serrato delle letture. Sono certa che l’autrice abbia del talento, non lo nego, ma che debba ancora farsi le ossa e limare ancora questo fiume di vocaboli che stona con un mondo che fa parte dei suoi studi, cinese e giapponese, che invece sembra più misurato nell’espressione. Ringrazio comunque Marco di Assaggi Letterari che me lo ha caldamente raccomandato e che mi ha suggerito la presentazione di Roma in cui ho avuto l’opportunità di sentire le ragioni dell’autrice.


Settanta acrilico trenta lana
Viola di Grado
Edizioni e/o, ed 2011
Collana “Dal mondo”
Prezzo 16,00€





mercoledì 6 luglio 2011

[Dal libro che sto leggendo] Sezione Suicidi

Immagine presa da qui


“Bouevard Voltaire, metropolitana Sainte-Ambroise. Consegna di vestiti made in China, triple file, doppie freccie e orientali con la sigaretta in bocca. Guérin era sul marciapiede, anche lui con un cartone sotto braccio.

Si sistemò in macchina senza salutare. Il ritorno dell’impermeabile giallo preoccupò Lambert. La coppola c’era ancora, ma non bastava a rassicurarlo. il capo aveva ripreso l’aria da cospiratore, e Lambert vedeva bene da come muoveva le mani che aveva voglia di grattarsi.
-Dove andiamo?
-Circonvallazione interna. Porte Malliot.
-Il Kamikaze?
Guérin annuì con un colpo di cappello. Il cartone di fascicoli, di ritorno sul sedile posteriore, emanava l’odore di malagurio.
-Non ti preoccupare, so quello che faccio.
Il vice, perpleso, mise in moto, angosciato dal soggetto su cui aveva rimuginato tutta la notte: Savanne. Non capiva come si potesse chiamarlo “cocco”! Un’incoerenza, roba da beccarsi una sberla. Arrivato in place de la République si stava ancora riformulando la stessa domanda quando Guérin cominciò a rispondere. Era sempre una sorpresa, per Lambert, scoprirsi così trasparente.[...]”


Sezione Suicidi
Antonin Varenne
Einaudi Editore, ed 2011
Collana “Stile libero Big”
Prezzo 18,00€

domenica 3 luglio 2011

Marco Marsullo...e "Ho un Magalli in testa ma non riesco a dirlo"

Lui è Marco Marsullo, è un giovane scrittore che è già arrivato sulla scena dell'editoria italiana, prima con partecipazioni ad antologie poi con una raccolta di racconti molto interessante, ovvero il libro di cui parla in questa intervista che è recensito qui e, infine, uscirà presto con un altro libro che non vediamo l'ora di trovare sugli scaffali delle librerie. Se siete curiosi di leggerlo, oltre ad acquistare questo libro, di cui vi inserisco i riferimenti sotto come di consueto, e c'e' anche un blog che trovate qui: Marco Marsullo.




Il libro di cui si parla è:
Ho un Magalli in testa ma non riesco a dirlo
Marco Marsullo
Nobus Edtore, ed. 2009
Collana "Babele"
Prezzo 15,00€

venerdì 1 luglio 2011

“Gesù è più forte della camorra”, Don Aniello Manganiello - La vera Scampia...

Nonostante sia una lettura di Maggio ho scelto di pubblicare questa recensione il giorno del mio compleanno nella speranza che abbia la fortuna e la diffusione che, secondo me, merita.
Potete avere le opinioni che volete sul mondo della camorra e su quello di Napoli, ma oggi come oggi non potete prescindere da libri come questo che urlano che è l'impegno di tutti che fa cambiare il mondo!






Vi racconto una storia. Alla vigilia della messa in distribuzione di “Scampia trip” chiesi a Daniele Sanzone, e ancora mi stupisco di come non mi abbia mandato a quel paese all’epoca, se “Scampia era sempre uguale o nel tempo fosse migliorata”. Lui, paziente fino all’inverosimile, mi rispose: “Leggi il libro”. Ebbene io l’ho letto e da quel momento Scampia ha cessato di essere quel che vedevo sui telegiornali o raccontata da Saviano o da altri giornalisti; un po’ è colpa del mitico duo Daniele&Ciro e un po’ proprio di Don Aniello, cui devo l’avermi confermato che la mia fede non deve risiedere fra quattro mura consacrate ma che deve andare oltre. Nel tempo, ho avuto l’occasione di conoscere gente meravigliosa che mi ha accolto, spiegato e raccontato con estrema semplicità qualsiasi cosa chiedessi, ma già da “Scampia trip” era evidente che c’era stato un enorme immenso equivoco che stava danneggiando il lavoro di tutti.
L’equivoco sta nella generalizzazione fatta aprioristicamente su tutto. CamorraàNapoliàScampia quindi sono tutti camorristi o CasalesiàGruppo camorristico, quindi in provincia di Caserta sono tutti camorristi. E’ una legge dei media fare “di tutta un’erba un fascio” spesso, anzi quasi sempre, è dettata dalla profonda ignoranza di chi scrive e anche, e qui mi ci metto anche io, di chi legge. Non è che la camorra non sia esistente ma è un “di cui” della realtà. E’ come se la Campania fosse un immenso puzzle e una parte di questi pezzi piccoli fossero stampati male. Nonostante questo, il puzzle, riesce a restituire l’immagine che rappresenta. Ecco, il lavoro di Don Aniello e di tutti quelli che operano, non solo a Scampia, nel sociale, nelle forze dell’ordine e nell’informazione -non certo da primo titolo di giornale-, è proprio questo individuare le tessere fallate e se possibile rimetterle a nuovo.
Altra grossa incomprensione, data dalla differenza di tradizioni e della continuità delle stesse nella frenetica vita moderna, è dato dal valore da dare alla “storia in sè”, che come detto nel [Da non perdere in rete] di questo mese, ha il valore di “modello di vita”. Tutte le vite vissute hanno qualcosa da insegnare e quindi conoscendo le storie degli altri si può prendere spunto per fare “scelte consapevoli” che rappresentano le intenzioni che danno vita alla maggior parte della letteratura, blog  e di racconti di mafia o no che riguardano il sud d’Italia.

Quel che è scritto qui, non è la classica autobiografia, quella dove si esalta questo o quello, ma è la storia di un uomo, prima che sacerdote, che si descrive e si delinea attraverso gli occhi, i cuori e i silenzi della gente che è stata ingiustamente catalogata o di quella che cerca da lui la redenzione o un semplice attimo di ascolto. Sono i ragazzi che sono cresciuti con lui 16 anni, che hanno frequentato le scuole calcio o che hanno dato vita a gruppi indipendenti operanti nel sociale, che danno la testimonianza di quello che è stato il suo lavoro. E’ una storia scomoda perché scoperchia tutta una serie di volute omissioni che hanno tentato di fermare un disegno, e tentano di farlo tutt'oggi, che ha smesso di appartenere al Comune di Napoli per diventare patrimonio del quartiere che, con le sue forze ha creato qualcosa di grande. Un disegno che ha dimostrato che quello che è il “nostro quartiere” non è altro che la proiezione di ciò che noi siamo e che facciamo. L’impegno deve essere di tutti, nessuno escluso. 

Dopotutto, per sua stessa ammissione, Don Aniello si è avvicinato a questo quartiere con le remore che abbiamo tutti, fondate sui "si dice" e "si mormora". Nonostante questo, ha eliminato barriere, ha creato opportunità di lavoro e di partecipazione, certo, non deve essere uno facile, ma probabilmente è la sua cocciutaggine che lo ha aiutato e supportato in tutti questi anni. Anche quando è stato minacciato più volte e quando tacere sarebbe stato più conveniente oppure avrebbe aperto più porte e sarebbe stato più semplice dire quello che la gente si aspettava di sentirsi dire. Non è sceso a compromessi, armato di fede e di amore si è battuto per la gente delle vele che rischiava di perdere la casa, per quelle famiglie che avevano il terrore degli spacciatori sotto casa e non ha mai chiuso la porta in faccia a nessuno. Era lì per tutti. Quel che di nuovo viene da questo libro è la spiegazione del perché rifiuti la definizione di "prete anticamorra" appioppatagli dal giornalismo italiano. Perché in effetti la dicitura è scorretta perché quel che viene prepotentemente fuori da questi ricordi di persone fatti e luoghi, è che alla base del suo cammino non c'è la redenzione postuma, ma la prevenzione. Si sofferma più e più volte su concetti che dicono che la camorra va bloccata prima che faccia proseliti e siccome l'entità camorra è conosciuta da secoli, ma mai è stata fermata, va combattuta in un altro modo: togliendogli la linfa vitale di cui si nutre ovvero i futuribili proseliti. Se si crea un'alternativa, e badate bene che Don Aniello non chiede lavori milionari, come sarebbero quelli che noi intendiamo quando parliamo di cercare lavoro, ma chiede lavori dignitosi, che permettano di arrivare altrettanto "dignitosamente" a fine mese e che non significa che chi lo fa deve andare per forza in vacanza alle Hawaii, ma così si riesce a togliere ossigeno a queste organizzazioni che non avranno più proseliti su cui contare per i loro traffici. In più si specifica che la cultura della legalità va di pari passo alla ricivilizzazione delle periferie e delle vite di tutti. Con questa intenzione vengono raccontate le storie e con quella citata precedentemente. Sono esempi di scelte giuste e sbagliate, ci sono anche esempi di grandi cambiamenti che urlano che, a volerlo davvero, si può fare ma rimane il fatto che questo martoriato quartiere, dal pubblico pensiero e  dalle istituzioni, quale alternativa può proporre a giovani che vogliono vivere nella loro terra? 
In più l'invito ad un coinvolgimento civile è palese e l'invito è rivolto a tutti, possiamo continuare ad indignarci, che fa tanto tendenza nell'ultimo periodo, o andare oltre ed essere fautori del destino della nostra epoca. E possiamo farlo cominciando a pensare che tutte le storie ed i reportage che riguardano Scampia non sono altro che la rappresentazione di una parte piccola della realtà, possiamo andare anche oltre aiutando e informandoci sulle numerose associazioni che lavorano su quel territorio e che sono state messe in difficoltà dalla cacciata del Don e farne i destinatari di fondi e anche di partecipazione. Il libro del Don, infatti non è l'unico che devolve i fondi a questi gruppi attivissimi sul territorio, ci sono anche "Scampia Trip" e il libro su Felice Pignataro del GRIDAS. Prendere parte alle loro attività anche da remoto non è difficile, basta solo volerlo, questo cambiamento, cominciando a ripulire un quartiere per volta città per città e creando veri esempi da seguire, e in questo, Don Aniello è un ottimo esempio da seguire!

Questa è la decima versione di questa recensione (almeno ufficialmente diciamo così, ma so che mi conosce sa che non è vero ;)). Ho provato veramente a farvi sentire il sapore di questo libro e  vi dico  nuovamente qui, prima di proseguire, che il ricavato andrà in beneficenza, per finanziare uno spettacolo organizzato dai *minori a rischio* per i quali tanto si è battuto che porti in giro le storie di "Scampia Trip" e il senso di unione e legalità che ne segue. 

Non posso, però, in alcun modo esimermi dal commentare ciò che ho visto scritto in rete tra maggio e gli inizi di giugno.

Come detto, Don Aniello ha l’allergia all’ipocrisia. E’ una malattia gravissima, probabilmente non riconosciuta dalla Asl, ma presente sempre. Non ce la fa proprio a stare zitto o a dire le cose abbellite come la gente vorrebbe, non ha mezzi termini. C'è anche una profonda ingenuità o genuità nel pensare che tutti possano comprendere le motivazioni di quel che dice, perché è convinto che concetti e valori, che dovrebbero essere uguali per tutti lo siano per davvero, magari proprio in virtù del fatto che spesso è andato a finire sui giornali o in televisione. Ma in questo c'è l'errore umano, non è detto che quel che finisce sui giornali o in tv sia pienamente compreso da tutti.

Così alla presentazione del docufilm redatto per presentare (R)esistenza e altre associazioni di quartiere, dal palco prima della proiezione, diceva che Scampia non è un luogo di perdizione ma di opportunità e che lui aveva accettato di lasciare con la mente, che lo istigava all’obbedienza ad una chiesa che non percepiva il danno che stava facendo, ma non con il cuore.
- cosa che molti hanno interpretato come gesto di superbia o come un semplice volersi ribellare, quando invece la parrocchia del Don Guanella era un punto di contatto, per associazioni laiche e non, per poter discutere progetti comuni e come appoggio per associazioni che ancor oggi non hanno una sede come ad esempio (R)esistenza. In più l'avvicendamento è stato fatto con un parrocco della vecchia guardia e se non vado errata prossimo alla pensione. Il che, quindi, sottintende un successivo avvicendamento, e forse un'altro ancora riportando instabilità  in un quartiere che invece ha assoluto bisogno di una istituzione stabile e di forte riferimento, che ha permesso la riduzione delle piazze di spaccio e la creazione di un "patto di non belligeranza" fra persone del quartiere e camorristi che ha tenuto questi ultimi a bada negli anni di attività di questo cocciuto sacerdote.

 In tv, ospite di Giletti, tentò di spiegare che Scampia è altro e che film come Gomorra avevano affossato le cose buone per mettere in evidenza quelle cattive. E successivamente, intervistato dal tg1 per questo libro, è stato messo in piazza con un'intervista tagliata per dare il solo risalto al fatto che c’e’ un capitolo “Saviano vieni a Scampia”. 
Ebbene, dopo questi due eventi si è scatenato un vero putiferio nella mia bacheca comune, sicuramente nella bacheca del Don nella sua posta privata e anche sulla pagina del citato scrittore. Tutto questo è il polso della situazione odierna. Tutto si scambia per reale, senza mezzi termini e l’ignoranza regna sovrana. Ho letto un commento che rimarrà nei mie annali *dell’idiozia più grossa* che diceva “Questo prete dovrebbe imparare da Saviano!”. 
Un sacerdote che è stato sul campo ove chiunque sarebbe andato e si sarebbe barricato aprioristicamente in casa, deve imparare da uno scrittore, il cui mestiere sono le parole e non i fatti e che ha quasi la metà dei suoi anni e sicuramente non la sua esperienza? 
Ecco questo è quello che genera l’informazione fasulla e farlocca travestita di autorità e pagata con i nostri soldi, basata sui colpi di scena e diretta ai veri e propri idioti. Si l’ho scritto, idioti. Vedere Giletti o sentire il tipo del tg1 e decidere che quello che viene propinato o interpretato a cavolo sia un insulto a chicchessia è altresì da idioti. Se la signora o signorina, nemmeno mi ricordo chi sia, avesse avuto la decenza di informarsi, forse nemmeno lo avrebbe scritto quel commento e si sarebbe arrabbiata come ho fatto io. 

In quel capitolo non si da contro a nessuno, men che meno Saviano, ma si evince che la lotta alla camorra non è solo fatta di sentenze. Le sentenze sono quelle che vengono dopo, quando il danno è già fatto, quando il marciume ha attecchito negli animi sfibrati e stanchi di gente che giornalmente da via l’anima per qualche euro in nero e che devono dire no ai soldi e le macchine nonché le donne, che sono cose facili da ottenere, basta solo vendere qualche bustina, fare il palo o il guardaspalle e si acquista questo e una nuova famiglia. Invece a loro si chiede di vivere nella legalità, però di non pretendere che alla fine di una giornata di lavoro magari di dieci ore, di avere i soldi per mettere un pasto caldo sotto il naso dei propri figli! 
Quello che queste ferventi - appartenenti ad un movimento anticamorra che si basa sul nulla dell’inoltro di articoli, ripetizioni di frasi a pappardella e di slogan- non hanno ancora capito è che la camorra e la mafia in generale, non sono cose che si possono sconfiggere solo con la giustizia. Le mafie di sconfiggono solo se si cambia la mentalità e il cambio della mentalità non si ha se ti puntano il dito addosso perché hai fatto una scelta di vita invece di un'altra  e qualcuno da qualche parte si indigna ma poi ti dice arrangiati! Il cambio di mentalità si realizza solo con il costante, lungo e minuzioso impegno di chi è li sul campo e che opera nel sociale perché “il contesto sociologico” è alla base del movimento mafioso, di qualsiasi natura essa sia! È quello che ti fa vendere droga e trovare corrieri e guardaspalle, il "contesto sociologico" ed è quello che ti nasconde quando sei latitante, ti osanna se porti un pò di soldi e subisce le angherie e rimane in silenzio, perché sa che se anche parlasse non risolverebbe nulla, se non mettere i pericolo i propri cari! E servono tanti buoni per combattere i cattivi, ma basta un gruppetto di camorristi armati fino ai denti per fare una strage, ma quel che la camorra sa fare è proprio questo agire sul contesto sociale legale per destabilizzarlo, mandando via il suo riferimento, per poter agire indisturbata!

E dire, che se, le signore sopra citate, avessero avuto la bontà anche di soffermarsi su alcuni passi di Gomorra, il libro e non il film, si sarebbero rese conto, che anche Saviano nicchia a questa cosa, sottolineando che in prima fila davanti ai morti nei vicoli c’erano sempre ragazzini, che ambivano a crescere nell’organizzazione. Ci ha dedicato quasi un capitolo! Ma pure li, per capire le sottigliezze del campano pensare, uno dovrebbe sedersi e non limitarsi alla lettura di un solo libro o ascoltare una sola voce, ma dovrebbe scendere ad un livello che gli permetta di comprendere e che prevede la lettura di più testi e il contatto con tante persone che ti raccontino la loro versione dei fatti, cosa che non è così semplice come il solo "indignarsi".
E poi è più facile attaccare chi non ti può mandare a stendere, come avviene sempre quando il messaggio di Don Aniello viene mal interpretato, perchè nonostante tu lo pugnali offendendolo, lui continua ad amarti e a cercare di farti ragionare rispiegandoti anche milioni di volte quel che sta dicendo.

Quel che è oggi Scampia è anche grazie a Don Aniello, a Felice Pignataro e sua moglie, il Gridas, il GRU, (R)esistenza,il progetto degli A67, i gruppi calcio del quartiere, le Suore, e tanti altri di cui non ricordo il nome che hanno aderito nel tempo, chi prima e chi dopo, ad un grande progetto comune indipendentemente dalle visioni politiche o religiose. E come se qualcuno, metti caso il Don e Felice avessero cominciato a camminare e mano a mano si sono unite, famiglie, ragazzi, che nel tempo sono diventati giovani e famiglie, tutti li a formare un grosso corteo felice, festoso e colorato con musica e canzoni proprio come avviene al carnevale celebrato in questo quartiere, e vi assicuro, che nonostante la chiesa si sia messa di traverso, le istituzioni vogliano mettere a tacere, io lo so e lo vedo, stanno ancora camminando compatti e io, come tutti quelli che come me hanno subito il contagio da Don Aniello,  sono con loro, anche se da lontano.

Quel che è successo a me dopo aver letto questo libro è che per forma di protesta, la domenica invece di dare il mio contributo a messa nel cestino che mi viene porto all’atto della raccolta delle elemosine, quei soldi rimarranno nella mia mano, torneranno con me a casa e andranno in un barattolino con sopra scritto Don Aniello. Diciamo che quando il barattolino sarà pieno e consegnato a Scampia, mi sembrerà di aver seguito messa lì, al centro Don Guanella.
Buone letture,
Simona



Gesù è più forte della camorra
Don Aniello Manganiello, Andrea Manzi
Rizzoli editore, Ed. 2011
Prezzo 17,00€




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