mercoledì 25 novembre 2015

[Dal libro che sto leggendo] Tutta la luce che non vediamo


Fonte: Tripadvisor

Sono a cento pagine dalla fine, e devo ammettere che Doerr se lo è proprio meritato questo Pulitzer! Come dicevo al gruppo di lettura l'altra sera e forse ho accennato anche ad Elisa Gelsomino di "Odor di Gelsomino" con la quale lo stiamo leggendo insieme, il passaggio dalla Melodia di Vienna a questo è stato un vero salto nel tempo e nei modi di scrivere seppure, i due romanzi arrivino a trattare lo stesso periodo storico. C'è un punto in cui, sebbene uno sia concentrato sullo stato Austriaco e quello di oggi su quello tedesco, in cui non si sfiorano più ma si tangono con una breve ma toccante scena dove Doerr trova anche lo spazio di qualche riga per dipingere la Vienna dell'epoca.

Due ragazzi, sono nati a migliaia di km di distanza. Una è francese e l'altro è tedesco. Lei è orfana di madre e ha perso la vista presto. Lui è orfano di entrambi i genitori e vive, in una città mineraria tedesca in una casa di accoglienza per orfani. Lui appassionato e curioso studioso del mondo elettromagnetico e di comunicazioni radio e lei di libri, in particolare Verne e di giochi di incastri perfetti che il padre realizza per lei ad ogni compleanno.
Nulla li accomuna se non una voce. Non sanni chi sia, non sanno da dove trasmetta non sanno nemmeno che li accomuni. Sanno però che non capiscono le ragioni di una guerra che non hanno voluto e che invece vorrebbero potersi dedicare alle loro passioni senza che queste arrivino ad uccidere migliaia di persone.

Al momento non so nemmeno come finirà ma non credo che riuscirà a deludermi. Oggi Rizzoli mi odierà, ma per farvi capire quanto valga la pena leggerlo mi è toccato ricopiarvi un pezzo più lungo del solito. Che Dio mi salvi da eventuali dannazioni!
Veramente un bel viaggio,
buone letture,
Simona Scravaglieri


Zero
________
7 agosto 1944

I volantini


Piovono dal cielo al crepuscolo. Scavalcano in volo i bastioni, fanno le piroette sui tetti, sfarfallano nei dirupi tra le case, lampi bianchi sull’acciottolato di intere vie sommerse dal turbine. Messaggio urgente per gli abitanti di questa città, dicono. Dirigetevi immediatamente in aperta campagnaLa marea monta. In cielo pende una luna piccola, gialla e gobba. Sui tetti degli alberghi del lungomare e nei giardini retrostanti, dal lato orientale, cinque o sei unità d’artiglieria americane infilano bombe incendiarie nelle bocche dei mortai.

I bombardieri


Traversano la Manica a mezzanotte. Sono dodici e hanno nomi di canzoni: Stardust, Stormy Weather, In the Mood, Pistol Packin’ Mama. Molto più giù, il mare si muove lieve, picchiettato da infinite creste candide di onde; e ben presto i navigatori cominciano a distinguere al lume della luna i grumi bassi delle isolette allineate all’orizzonte. La Francia. Un crepitio di interfoni; precisi, quasi indolenti, i bombardieri scendono di quota. Dalle postazioni di contraerea disseminate per tutta la costa salgono filamenti di luce rossa. Ed ecco apparire relitti scuri, navi affondate o distrutte, una con la prua tranciata di netto, un’altra che manda bagliori bruciando. Su un’isoletta al largo, greggi di pecore terrorizzate corrono a sghembo fra le rocce. Dentro ciascun aeroplano c’è un bombardiere che sbircia dal finestrino di puntamento e conta fino a venti. Quattro cinque sei sette. Per questi uomini la cittadina fortificata, sempre più vicina sul suo promontorio di granito, somiglia a un dente scellerato, una cosa nera e pericolosa, un ultimo ascesso da incidere definitivamente.

Lei

In un angolo della cittadina, al quinto e ultimo piano della casa alta e stretta al civico 4 di rue Vauborel, una sedicenne cieca di nome Marie-Laure Leblanc sta inginocchiata dinanzi a un tavolino interamente ricoperto da un plastico. Il plastico è una miniatura della stessa cittadina in cui Marie-Laure si trova inginocchiata, e contiene le riproduzioni in scala delle centinaia fra case, botteghe e alberghi racchiusi entro le sue mura. C’è la cattedrale con la guglia traforata, c’è il vecchio, massiccio castello di Saint-Malo, ci sono le belle case allineate sul lungomare trapunte di comignoli. Un agile pontile di legno s’inarca nel mare da una spiaggia nota come plage du Môle; una struttura delicata come una trina sormonta il mercato del pesce; panchine microscopiche, alcune non più grandi di un semino di mela, punteggiano le piccolissime piazze. Marie-Laure percorre con la punta delle dita il parapetto di un centimetro che incorona i bastioni, tracciando un irregolare profilo stellato tutto attorno al plastico, e trova il varco che in cima alle mura alloggia quattro cannoni cerimoniali puntati sul mare. «Il Bastion de la Hollande» mormora tra sé, poi scende con le dita una scaletta. «Rue des Cordiers. Rue Jacques Cartier.» In un angolo della camera sostano due secchi zincati, pieni d’acqua fino all’orlo. Riempili, le ha insegnato il prozio, ogni volta che puoi. Come anche la vasca da bagno al secondo piano. Non si può mai sapere quand’è la prossima volta che tolgono l’acqua. Le dita tornano sulla guglia della chiesa, poi a sud verso la Porta di Dinan. È tutta la sera che Marie-Laure le fa marciare sul modellino, in attesa del prozio Étienne che è il padrone di casa, che è uscito la sera prima mentre lei dormiva, e che ancora non è tornato. E adesso è di nuovo sera, un altro giro d’orologio, e tutto l’isolato tace, e lei non riesce a dormire. Si accorge dei bombardieri quando sono ancora a cinque chilometri da lì. Un tramestio che sale. Il brusio dentro una conchiglia. Quando Marie-Laure apre la finestra della camera il rombo degli aeroplani acquista volume, ma a parte questo la notte è immersa in una quiete spaventosa: non si sente un motore, una voce, un acciottolio. Niente sirene, né passi sul selciato, nemmeno i gabbiani. Solo l’alta marea, cinque piani più sotto e un isolato più in là, che lambisce i piedi delle mura cittadine. E qualcos’altro. Qualcosa che stormisce dolcemente, vicinissimo. Marie-Laure scosta la persiana di sinistra e fa scorrere le dita sulle stecche alla sua destra: c’è un foglio di carta, venuto a impigliarsi proprio in quel punto. Lei se lo porta al naso: sa d’inchiostro fresco, e forse anche di carburante. La carta fruscia bene, non è lì da molto. Marie-Laure esita davanti alla finestra con i piedi nei calzini, la cameretta alle spalle, le conchiglie disposte in cima al guardaroba e i sassi lungo il battiscopa. Il bastone da passeggio è ritto in un angolo; il grosso romanzo in Braille attende sul letto a faccia in giù. Il frastuono degli aeroplani cresce.

Questo brano è preso da:

Tutta la luce che non vediamo
Anthony Doerr
Rizzoli Editore, ed. 2014
Traduzione di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani
Collana "la Scala"
Prezzo 19,00€

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2 commenti:

  1. Fortuna che non ci vediamo mai, altrimenti il mio conto corrente sarebbe perennemente in rosso! non posso, dico, non posso, acquistare tutti sti libri. Anche perchè, non saprei quando leggerli! Quindi smettila di scrivere questi post così invitanti!
    Un abbraccio

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  2. Vabbé, oramai questo libro lo hai visto, quindi lo posso almeno rencensire? 😝
    Sto ridendo come una matta! :D

    RispondiElimina

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