venerdì 29 aprile 2011

"Orgoglio e pregiudizio." Jane Austen - Bisognerebbe rileggerlo ogni tanto...



Devo fare una piccola premessa, questa recensione e' stata scritta ai primi di Gennaio 2010 e all'epoca commentavo un libro che avevo riletto a Novembre 2009. Quindi non e' una conclusione cui sono arrivata oggi, ma e' una convinzione che c'e' da un po'...a voi l'arduo giudizio . Cia'

....e l'ho riletto ultimamente. Ne ho sentito il bisogno dopo aver visto lo speciale di Saviano, che quest'anno, onde non rimaner schiacciato dalla situazione in cui vive, parlava della sua più grande paura ovvero la diffamazione. Ha fatto una serie di esempi, grandi esempi, Saro Wi-wa, Salamov, Hickmet e Politkovskaja....pero' mancava qualcuno, che aveva scritto in maniera forse piu' leggera, del tema della forza della parola... mancava lei, la cara Jane. Le sorelle Bennet non sono state in un lager o perseguitate politiche e anche se si muovono saltando da un salotto all'altro, ora civettando e ora sussurrando parole affettate  - strette nelle etichette in voga nel periodo-, pero' sono anche loro, sono malgrado tutto, rappresentanti di ciò che la parola o il racconto di una situazione, ponendo l'accento su alcuni aspetti invece che altri, può assumere significati differenti anche se la sequenza dei vocaboli e' la medesima. 


Magari in quella lista non ci sarebbe mai entrata, non ci sono morti, non c'e' violenza, c'e' solo la ricerca della felicita' di donne che sanno di essere nate per maritarsi, ma c'e' pero' questo grande esempio di morale dettata da una giovane che poi da grande, prima di far ripubblicare lo scritto, lo rimaneggia accentuando questo o quel personaggio, senza pero' cambiarne i significati reconditi. 
Un libro da leggere ogni tanto, con una bella tazza di tè e magari un bel fuoco...solo per sorridere un po' e ricordarsi, fra una frase e l'altra che il potere della parola e' sempre stato e sempre sara' legato all'onesta' di chi la pronuncia o la scrive..ma tenendo ben conto che, pero', Jane non scriveva per altri che per se stessa...ma questo ve lo racconto la prossima volta:)


La versione che ho riletto io e':

Orgoglio e pregiudizio
Jane Austen
Giunti Editore, ed. 2008
Collana "La biblioteca ideale"
Prezzo 8, 50€



mercoledì 27 aprile 2011

"Il professore di desiderio." Philip Roth - Io sono in quanto desidero...

Immagine presa da qui


Scrivere questa recensione è un po' come fare la protagonista di Sex and City, ho provato a riportarla in altri binari, ma purtroppo il nocciolo è quel che vedrete scorrere in questa ultima versione delle mie impressioni. Questo libro varrebbe l'acquisto solo per la bellissima, toccante e vibrante descrizione di David Kepesh nella sua visita, come professore universitario e di origine ebraica, a Praga, in ferie, e più specificatamente sulle tracce di Kafka.  Chiaramente questo è un cameo di un romanzo che invece affronta altri temi ovvero la sessualità e il nostro rapporto con essa e attraverso di essa con gli altri.


Non ci possiamo nascondere dietro un dito, la rivoluzione sessuale ha modificato la vita di tutti, anche quella di chi non c'era ed è nato dopo. Così, nonostante il perbenismo e la discrezione, che fino a qualche tempo fa, nascondeva questo strano modo di rapportarci con noi stessi e con gli altri oggi la propria identità sessuale è parte integrante dei nostri rapporti pubblici, con amici, parenti e anche con sconosciuti. Kepesh, in questo senso, unisce i due mondi quello poco prima che venisse innalzato questo spartiacque e quello successivo, senza affatto nominare questa piccola rivoluzione, ma ne sottolinea le differenze utilizzando il confronto continuo con i genitori, confronto peraltro mai forzato perché non giunge per risolvere situazioni e problemi ma rientra nel classico rapporto di una vita normale di persone del tutto normali. E se l'ironia sull'approccio sessuale decantata da Kundera in quarta di copertina, a mio avviso è latente e poco presente, quel che io ho trovato decisamente attraente è il verso che viene fatto alla domanda del secolo cui apparteniamo e che accompagna molti di noi: "E se avessi agito in altro modo o avessi scelto di stare accanto ad un'altra persona, come sarei oggi?". E' una domanda per Kepesh che riguarda prettamente la scelta di persone con cui passare la vita, scegliere la svedese tanto libera nei gusti sessuali ma povera di altro e quindi una scelta solo di letto o è meglio vivere con una borghese, meno libera da remore, ma che ha altre qualità. Le donne di Kepesh sono tante e tutte differenti fra loro ma, tutte, sembrano essere figlie del tempo di cui si parla; sono quelle che hanno perso la loro femminilità a favore di un approccio più maschile alla vita o sono donne medio borghesi, che convinte che la vita non sia cambiata nei costumi anche se sanno che invece non è così, vivono le grandi contraddizioni tra quel che si è e si rifiuta di essere e quel che invece è l'immagine che vorremmo di noi stesse. Ci sono anche quelle convinte che tale coniugazione possa aver luogo contemporaneamente nella stessa persona che poi si rivelano la scelta migliore. Anche Kepesh prende le misure per costruire un se stesso accettabile e in se riunisce tutte quelle caratteristiche di cui noi donne moderne ci lamentiamo sostenendo che "Gli uomini di una volta non esistono più".


Quel che esce un pò a sorpresa da questo testo è che nella contemporaneità non è più solo che "Cogito ergo sum" ma "Io sono in quanto desidero" e il vocabolo desiderio in questo caso non sta a rappresentare il significato più puro, ma il vero e proprio desiderio sessuale. E non è una novità, perché ogni giorno vediamo l'identità sessuale di uomini e donne che viene tradotta e usata non solo per rapportarsi con l'esterno ma proprio per viverlo. Sono in quanto conosco gli ambiti più reconditi del mio desiderio, quelli che nessuno può conoscere se non solo me stesso. Sono in quanto intuisco quel che gli altri vogliono da me. Sono in quanto ho trovato un compromesso fra quello che desidero e quello che invece colui/lei che vive con me rappresenti la maggior parte di quel che voglio. Sono perché come il giovane Holden, figlio di un tempo in continua evoluzione e differente da tutti quelli che ci hanno preceduto, ci ho messo una vita a prendere le misure e a capire, ma non ne voglio essere ancora sicuro al 100% perché posso e devo sempre ricercare una soluzione migliore, se per me vale più il desiderio o l'amore senza di esso non possa definirsi tale. Ma sono perché ho capito che non devo rifiutare la mia natura a favore del perbenismo che vedo in giro, perché la facciata nasconde in tutti quelli che sono i miei contatti come amici, conoscenti, parenti e anche sconosciuti, lo stesso travaglio interiore e la differenza tra me e loro è solo nella misura in cui queste contraddizioni rimangano nascoste all'altrui sguardo.
  
E' un male o è un bene? Non saprei io la vivo come una evoluzione verso tempi successivi; per l'autore l'interesse a sciogliere il dilemma non c'e' e il romanzo rimane aperto a qualsiasi soluzione più ci aggradi. Quel che è certo che questo romanzo non è da tutti, non perché sia troppo elegiaco, ma perché questa "ossessione" del protagonista non è latente ma estremamente presente in ogni azione del protagonista e a tratti forse, un pò troppo presente. Mettiamola così, la vena di romanticismo e di amore lascia il passo alle immagini e riflessioni sul sesso e anche se il riferimento alla grande e illustre Colette è presente, viene però indicato troppo tardi perché voi abbiate la possibilità di decidere se volete proseguire o no.  Trovo comunque interessante che la ricerca sulla follia di Kafka, che poi per me è più paranoia che altro, venga messa a confronto con questa "follia" che poi non è altro che la caratteristica degli uomini e delle donne di oggi. Trovo decisamente accattivante che si parli di libertà mettendo a confronto quella culturale con quella sessuale e , non di meno, ho trovato decisamente particolare che nel capitolo di cui vi sto parlando (e di cui ho accennato all'inizio di questa recensione), accanto ai resoconti di questa visita riescano a comparire, Praga, Kafka, un cimitero ebraico e Colette che lasciano intendere che tutte queste sfaccettature di una vita come cultura, introspezione,vita (anche religiosa) e sessualità possano renderci liberi se troviamo il modo di farli convivere nella stessa persona anche pacificamente. Che il sesso qui, in fondo, non sia un'ossessione quale io l'ho classificata? A voi, sciogliere l'arduo dilemma...


Il professore di desiderio
Philip Roth
Einaudi editore, ed 2009
Collana "Super ET"
Prezzo 12,00€









domenica 24 aprile 2011

"Lei e Lui." Andrea De Carlo intervistato da La Stampa.it

Il libro e' edito da Bompiani ed e' uscito all'inizio di ottobre e immediatamente ha scalato le classifiche. E' una intervista interessante da ascoltare. Sotto i riferimenti del libro come di consueto.



Leielui
Andrea De Carlo
Bompiani Editore, ed. 2010
Prezzo 18,50€

Corre l'obbligo di augurare a tutti una buona e serena pasqua!
Simona

venerdì 22 aprile 2011

"Le Beatrici." Stefano Benni - Donne svelate...




Io e Benni abbiamo "una relazione complicata" come si dice su Facebook. Stefano Benni è uno dei pochi scrittori italiano che hanno il dono della profondità dello sguardo nelle situazioni e nelle vite altrui e anche un talento nel renderle grottescamente chiare nei propri racconti. Così spesso avviene che mi si dica di leggere quello o l'altro libro, perché l'ha scritto lui, e io declini cortesemente l'invito.  E questo non avviene perché io non l'apprezzi ma solo che è uno dei pochi scrittori con il quale mi sento senza difese.


E a maggior ragione avviene in questo libro, perché tra una ironia e l'altra, le donne si spogliano dell'aura di protettrici del focolare, di madri, sorelle amanti e amiche per mostrarsi come sono. Ovvero esseri umani con pensieri e desideri, nonché contraddizioni e cattiverie che non sono tipiche del nostro sesso, ma che si accentuano proprio perché a noi donne viene spesso associato il ruolo di sesso debole e di madri chiocce. In effetti la donna contemporanea non è questo. Non siamo più le tipiche donnine che aspettano impazienti il ritorno del marito a casa, che amano essere vezzeggiate o ansiose di essere scelte per un ballo. La donna contemporanea ha solo un'apparenza di femminilità dovuta o alla propria presenza e accuratezza nell'aspetto o ad aiuti esterni rimovibili o fissi e siliconici; per il resto, a parte questa confezione che può piacere o no, siamo evolute in una versione di una brutta copia dei paritetici squali maschili. E non è una cosa che si possa condannare, anche gli uomini ci sono passati, solo che loro hanno avuto secoli per farlo, noi invece, dopo aver assecondato per millenni il detto che dice "Dietro un grande uomo c'e' una grande donna", abbiamo fatto un passo avanti al primo spiraglio di libertà e stiamo prendendo le misure per autodefinirci e trovare un posto nella società odierna. E' altresì vero che la fratellanza femminile non esiste, noi proveniamo da un mondo animale da cui abbiamo ereditato un atavico spirito della competizione che è figlio di quello volto alla conservazione della stirpe che fa di noi complici ma mai sorelle, perché la supremazia e' una cosa che ci appartiene per DNA.


Cosi' leggere i monologhi di Benni in "Le Beatrici", non è altro che guardare in uno specchio le fasi della nostra vita, dalla gioventù alla vita adulta. Entrare nella nostra mente e dare voce a una delle nostre paure più nascoste, ovvero, che qualcuno ci capisca prima che lo possiamo fare noi da sole. E la voce c'e', è li che ci descrive minuto per minuto amplificando in questo anche l'immagine dell'età contemporanea che viviamo giornalmente e che trasformiamo noi stesse, non solo sul lavoro ma anche nella formazione dei figli e nell'esempio di nuove forme di famiglia. Che sia un male? Non necessariamente. prendere le misure per fare un passo avanti non è mai un male. E' un male non rendersi conto che si sta cambiando e si sta influendo sul futuro di tutti e capire quando e quanto fare in questa o quella direzione e quale sia la direzione giusta.


Sono otto dialoghi per voce sola quelli che qui troverete. Donne reali, madri, mogli, amanti e anziane. Tutte questa donne ne rappresentano una sola, perchè noi siamo così tanto sfaccettate che un solo dialogo non bastava. E se Beatrice si lamenta del suo Dante che non si decide o la Madame Licantropa ci fa sapere la sua solitudine che precede l'accettazione di se stesse, l'anziana, la donna manager e quella che attende raccontano la mancata accettazione del tempo che passa, il pragmatismo con il quale spesso affrontiamo le questioni - che non sempre presuppongono un aiuto esterno-, e il nostro essere sempre in continua ansia verso la tutela di cio' che ci appartiene. Una menzione particolare vanno per i due monologhi "La mocciosa", in cui Benni da saggio evidente con il suo sguardo sornione delle nuove generazioni e "Suor Filomena" che rappresenta le contraddizioni e come ci adattiamo a quel che la vita ogni tanto ci impone.


E' un libro da leggere e assolutamente imperdibile che sembra paradossale che sia stato scritto da un uomo, ma che coglie fino all'ultima goccia il mare immenso della contraddittorietà dello spirito femminile con un pizzico di ironia. All'interno, intervallando un monologo con l'altro, ci sono delle moderne ballate che si concludono con una, che se ho ben capito era stata scritta per De Andrè, canzone molto toccante. Un Benni inedito per me i cui precedenti, nelle mie letture, erano "Bar dello sport duemila" e "Il bar sotto il mare" ma che per quanto mi riguarda sembra aver centrato pienamente l'oggetto della sua osservazione. Per citare la "fatina della lettura" (che stavolta non ci entra con l'acquisto di questo libro preso all'autogrill in un momento di acquisto compulsivo) Mister Benni chapeau! 




Le Beatrici
Stefano Benni
Feltrinelli Editore, ed 2011
Collana "I narratori"
Prezzo 9,00€




mercoledì 20 aprile 2011

[Dal libro che sto leggendo] "L'isola di cemento"





[..] Lo sorprendeva il piacere, seppur lieve, provato nell'umiliare la ragazza, giocando con i suoi confusi sensi di colpa e schernendola con una ferocia di cui non si sarebbe mai creduto capace. Per contro, l'umiliazione di Proctor era stata totalmente premeditata: aveva mortificato il vecchio bestione più brutalmente che aveva potuto. E, a sua volta, quell'atto di crudeltà  gli aveva procurato un certo piacere . Aveva assaporato la violenza del confronto: era consapevole di soggiogarli, in parte perchè voleva vendicarsi, anche se capiva che, per una logica paradossale, i maltrattamenti non erano sgraditi nè alla ragazza e nè a Proctor. L'aggressività di Maitland corrispondeva alle loro aspettative, all'idea che più o meno inconsciamente si erano fatti di se stessi; e pur insospettito dal gusto che provava a commettere quelle piccole crudeltà, Maitland aveva deciso di andare fino in fondo. Deciso di sopravvivere a tutto ciò che aveva scoperto dentro di sè proprio come in passato aveva sfruttato il disprezzo e l'autocommiserazione. Ciò che ora importava era dominare il vagabondo rimbambito e la ragazza di strada.[..]


L'isola di cemento
J.C. Ballard
Feltrinelli editore, ed 2007
Collana "Universale economica"
Prezzo 7,50€ 



domenica 17 aprile 2011

L'ha detto...Chiara Lubich




Niente di più organizzato di ciò che l'amore ordina e nulla di più libero di ciò che l'amore unisce.

(Chiara Lubich)

venerdì 15 aprile 2011

"La signora dei funerali" Madeleine Wickham - Questioni di cappelli e gusti...


Quando si dice il caso, donne cappelli e uomini da spennare, saltano fuori alla chetichella dalle mie letture di Febbraio, con un romanzo comperato più per titolo e copertina che per fiducia nella scrittrice. E come ho detto da qualche parte se io e la Wickham o Kinsella, come si fa chiamare per un'altra serie di libri,non ci siamo incontrate un motivo c'era e ora lo so. C'e' una linea di demarcazione sottilissima che fa passare il romanzo rosa, da questa categoria a raccolta di ovvietà e questo romanzo si inserisce proprio nel mezzo fra le due ora sbordando da un lato e ora nell'altro.

La storia si riassume in poco, donna 40enne con figlia a carico avuta da uno che doveva essere una notte di divertimento, suole adescare i suoi compagni, mai mariti, alle commemorazioni delle loro mogli defunte. Salta da un letto ad un altro con la medesima facilità con la quale cambia il cappellino che ritiene adatto alla commemorazione cui sta andando a conoscere la vittima successiva. La storia si dipana in un adescamento, appunto, di un vedovo ricco da spennare.
Ora il mio racconto della trama terminerà qua per permettervi, qualora decideste di comperarlo, di leggere senza avere anticipazioni. La questione è che questo libro in pratica, a parte la storia dell'adescamento, raffigura una donna contemporanea che poi diventerà, anzi lo è già,  modello per le adolescenti e le donne adulte, non dimentichiamo che Kinsella e' l'idolo di molte donne di una fascia ben ampia che va dai 20 ai 40anni. Una donna attentissima all'esteriorità, all'apparenza cui poco importa il resto, ma questo sarebbe il minimo! Quel che a noi donne viene spesso contestato è il vendersi per una promozione. In effetti questa donna è molto peggio, perché a lavorare non ci pensa proprio, non le importa assolutamente nulla ne della figlia e ne degli altri, se non del conto in banca e di una gold card. Che e' poi lo stesso tipo di donne contro le quali spesso si dice tutto il male possibile.

Problema: dov'è che la donna che si sistema, anche per amor proprio, finisce di essere una donna curata e inizia ad essere una donna d'abbordaggio? Quale momento ha stabilito che le donne innocenti e a volte civettuole , nate per maritarsi, come quelle di Jane Austen o quelle sfortunate ma volitive delle sorelle Bronte o anche dell'italianissima e "signora del romanzo rosa" italiano Liala hanno smesso la loro dignità di donne per diventare arrampicatrici sociali non interessate ad autodefinirsi con il duro lavoro ma a cercare una via semplice per ritagliarsi la propria fetta di celebrità e quindi auto-dimostrarsi che sono vive? 
Non so quando questo momento sia arrivato, ma sono certa che buona parte del lavoro sia stata fatta dalla macchina imperante del marketing che tutto circonda e tutto cerca di vendere. Quindi se "io valgo" solo perché uso uno shampoo che senso ha dimostrare che valgo perché ho studiato? Kinsella o Wickham, o come la volete chiamare, dimostra tutto questo in un libro. Donne vuote, insipide e senza definizione, isteriche e incapaci di ribellarsi che si affaccendano attorno a uomini insulsi e che cadono sempre dalle nuvole e che contestualmente si stupiscono di tanta cattiveria ma ne sono completamente succubi. Il tutto racchiuso in un romanzo che non ha un perché, non c'e' un motivo di partenza e nemmeno una morale è solo una serie di fotogrammi che iniziano e finiscono con la medesima vacuità di soap opera.

Inutile dire, che probabilmente non è il mio genere, che non mi rispecchio nemmeno un po' nella rappresentazione di questa donna e nemmeno nell'idea della stessa. E' altrettanto fuor di dubbio che non ho gradito questa storia perché mancante palesemente di obiettivi e credo di non essere fatta per i romanzi da ombrellone perché non ne trovo l'utilità finale. E' comunque un'esperienza da fare, perché spesso si rifiutano dei generi aprioristicamente senza sapere se proprio ci disgustano o no ma senza aver mai letto nemmeno una riga di quel che dicono. Non nascondo che sia stato un po' arduo leggerlo anche perché nemmeno ha un finale un po' forte ha spezzasse la mancanza di ritmo della narrazione. 
Possiamo tranquillamente dire che la mia passione per i libri che attirano la mia attenzione per copertina e titolo stavolta non ha premiato. 
In fondo l'apprezzare questo romanzo, è tutta una questione di cappelli, che a me piacciono, tranne quelli da funerale che personalmente trovo stucchevoli e fuori luogo...


La signora dei funerali
Madeleine Wickham
Mondadori Editore, ed. 2009
Collana "Oscar bestsellers"
Prezzo 9,50€





mercoledì 13 aprile 2011

"Toxic", Hallagrimur Helgason - Pulp o non Pulp, questo e' il problema...




Come già detto in qualche recensione precedente non c'e' sempre una ragione vera per acquistare un libro. E in questo caso è cosi'. Mi è stato segnalato da Amazon in virtu', almeno cosi' spiega il sito, dei libri che ho acquistato ultimamente o che ho segnalato come già miei. Quello che ha attirato di piu' la mia attenzione e' la copertina dove la descrizione del libro e dell'autore non sono in seconda e terza (di copertina, perdonate la ripetizione) ma sono inseriti armoniosamente nella prima e nell'ultima pagina a comporre il format dell'immagine con il titolo.

Come spesso avviene, quando faccio questi acquisti che io definisco *estetici*, è stata una piacevole scoperta. Questo libro non è Pulp come ho visto ammiccare in qualche recensione. Il genere Pulp da wikipedia sarebbe:
"Il pulp è un genere letterario che propone vicende dai contenuti forti, abbondanti di crimini violenti, efferatezze e situazioni macabre e che di norma va a braccetto con l'hard boiled, il poliziesco e l'horror."
Non è nato con l'ormai famoso film Pulp Fiction di Tarantino ma bensì
"Il genere pulp nacque nei primi anni venti con storie pubblicate a puntate su riviste (le cosiddette Pulp magazine) di 128 pagine dalle sfolgoranti copertine ma con le pagine interne stampate su carta non rifilata di polpa di legno (in inglese pulp), quindi di infima qualità."
e le storie che componevano questa rivista erano:
"Contenevano storie avventurose, fantastiche e ricche di suspense, spesso con protagonisti mascherati, ma quasi sempre con donne sensuali ritratte in copertina."
Ebbene tenendo conto di tutto ciò, qui dentro di Pulp ci sono solo le descrizioni delle donne. Detta alla Toxic, che ne e' anche il protagonista di professione sicario, le donne si distinguono da quanti giorni ti ci vorrebbero in una situazione limite, dove non hai altro e nessuno, a volerle possedere. Tutto qui. Gli efferati delitti narrati, non sono riconducibili a questo genere, e forse non ne hanno nemmeno voglia di essere cosi' associati. La narrazione infatti non serve, come potrebbe sembrare, a elencare una serie di azioni delittuose al limite ma a far conoscere il protagonista e ad accentuare la dicotomia fra quello che era e quello che sta diventando. L'eccezionalità di questo racconto e' la finezza con la quale il protagonista "non descrive" la sua evoluzione; la difficoltà e' proprio questa quella di rendere l'idea di un qualcosa che sta accadendo a qualcuno, che narra agli altri attraverso i propri pensieri e occhi, facendogli intuire qualcosa che nemmeno il narratore/protagonista vede, perchè direttamente coinvolto, ma fermamente convinto di essere reticente al cambiamento stesso. Complicata la spiegazione? Figuratevi quanto e' piu' difficile metterlo per iscritto. Ed è qui che questo autore non solo è riuscito ma ne è maestro, si muove e si divincola in questa situazione senza dover far appello a troppi personaggi o a storie parallele. La sua attenzione è concentrata sul suo protagonista e sulle convinzioni dello stesso che quasi pare un resoconto di una vita realmente vissuta invece del parto fortunato della fantasia di un autore, a mio avviso, geniale.

Non e' un romanzo Pulp nella misura in cui non e' fine a se stesso, non si croggiola nello stile appartenente a questo genere ma ne usa lontani riferimenti per costruire una storia a tratti ironica e a tratti stupita di una rinascita nell'inferno/paradiso dei sicari. Toxic al secolo Tom Boksic, il cui appellativo che da il nome al titolo e' il risultato di una abbreviazione americana, viene dal'ex Jugoslavia e a New York, dopo l'ormai famosa guerra dei Balcani, è diventato un maestro nella sua nuova attività: sicario per la mafia balcanica. Nel suo lavoro non è secondo a nessuno ma gli viene chiesto di far fuori uno che poi si rivela essere in realtà un agente dell'FBI ed e' quindi costretto ad abbandonare l'America sotto copertura per scappare ai federali. Fin qui non vi ho raccontato altro di quel che c'e' scritto in copertina.

Quel che è spettacolare e' il rapporto fra il sicario e la sua nuova patria acquisita. Qui si che diventa un po' Pulp perche' arrivato in Islanda terra di luce per interi giorni e di notte per altrettanti, di freddi artici, di pace e dove non esiste un esercito e nessuna arma, tanto per rendere ancora piu' difficile la vita di Toxic egli viene a contatto con le sette cristiano-ortodosse che nel luogo hanno la meglio. E' un po' come mandare un porno divo in un convento di suore. Ecco in questo è Pulp alla maniera di Tarantino che viene ogni tanto citato nel testo. L'associazione finisce qui, perche' poi tra una situazione surreale e l'altra, narrata dal sicario in prima persona, si passa ad affrontare il tema successivo ovvero se una patria tanto pacifica sia o no inferno o paradiso di un sicario e quanto tempo di vuole per rendersi conto che le condizioni di vita sopratutto quelle piu' estreme possono cambiare l'uomo anche se lui non ne è parimenti convinto o cosciente.

Questo è un libro spettacolare, non vi prometterà nulla di cio' che non puo' darvi, ma vi stupirete di quanto sia spettacolare la semplicità. Non servono situazioni alla James Bond o alla Tarantino per vedere il marcio e l'alternativa che sembra sempre un po' sbiadita. Serve il cuore. Il cuore di un uomo che uccide per professione e ha iniziato a farlo per costrizione in guerra. Il cuore di un uomo che pulsa nelle parti basse quando vede una donna. Il cuore di un figlio e di un padre che sopportano un grande segreto. Il cuore che cambia in incognito per evitare di raccontarsi quel che si è perchè è piu' semplice e probabilmente più Pulp vivere nel dubbio. Tutto questo raccontato sorridendo dalla prima fino quasi all'ultima pagina. E' un libro imperdibile che ho amato dalla prima all'ultima pagina che ha un format esterno spettacolarmente semplice, quanto il testo che racchiude, mistificando con maestria tutto un mondo nascosto che però, l'autore ci fa abilmente vedere, in sapienti e misurate fessure di un sipario all'apparenza consunto che in realtà e usurato ad arte.


Toxic.
Come smettere di ammazzare la gente e imparare a lavare i piatti.
Hallagrimur Helgason
ISBN Edizioni, Ed 2010
Collana "Special Books"
Prezzo 15,00€




domenica 10 aprile 2011

Intervista a Giorgio Faletti sul suo ultimo libro "Appunti di un venditore di donne" per La stampa

Bellissima e scanzonata intervista di Giorgio Faletti per La Stampa. Si puo' amare o no questo autore, ma non si puo' dire che non riesca sempre a stupirsi dei suoi successi. E' uno dei pochi autori, forse per un passato televisivo, che non si crogiola nel suo "essere scrittore".


Il libro di cui si parla:
Appunti di un venditore di donne
Giorgio Faletti
Baldini Castoldi Dalai Editore, ed 2010
Prezzo 20,00€

venerdì 8 aprile 2011

"Dieci piccoli indiani." Agatha Christie - La strategia dell'osservazione..



Stanza vuota e chiusa, dentro un uomo e fuori un altro che lo osserva da una posizione privilegiata. Chi ha piu' potere chi sta dentro o chi sta fuori? Chi sa, chi ha il potere dell'osservazione e quindi conosce l'osservato. E se invece osservato e osservatore fossero nella stessa stanza? Sarebbe sempre l'osservatore perché avrebbe una informazione in piu' rispetto all'osservato visto che saprebbe cosa deve notare. E' questa la riflessione nella postfazione della riedizione, ennesima, degli scritti di Agatha Christie prende spunto dal saggio sulle carceri e i regimi carcerari di Focault "Sorvegliare e punire" e in particolare partendo da questa affermazione:
"Vedere, secondo Focault, equivale a sapere: colui che osserva ha la sicurezza di conoscere. Vedere equivale quindi a potere, e vedere senza essere visti equivale perciò a sapere senza rendere partecipi gli altri di questo potere."

Il paragone è calzante in particolare per questo giallo (uno dei pochi nella storia del giallo) che e' talmente perfetto da dover necessitare della confessione dell'assassino per comprendere come sia stato possibile realizzare una tale strage. La caratteristica peculiare di questo testo, in fondo, e' la piu' semplice ovvero che  mancano gli investigatori sostituiti dalle vittime stesse, che sono state invitate a trascorrere un periodo di vacanza a vario titolo da il misterioso U.N. Owen (che ricorda nella pronuncia il vocabolo "unknown" che significa non conosciuto o sconosciuto), e che, al contempo, sono sia la parte della legge che indaga sui delitti e sia giudicati nelle colpe che hanno commesso.

In effetti non avevo mai pensato ad un giallo come ad una versione di rappresentazione del potere dell'informazione e della decisione e potrei anche essere sommariamente d'accordo con questa pregevole postfazione, che però pecca di consistenza nello sviluppo dell'argomentazione, soffermandosi solo al punto saliente che vi ho trascritto. "Dieci piccoli indiani" suggerisce a mio avviso di più. Suggerisce che il potere della condanna, non dovrebbe trascurare nessuno, sia chi solitamente giudica e sia chi solitamente e' dall'altra parte della barricata. Partendo da questo presupposto e scendendo a queste conclusioni potremmo aggiungere che in questo circolo vizioso anche la società rischia l'annullamento perché se e' vero che l'informazione è potere e' altresì vero che l'interpretazione di quest'ultima e' sempre oggettiva almeno nel campo del giudizio. Quindi sostanzialmente potremmo sostenere che per una società sana il giudizio deve essere inequivocabile perché' scritto a chiare lettere sulle regole/leggi cui la società stessa fa riferimento se vogliamo sopravvivere alle regole che ci imponiamo. Ma se le leggi non sono piu' interpretabili l'eccezione dovuta all'interpretazione non e' più concessa, e come spesso mi capita di pensare: qual'e' delle due versioni la migliore?

Se poi vogliamo parlare specificatamente del lavoro in questione, posso dirvi che questo e' un caposaldo della Christie, che per i cultori del genere giallo, non puo' assolutamente mancare dalla lista dei libri letti o da leggere. Ho sempre amato i gialli di questa scrittrice perchè li trovavo sempre in giro per case e perché risultavano sempre un un piacevole diversivo ma, confesso, di non esser mai riuscita a scoprire il colpevole finché non finiva il libro. Questo giallo è sempre stato un must per la tecnica di svolgimento della trama ma anche per l'elevato numero dei personaggi (di gialli con tanti personaggi non ce ne sono moltissimi e i più conosciuti sono sempre appartenenti alla stessa scrittrice).
L'ultimo consiglio che vi posso dare,senza rovinarne la lettura, e':
Attenzione a che non si rompano i vostri piccoli indiani!


Dieci piccoli indiani
Aghata Christie
Mondadori Editore, ed 2002
Collana "Oscar scrittori moderni"
Prezzo 8,50€






mercoledì 6 aprile 2011

[Dal libro che sto leggendo] "Il professore di desiderio."


Questo è un libro che e' finito in casa nello stesso modo in cui ce n'e' finito un altro che si chiama "L'amore e' una budella gentile" di Busi ovvero sbirciando fra i libri che erano segnalati da uno dei miei contatti, Stefano. Nello specifico il titolo di Aldo Busi era quello da lui segnalato, mentre questo era uno dei disponibili ma l'autore è lui, Philip Roth, uno scrittore che Kundera ha definito "un grande storico dell'erotismo moderno... Parla di una sessualità che sa mettersi in discussione; ancora edonismo, ma un edonismo problematico, ferito, ironico. Unisce in modo del tutto inedito confessione e ironia. E' infinitamente vulnerabile nella sua sincerità e infinitamente esclusivo nella sua ironia." Ora se nel caso di Busi la curiosità era data  dal titolo del libro, qui la curiosità sta nella definizione dell'autore, cosi' si puo' dire che ho scelto un titolo abbastanza recente del 2009 ripubblicato nel 2010.

[..]Mentre Claire va con il professore americano, e con la macchina fotografica, a visitare i giardini del castello, io vado a prendere un tè con il professor Soska, la nostra guida ceca. Quando i russi hanno invaso la Cecoslovacchia ponendo fine al movimento riformista della Primavera di Praga, Soska e' stato licenziato dal posto all'università, "collocato a riposo" con una minuscola pensione. Anche la moglie, una ricercatrice scientifica, è stata allontanata per ragioni politiche e, per mantenere la famiglia di quattro persone, da un anno lavora come dattilografa in uno stabilimento di confezione della carne. Mi chiedo come faccia il professore in pensione a tenere alto il morale. Il suo abito con gilè e' impeccabile, l'andatura è scattante, la parlata briosa e puntuale - come fa? Cos'è che lo fa alzare la mattina e addormentare la sera? Cos'è che lo tiene su nel corso della giornata?

- Kafka, ovviamente, - dice sfoderando di nuovo il suo sorriso. - Già, è cosiì; molti di noi sopravvivono grazie a Kafka, e poco altro. Anche gente della strada che non l'ha mai letto. Quando succede qualcosa si scambiano un'occhiata e dicono: "E' Kafka". Intendendo: "E' così che vanno le cose". Intendendo: "Cos'altro ti aspettavi?"

- E la rabbia? Si placa quando scrollate le spalle e dite "E' Kafka"?

- Per i primi sei mesi dopo l'arrivo dei russi ero in continuo stato di agitazione. Ogni notte andavo a riunioni clandestine con i miei amici. Un giorno su due facevo circolare una nuova petizione illegale. E nel tempo restante scrivevo, nella mia prosa più lucida e precisa, con le mie frasi più eleganti e ponderate, enciclopediche analisi della situazione che poi circolavano in samizdad fra i miei colleghi. Poi un giorno sono svenuto e mi hanno portato all'ospedale con un'ulcera perforata. Sulle prime ho pensato, bene, me ne starò a riposo per un mese, prenderò le medicine e mangerò la mia sbobba e poi... ebbene poi cosa? Cosa farò quando smetto di sanguinare? Tornerò a interpretare K. per il loro Castello e il loro Tribunale? Potrebbe continuare per sempre, come sanno bene Kafka e i suoi lettori. Quei suoi patetici, speranzosi, testardi K. che corrono come matti su e giu' per tutte quelle scale in cerca di una soluzione e attraversano febbrilmente la città contemplando i nuovi sviluppi che li porteranno, nientemeno, al successo.Inizio, sviluppo e, cosa più inverosimile di tutte, fine... è così che si illudono di far svolgere gli eventi.

- Ma lasciando da parte Kafka e i suoi lettori, come si possono cambiare le cose senza opposizione?

Di nuovo un sorriso, che nasconde Dio solo sa quale espressione che gli piacerebbe mostrare al mondo. - Signore , io ho reso nota la mia posizione. L'intero paese ha reso nota la sua posizione. Il mondo in cui viviamo adesso non è quello che avevamo in mente. Per quanto mi riguarda, non posso rovinarmi quel che resta dell'apparato digerente continuando a chiarirlo alle autorità sette giorni alla settimana.
- E cosa fa invece?
- Traduco Moby Dick in ceco. Ovviamente esiste già una traduzione, e anche molto buona. non c'e' alcun bisogno di un'altra traduzione. Ma e' una cosa che ho sempre avuto in mente, e adesso che non ho nessun altro impegno, be', perche' no? [..]


Il libro da cui e' tratto:


Il professore di desiderio
Philip Roth
Einaudi editore, ed 2010
Collana "Super ET"
Prezzo 12,00€

domenica 3 aprile 2011

L'ha detto...Julio Cortázar



Uno scrittore di racconti sa che il tempo non è suo amico.

Julio Cortázar


venerdì 1 aprile 2011

"Io casalese", Antonio Trillicoso - Giovani e generalizzati...

Immagine presa da qui

Parlare di questo libro è semplice e al tempo stesso complicato, perché questa raccolta di racconti, non si propone di cercare consensi ma solo di parlare, attraverso i pensieri di un giovane di 16 anni, di una realtà che si pensa conosciuta, ma che troppo spesso è immaginata come generalmente deviata. Quello che è carattere distintivo della nostra contemporaneità è la grande facilità a "generalizzare". Così avviene non solo per Casal di Principe ma anche per Scampia oppure per l'ormai famoso quartiere della Magliana che addirittura è famoso per due opposti "la banda" e i "Cesaroni". 
Generalizzare fa' si che ci si aspetti che alla Magliana, parlino tutti con spiccato accento romano, spillino vino e magari i figli vadano a commettere rapine o crimini. E se questo vi fa ridere, sappiate che fondamentalmente abbiamo sostituito le dicerie di una volta come "torinesi falsi e cortesi" o anche i pregiudizi su alcune regioni o città come "i genovesi sono tutti tirchi" con questa serie di nuove convinzioni, che non solo continuano a ferire gli interessati,  ma dimostrano in maniera inappellabile che la nostra nuova società non si è affatto evoluta rispetto la precedente.
Il problema non è poi tanto che un pubblico lontano pensi che al nome "casalesi" corrispondano solo il gruppo di affiliati o facenti parte dell'omonimo gruppo di clan, ma è pratico ovvero lo vivi come un mero atto di razzismo nei tuoi confronti. Pensare ai casalesi come tutti camorristi è come pensare che chi non ha il nostro stesso colore di pelle sia sporco e così via. Fondamentalmente bisognerebbe utilizzare la parola "ignoranza", ma si sa a noi italiani, piace etichettarci in maniera estrema e quindi ci piace autogiudicarci male, per poi scendere in piazza a dimostrare che non siamo cosa diciamo di essere e che all'estero siamo convinti pensino di noi solo perché lo sentono dire da noi! Lo so è una frase un po' contorta, ma in fondo è abbastanza vicina al reale.

Cipriano, è il protagonista e voce narrante di questo "senso di vuoto" e di "non comprensione" di una visione deviata adulta che genera una realtà deviata. E' figlio di un'onesta famiglia di lavoratori, va a scuola e sbriga le incombenze giornaliere assegnategli, forse meglio di molti giovani di oggi. Ma abita nel famoso triangolo della camorra che fu oggetto di uno dei racconti che compongono l'ormai famoso libro "Gomorra" e dei tanti altri che ne sono seguiti. Il fatto che sia così famoso dovrebbe farlo stare sotto i riflettori, dovrebbe impedire che certe cose avvengano e dovrebbe far vivere, chi della legalità ne fa un'abitudine, in maniera normale e alla luce del giorno, ma non è cosi'. E' come se questi riflettori avessero il loro cono di proiezione settato un po' più in alto rispetto il terreno e quindi lo spettatore non vede tutto, ma solo la parte che gli viene restituita dal teleschermo senza rendersene conto. E questa voluta mancanza fa si che in una provincia, che di solito ovunque essa sia ubicata genera sempre un pò di problemi nei giovani (che si sentono sempre isolati dal mondo cittadino) e che ha un'alta concentrazione camorristica  - e non "è piena di soli camorristi"-, quella "zona d'ombra" permetta alle cose di andare comunque come sempre sono andate a dispetto dello "sdegno" sfoggiato all'uopo in questa o quella manifestazione del ricordo o di questa o quella proiezione di film denuncia. Quello in fondo è spettacolo. Quella che vive, invece, Cipriano è la vita vera; una vita che, se fosse perfetta, sarebbe un film e, invece, come può capitare a tutti è fatta di parenti a volte non tutti onesti, di amici alcuni dei quali alcuni potrebbero fare scelte discutibili e di altri che invece vivono normalmente. Non c'e' nulla di diverso dalla vita di altri se non che alcune di queste eventualità hanno un nome conosciuto. 

Ora se quello che vorreste da questo libro è Gomorra (come è comunemente inteso questo libro), rimarrete delusi. Ma se volete essere guardati attraverso voi stessi, direttamente un po' più sotto del cono di proiezione, avete trovato il libro giusto, che vi spiega in semplici parole come voi vivreste questa vita, lì dove ogni giorno si additano le persone come camorriste non facendo caso al fatto che lo siano o no, ma solo per appartenenza geografica. Avrete trovato ragioni giuste per indignarvi, che non sono solo la questione mafiosa, ma il lassismo classico italiano che permette che sia comprabile tutto anche la rispettabilità. Così una macchina scelta per fare i "fighi" (temo che il temine sia desueto nel gergo odierno ma rende l'idea) facendo quelle che una volta chiamavamo le "vasche" in giro per il paese o per la città per attirare le ragazze, non è altro che la Bentley che il capo camorra vuole nel suo garage per attestare il fatto che "lui può", e sono medesime manifestazioni di una necessità di restituire una immagine silente ma inappellabile indipendentemente dalla regione in cui cio' viene fatto. Solo che lì si chiama camorra e da noi si chiama sventatezza giovanile; e quindi  questo linguaggio fatto di oggetto-> messaggio non è una caratteristica di Casal di Principe o Casapesenna. Pertanto, seguendo il ragionamento della generalizzazione, anche noi,  cui almeno una volta nella vita ci è tanto piaciuto andare in giro con il macchinone, siamo stati tutti potenziali camorristi. Ma altresì vero che lo siamo ogni volta che generalizziamo perché facendolo alimentiamo una macchina infernale che permette di vedere solo una parte della medaglia e non tutta.

Ecco questo libro in fondo è questo, quel che c'è e non si vede, perchè la normalità non fa notizia e non si può passare sotto forma di scoop. A noi non fanno l'applauso ogni mattina quando arriviamo in ufficio, a scuola o in banca. In questo siamo tutti uguali da nord a sud. Ma se poi avviene qualcosa che destabilizza la normalità siamo sempre pronti a puntare il dito e a giudicare, quando i riflettori sono accesi,  su quel che ci fanno vedere e poi a dimenticare. Ci indignamo a comando, quando in una trasmissione ci dicono che quello "è il male", ma non ci preoccupiamo affatto di farlo quando un mobilificio per essersi rifiutato di vivere nell'illegalità perde il negozio o il magazzino in un incendio, al massimo possiamo dire "Non lo sapevo! Colpa della stampa!". Leggendo questo libro mi sono accorta che la mia realtà paesana non è molto differente da quella di Cipriano sono solo i nomi assegnati a queste cose che cambiano l'accettazione di questi fenomeni come non rilevanti qui e lì invece enormi tratti distintivi del fenomeno mafioso.

Probabilmente, se fossi un'insegnante e dovessi scegliere un libro da far leggere ai miei ragazzi, sceglierei questo che è scritto con un'attenzione molto particolare nel cercare di rispettare il pensiero di un ragazzo giovane che cresce e si trova man mano a guardare il suo mondo con occhi differenti. E non solo per far loro capire che generalizzare "è male", ma sopratutto per portarlo come esempio. Un esempio perché i valori che ha Cipriano fin dalla nascita oggi si danno un pò per scontati; perché nel vivere una situazione limite, scegliere su che strada rimanere in maniera così netta è sì frutto di una buona istruzione - forse, soprattutto familiare - ma è altresì scaturita da una intelligenza selettiva e analitica che permette di vedere non solo al presente, come molti di noi faremmo, ma anche al possibile futuro che si potrebbe prospettare. E non è una dote naturale. E' una scelta di vita, fatta da un piccolo adulto.
E' un libro scorrevole e sincero, che si legge veramente in un soffio ma che ti lascia una sensazione di benessere, perchè se nonostante tutta la generalizzazione, può ancora esserci un Cipriano, allora non siamo così in ritardo nel correggere i nostri errori consueti.

Piccola postilla informativa. Per avere questo libro io ci ho messo mesi, per poi scoprire che era possibile averlo in pochi giorni. Evitate tutte le librerie online o reali che non siano la FNAC che ve lo fornisce a stretto giro di posta anche ordinandolo sul suo sito: http://www.fnac.it/

Seconda postilla informativa (Giuro l'ultima!). Se siete educatori o semplici lettori e volete avere contatti con l'autore per presentazioni o informazioni c'e' un gruppo che gestisce lui stesso su Facebook che si chiama come il libro "Io casalese" e che trovate qui: http://www.facebook.com/home.php?sk=group_178135182223456&ap=1


Io casalese.
Un giovane di Casal di Principe racconta la terra dei clan.
Antonio Trillicoso
Diana Edizioni, ed. 2010
Prezzo 9,00€





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