domenica 30 agosto 2015

L'ha detto... Fedor Dostoevskij

Fonte: Controinformazione.info

Nel caso all'uomo mancassero i mezzi, s'inventerebbe la distruzione e il caos, s'inventerebbe ogni specie di tribolazioni, ma di testa sua farebbe! 
 Fedor Dostoevskij

venerdì 28 agosto 2015

"Allegiant", Veronica Roth - Distopia divergente...

Fonte: Pagina Facebook Divergent

Se Matrix fosse un libro per ragazzi scritto ai giorni d'oggi sarebbe molto simile, nella sua struttura di trilogia, a quella di Divergent. Probabilmente sarebbe comunque più completo nella trama, ma la Roth darebbe del filo da torcere sul contesto che ha creato. Dopo Divergent e Insurgent, arriviamo al capitolo finale della saga - lettore ti sto dando l'opportunità di non leggere se non vuoi anticipazioni sulla trama, sei ancora in tempo a non proseguire! - che è il libro di cui parliamo oggi, ovvero Allengiant.
Devo precisare che ci sono due uscite successive a questo libro che riguardano il punto di vista di Four ma, come detto nella rubrica del [Dal libro che sto leggendo], sono completamente ininfluenti e quindi non scriverò altro in merito se non quello che trovate nel relativo post.
Probabilmente la storia non sarà da Pulitzer ma, come detto già in precedenza, il contesto, se fosse in mano ad un talento intrepido della scrittura - maschio o femmina non importa -, potrebbe dar vita ad un vero capolavoro. Come dimostrarlo? Semplice questo libro rimane spettacolare, nonostante un finale secondo me sbagliato - ha completamente ignorato la stessa soluzione che si era creata facendo un giro tortuoso e ricavandone uno poco verosimile -, con una trama che non è proprio il massimo.

Vi avevo già detto nella recensione di Divergent che questa saga ricorda quella di Matrix e, se nel secondo sparisce il riferimento al contesto - non nel film ma solo nel libro eh!- per dare più spazio alle paturnie della nostra eroina e all'ingresso di nuove e vecchie conoscenze, in questo libro il contesto si raffina e si amplia comprendendo fattori similari come:

  • l'eletto che qui diventa divergente;
  • il sistema che governa e gestisce gli uomini (fatto di macchine) che qui è fatto di scienziati;
  • la filosofia del sistema imperfetto, che qui è praticamente simile.

 Sono tutti i temi principali della trama dei primi capitoli. Scoperto infatti il messaggio che conferma che i Divergenti non sono "il male", bensì la risorsa del futuro, e che fuori c'è qualcosa che li aspetta, dopo fatti e fattacci che non vi racconto, un manipolo di coraggiosi esce di nascosto dalla recinzione e va alla ricerca di questi discendenti degli antenati che, come diceva l'antenata del messaggio, li stavano aspettando. E infatti così è, vengono scortati in un ex aeroporto, che scoprono essere il centro tattico di un grande esperimento che comprende una serie di città, che sono state lasciate distrutte dall'ultima guerra, nelle quali sono stati mandati uomini e donne che hanno scelto di dimenticare quello che avevano vissuto fino ad allora, grazie ad un siero, e di andare a costituire delle comunità-modello come Chigaco dove hanno vissuto fino ad ora. Quindi sono da sempre sugli schermi e controllati da questo gruppo di, eruditi, che intervengono in maniera del tutto invisibile laddove lo si renda necessario ma che, per scopo di ricerca, cercano di limitarsi in queste azioni non rendendosi visibili a nessuno che entri o ci sia già nella simulazione.

Perché sperimentare? A seguito di guerre batteriologiche l'umanità si trova a dover gestire o almeno è così che lo giustificano - altra falla rottiana -, uomini e donne che hanno un bagaglio genetico modificato e quindi impuro. Pertanto le città-sperimentali sono un po' come allevamenti dove controllare e individuare gli elementi divergenti, ovvero con un bagaglio genetico puro, perché secondo la teoria di questi illustri luminari - ricordatevi illustri luminari - se l'umanità avesse un codice genetico puro non ci sarebbero né guerre e né malvagità. Ora, signori illustri luminari, io non so in che schermo stavate guardando ma io non sarei così sicura che l'umanità si salverebbe in una situazione pacifica con Tris, visto l'effetto che le fanno i pacifici!(Vedi Insurgent). Comunque la Roth ci tiene a dare "l'esempio educativo" e quindi, dopo aver lungamente discusso sulla razza pura o no, crea una situazione in cui  viene rifiutata la teoria "a priori" - della serie siamo tutti speciali - ma non vi dico perché ve lo leggete da soli.

Il contesto, quindi, qui si raffina; se ieri avevamo un pentagono diviso a triangoli tutti uguali in cui ognuno rappresenta una fazione (Abneganti, Eruditi, Intrepidi,Pacifici e Candidi) e attorno al pentagono trovavamo il cerchio che lo racchiudeva in cui erano contenuti gli esclusi, oggi ci troviamo di fronte ad una struttura similare ma opposta. Similare perché anche qui esistono delle simil fazioni (scienziati, Impuri, Divergenti, Esclusi - che vivono fra le rovine - Governo Usa, mondo sconosciuto) ma la situazione è completamente opposta. In Divergent gli abneganti vengono attaccati dagli eruditi per poter prendere loro il potere e il governo, qui è il governo che minaccia di chiudere gli esperimenti. E' da questa notizia che poi si raffina tutto il quadro che  giustifica l'esperimento: oltre all'eletto si cerca di trovare le caratteristiche della "società perfetta" che possa replicarsi fuori nel mondo, chiamiamolo, reale. 

In Matrix, Morpheus catturato dall'agente Smith che vuole mettere le mani su colui che è una smagliatura del sistema, ovvero l'eletto, si sente raccontare la storia della "definizione del sistema" in cui pensano di vivere milioni di uomini sotto simulazione; Smith in tutta sostanza dice che all'inizio il sistema creato era a suo modo perfetto, dove tutti teoricamente avrebbero dovuto essere felici e appagati, ma gli esseri umani non avevano reagito nel modo previsto cominciando ad autodistruggersi, togliendo quindi linfa vitale al sistema che se ne nutriva. Quindi si era dovuto rilasciare un nuovo sistema che replicava la vita precedente per poter garantire che l'uomo riuscisse ad adattarvisi. Anche qui la Roth arriva alla stessa conclusione: Chicago è una "città modello" che ha resistito più di altre perché è un sistema sociale chiuso ma soprattutto soggetto a ferree regole come per esempio la razionalizzazione dell'energia e dei beni disponibili, la necessità di continuare a creare un mondo vivibile, le regole ferree sull'appartenenza alle fazioni e la conseguente minaccia dell'esclusione a chi non si adegua. Questo rende la società funzionale perché, ironicamente, è una conclusione cui arrivano tutti prima o poi; il "sistema" sul quale si basa l'oganizzazione di ogni società umana ha bisogno, per funzionare, di avere obiettivi e dei ruoli. E' l'obiettivo che rende la vita degna di essere vissuta, ma l'obiettivo deve essere sempre migliorativo, deve essere qualcosa cui tendere. Ed effettivamente è così che funziona nella vita reale, viviamo tendendo a quel qualcosa che ci permetta di cambiare il nostro status. Ed è una conclusione a cui pochi arrivano nella letteratura di genere, almeno per quel che ho letto io, di solito si fermano un po' prima - poi magari troverò un altro libro del genere e verrò in questo post a fare un aggiornamento!-.

Non sono tutti i temi che vengono fuori e potremmo discutere per ore su questo, ma è bello rintracciarli nel testo che è, dei tre, quello più aderente al genere distopico; spesso temi su cui si potrebbe veramente aprire una discussione vengono sì trattati ma solo come non avessero consistenza; un altro esempio è la questione della "Scelta" di quelli che hanno scelto di entrare nell'esperimento, scegliendo di dimenticare chi sono. "Scelgono" sostanzialmente di vivere in una menzogna, e di dimenticare che lo è, ma non lo "scelgono" solo per loro stessi, bensì lo fanno anche per le generazioni successive che vivranno all'oscuro di aspetti importanti della loro vita. E' un tema veramente interessante su cui si potrebbero fare milioni di declinazioni che, manco a dirlo, qui non ci sono. E' per cose come queste che dicevo nei vari post che Veronica Roth non ci ha creduto fino in fondo a quello che ha scritto, perché trovare tale concentrazione di temi importanti e interessanti da approfondire e non utilizzarli a tuo favore è un vero e proprio spreco. 
Sono 5 i facinorosi che hanno passato la barriera della città oltre a Tris e Four ci sono anche Uriah (fratello di un amico di iniziazione di Four e nel film quello che invita Tris alla scorciatoia dopo l'esercitazione tipo "ruba bandiera"), Christina e Cara (sorella di Will il ragazzo di Christina che Tris ha dovuto uccidere mentre era - lui- sotto simulazione per potersi salvare). I tre personaggi aggiuntivi sono fondamentali per fare da cuscinetto alle smanie di Tris e Four e avrebbero potuto essere usati per fare quest'opera di riflessione su questioni più pesanti ma, manco a dirlo, il risultato è solo un accenno qui e lì senza alcuna riflessione profonda.

Arriviamo alla sezione sieri. Anche qui c'è un più che vago riferimento a Matrix, in particolare nella sessione di allenamento mentale degli intrepidi. In Matrix, Neo e tutti gli altri combattenti, per entrare nel sistema devono essere collegati ad esso e, chi rimane fuori, può vedere che succede dagli schermi (nel caso di Matrix deve interpretare tra le colonne di numeri binari che passano sul video). Ricordate che vi avevo detto che qui c'è un siero per ogni cosa? Durante lo svolgersi della saga viene fuori che:

  • gli intrepidi hanno il siero della paura;
  • gli eruditi non si è ben capito, ma sicuramente producono i sieri per gli altri;
  • gli abneganti il siero della memoria;
  • i candidi hanno il siero della verità;
  • i  pacifici hanno il siero della felicità.
Ora, cara Veronica, se hai passato non so quante pagine a descrivermi tutta la questione del siero della memoria, perché al dunque ne cerchi un altro che ti fa completare questo libro così malamente? Non che io ci tenga ad avere una presenza o l'altra - se avete letto sapete, altrimenti avrò cercato di non fare lo spoilerone - ma porca paletta, come diceva una amica di vecchia data, usa quel che hai! Non ti ingarbugliare in situazioni alla Terminator perché, e te lo dico con tutto l'affetto che posso provare per due libri+un 30% di un altro, a te i duelli, le scazzottate, gli assembramenti di combattenti non è che vengano, in resa scritta, proprio proprio bene. Ok, potrebbe essere in parte questione di traduzione, ma la base è quella non è che il traduttore possa creare più di tanto eh! 

Infine, dopo questa lunga serie di considerazioni, posso dirlo tranquillamente che, secondo me,  anche con tutti i difetti del caso, questa è una saga da leggere e da conoscere, proprio perché, quasi sicuramente non scientemente da parte dell'autrice, ha una struttura contestuale favolosa. E, già così, pone riflessioni e temi che arricchiscono comunque li legga e si soffermi a pensarci su. Bel libro nonostante tutto e bella saga.
Buone letture,
Simona Scravaglieri

Allegiant
Veronica Roth
De Agostini Editore, ed 2014
Traduzione R. Verde
Prezzo 12,67€ (Copertina morbida)

Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 26 agosto 2015

[Dal libro che sto leggendo] Il cerchio del diavolo



Fonte: Mush Room Qualunque

Oggi parliamo di un libro che in effetti è stato già letto e anche recensito venerdì. Lavoro veramente interessante nel suo incastro fatto di continui contrasti fra personaggi e situazioni. In questo caso, come potrete leggere qui sotto, la scrittura scorrevole aiuta a prendere confidenza anche con il periodo. Siamo in quell'epoca in cui la chiesa gestisce il suo potere agendo sulle credenze e le leggende dei contadini.

Il rogo di una donna diventa un esempio, non tanto di salvezza quanto di morte. Il messaggio è chiaro, bisogna chinarsi alla legge dell'altissimo dettata dal clero altrimenti si verrà dannati in terra e nei cieli e, sebbene oggi questo ci faccia sorridere, nelle popolazioni ignoranti era un gran deterrente. Uno degli aspetti che viene comunque fuori e che difficilmente viene trattato nei libri è che anche il potere clericale non era così consapevole di quello che faceva. Pure nelle gerarchie si cercava di mantenere un livello basso di istruzione. Ai monaci bastava lavorare e saper leggere i salmi, ma come ci racconta Ginzburg per il suo Menocchio, l'istruzione era diversa da come la concepiamo noi.

Era una conoscenza cieca e non illuminata che serviva solo a far fare azioni che venivano ripetute e che non doveva permettere al pensiero di andar oltre. Un esempio lo abbiamo qui. Frati che si organizzano per fare un rogo uccidendo una donna che condannano come "prostituta del diavolo". Nessuno si domanda quali incartamenti o quali prove, la sessione di interrogatorio non è aperta a tutti, proprio come succede per il Menocchio. Sono secoli differenti, quello che racconta Ginzburg e quello che racconta Pantò, ma i comportamenti sono similari.

Un ottimo libro da leggere e da osservare attentamente per il suo modo di trattare la storia perché questa sia verosimile nel periodo in cui è ambientata.
Buone letture,
Simona Scravaglieri



26 giugno 1762  


E se qualcuno non fu trovato scritto 

nel libro della vita, 

fu gettato nello stagno di fuoco. 

Apocalisse 20, 15 

Al crepuscolo  

Sei, sei, sei, sei, sei, sei. Sei, sei, sei, sei, sei, sei. Sei, sei, sei, sei, sei, sei… Cento volte sei, più dieci volte sei, più una volta sei. Contò i passi meticolosamente, accostando ogni volta il tallone alla punta dell’altro piede. Girò in tondo, seguendo un cerchio ampio, immaginario ed eterno nella mente, alla ricerca della perfezione perpetua. Alla fine, si fermò a osservare la legna accatastata e i ramoscelli disposti in modo ordinato e impeccabile al centro.  «Un cerchio perfetto di seicentosessantasei passi» si disse soddisfatto il frate, descrivendo la parabola con un rapido gesto del braccio. «La porta d’ingresso per l’inferno è pronta.» Fra’ Giuseppe Pardo da Arona, elemosiniere del convento di san Calocero in Monte, sfregò soddisfatto i palmi delle mani sulle guance, fendendo con le dita la barba incolta. Poi li unì in preghiera, sfiorandosi la punta del naso con gli indici e poggiando il mento sui pollici. Quindi, orientò lo sguardo verso il cielo fuligginoso e rossastro al crepuscolo di una giornata afosa. Un ricordo di oltre cinquant'anni prima gli esplose all'improvviso nella mente, facendo contrarre tutte le grinze del volto solcato dall'età. Quel pulviscolo sanguigno, simile a vapore proveniente dagli inferi, era stato il segno premonitore di un terribile terremoto. Il vento furioso che si era poi scatenato, il rimbombo squassante, la terra che si era spaccata sotto ai suoi piedi e persino le fiamme che emergevano dal suolo avevano inciso segni indelebili nella sua anima di bambino, già allora poco propenso al coraggio e all'avventura.«Non è possibile» sbottò a un tratto fra’ Giuseppe scacciando le paure. «Stasera non è proprio possibile che accada. Il diavolo avrà già il suo lauto pasto.» Infatti, pochi attimi dopo prese a soffiare una brezza lieve e tiepida, la nebbiolina incominciò a sciogliersi nel vuoto profondo della notte e il rosso si stinse impallidendo e diluendosi nel bianco terso di una luna piena. Un urlo stridulo e prolungato attraversò le mura del convento e si propagò tra i boschi. Il frate sobbalzò voltandosi di scatto, si separò definitivamente dalle tracce dei suoi ricordi e decise di percorrere il cortile e rientrare. Camminava spedito, sussurrando una nenia funebre, intonando ripetutamente una frase che aveva letto da qualche parte e che gli sembrava particolarmente appropriata alle circostanze: «Strega, strega sei. Strega, sei la prostituta del diavolo. Strega, strega sei. Strega, sei la prostituta del diavolo…». A metà strada, un nuovo grido animalesco risuonò nelle sue orecchie, interrompendo quel ritornello sguaiato. Poi un altro ancora piovve dall'alto e si diffuse in rivoli sonori nei terreni intorno. Risvegliò l’ululare dei lupi e rimpiazzò il silenzio desolato delle campagne di quella parte del Ducato di Milano, dando il via a un’eco prolungata e monotona in cui non si distinguevano le impronte vocali dell’uomo da quelle delle bestie. Il convento di san Calocero in Monte emerse dalle ultime ombre della nebbia, chiaro e imponente sulla collina. Non solo le ampie volte e le colonne del loggiato, i tetti rossi spioventi, le mura candide, ma anche il solitario campanile e la sua punta protesa verso il cielo e verso l’Altissimo si stagliarono netti sul fondale della scena, dominato dal buio della notte. «Fratello mio, è la notte giusta per la festa dei lupi» disse il frate guardiano non appena fra’ Giuseppe Pardo da Arona si fu avvicinato al portone d’ingresso del convento. «Già, la festa dei lupi e la festa dei diavoli» rispose l’altro facendosi il segno della croce e guardando ancora una volta il cielo. Quell'ombra di timore ancestrale svanì subito dal suo volto, confortato dal fatto che i vapori rossastri avevano davvero lasciato spazio alla luna piena e splendente. «La pira per bruciare l’eretica è pronta?» domandò il frate guardiano fissando l’oscurità del cielo. «È perfetta, come ogni anno!» ribatté in tono rassicurante il frate elemosiniere. «E quest’anno c’è anche la strega» sorrise soddisfatto il frate guardiano. In effetti, non era capitato tutti gli anni ai frati domenicani, e agli inquisitori ospitati nel convento, di poter officiare quel rito tradizionale e crudele di purificazione, che si ripeteva dal 1592. Spesso era mancata la protagonista, perché il mondo non era forse più così popolato di streghe, oppure perché le eretiche si erano fatte furbe. In quei casi veniva simbolicamente bruciata un’effigie. Ma non era certo la stessa cosa. Solo la carne arsa di una strega, ingoiata dallo stagno di fuoco, porta d’ingresso dell’inferno, poteva purificare dai mali e dai peccati del mondo dei vivi. « La malerba l’è quèla che cress püssee… » affermò, mostrando un ghigno sdentato, fra’ Giuseppe. Poi chiese: «Ha finalmente partorito quella baldracca del diavolo?» mentre gli ritornava in mente la nenia che aveva canticchiato sino a qualche minuto prima. Proprio in quell'istante, un nuovo urlo risuonò dalle stanze del primo piano dell’edificio. «Non so» sussurrò timoroso il frate guardiano, sfiorando il crocefisso che portava al collo. «Forse è meglio che andiate a controllare di persona.» Fra’ Giuseppe si voltò lentamente, diede un ultimo sguardo alla pira ancora fredda e scura nel cortile, immaginò le fiamme che consumavano il peccato, e attraversò la soglia. Si lasciò alle spalle gli echi dei lupi che incominciavano a vagare nervosamente per i boschi. Il frate, prima di chiudere il portone, si fece il segno della croce in un gesto più superstizioso che devoto. Gli era sembrato, infatti, di veder ardere nel buio della notte tanti piccoli occhi di brace. Le bestie si erano forse avvicinate alla legna accatastata, pregustando uno spettacolo insolito e, magari, sperando in un pasto inaspettato. Intanto, annusavano l’aria e puntavano il muso e i denti aguzzi verso il cielo.

Questo pezzo è tratto da:

Il cerchio del Diavolo
Giuseppe Pantò
Rizzoli Editore e Amazon Eu, ed. 2014
Solo in ebook
Prezzo 4,99€


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domenica 23 agosto 2015

L'ha detto... Charlie Brown



Fonte: Pinterest

Una volta cercavo di prendere ogni giorno come veniva..sai, vivere alla giornata...La mia filosofia è cambiata: mi sono ridotto a vivere alla mezza giornata! 

Charlie Brown - Charles M.Schulz




venerdì 21 agosto 2015

"Il cerchio del diavolo", Giuseppe Pantò - Manicheismo e dintorni...

Fonte: West-Info

La prima volta che ho sentito parlare della dottrina manichea stavo leggendo Herling - conoscevo lo ying e lo yang, ma il manicheismo mi mancava proprio! -, e, in questo libro l'ho ritrovata anche se siamo in Italia, alla fine del 1700, in un'epoca in cui la classe clericale ancora si nutre della paura del popolino agendo sulla sua ignoranza e superstizione. E questo lavoro non è manicheo solo per la co-presenza del bene e del male come due entità distinte, ma anche per la continua contrapposizione di lati oscuri e parti illuminate che rendono dannazione e salvezza ogni volta in maniera diversa. Chi salva è biondo, innamorato, impavido, profondamente solo eppure ammirato e difeso. Chi offende è rappresentante di chi dovrebbe proteggere e non offendere, è oscuro e negletto, ha perso chi lo tutelava e l'amarezza e l'abbandono sono diventate, nel tempo, rabbia e odio.

Per contro, la Milano che ci viene raccontata alla luce del sole è stato terreno di conquista degli austriaci i quali sanno perfettamente che, in luoghi a loro oscuri, c'è chi si organizza per sobillare le folle contro il loro dominio che non è mai stato ben accetto. Qui è tutto contrapposizione e confronto e così rimane fino alla fine. La storia narra di due uomini che sono cresciuti in due luoghi completamente diversi fra loro, uno è un militare e l'altro un priore, che si trovano in una Milano in agitazione per la presenza, nei dintorni della città, di alcune "bestie" che attaccano e sbranano solo bambini. Oltre ad essere terribile è anche definito come il segno del diavolo che, trent'anni prima, spaventava e si impadroniva di giovani anime che vagavano nei pressi di Cusnago, Nel Convento di San Calocero al monte, fino a trent'anni prima venivano ancora messe al rogo le donne ritenute streghe o possedute dal diavolo. L'ultima è stata Lauretta Andreasi, donna sconosciuta, ritrovata impaurita nei boschi vicino al convento; lei era in preda al panico, ma venne giudicata come posseduta dal male e quindi condannata al rogo se non fosse che, per ragioni che non vi dirò, questa condanna dovrà aspettare ad essere consumata.

Giovanni Prandi nel 1792 torna a Milano, sua città natale, che non ha mai conosciuto approfonditamente perché, appena nato, fu affidato ad una famiglia di contadini e dalla quale fuggì per far fortuna finché non venne adottato da un militare di stanza in Francia. Ma, nel presente della narrazione, i suoi successi militari non sono ancora abbastanza per lui: gli manca ancora qualcosa. Di sua madre ha avuto in eredità solo un biglietto sgualcito che riporta un messaggio criptico e un disegno strano. Sa che è questo il momento di cercare di capire da dove viene ma non sa assolutamente dove e cosa cercare e oltretutto arriva in un momento in cui la caccia alla bestia richiede le attenzioni di tutti gli uomini abili alla caccia e quindi si deve dividere fra le sue ricerche e la necessità di catturare questo sordido animale.

Vi ho detto già abbastanza della trama, quindi accontentatevi! Il bello del libro, che come vi avevo detto è anche stato premiato nella categoria "Storia" (anno 2014) nel concorso indetto da BigJump e Rizzoli, sta proprio nella formula di contrapposizione continua di personaggi, situazioni e culture che creano un ritmo costante che non ha bisogno di particolari picchi e che però non mancano. La controparte di Giovanni è il priore del convento di San Calocero, e mentre Giovanni riscuote consensi, il frate suscita dissensi per il suo porsi nei confronti di coloro che dovrebbero essere il suo "gregge terreno". Alla Mialno dominata e succube, si contrappongono i primi movimenti massonici e figure di bassa estrazione si contrappongono ad altre di più alta estrazione mostrando la loro purezza e lealtà o viceversa. A questo ci si può aggiungere un'ottima conoscenza del periodo storico dell'autore, che non si tira indietro quando c'è da raccontare di duelli ma anche quando si tratta di spiegare le pratiche esoteriche ma anche quelle massoniche. Luoghi, personaggi, persino gli edifici hanno descrizioni accurate così anche i rapporti fra semplici conoscenti e quelli familiari. E' interessante fare questo viaggio nel tempo, in una Milano che praticamente che c'è ancora solo nei luoghi di culto che oggi sembrano soffocati dall'impianto urbanistico che gli si è sovrapposto o accostato nel tempo e che nella quotidianità dimentichiamo forse di osservare con il fare curioso e stupito di semplici turisti.

A questo si può aggiungere una scrittura tutto sommato scorrevole che però si arricchisce di vocaboli e modi di dire del tempo senza risultare complicata o barocca. La contrapposizione, fra il lato oscuro e quello illuminato degli uomini e del loro animo, si svela avvenimento per avvenimento e questo garantisce che in ogni capitolo e in ogni pagina possa nascondersi un nuovo evento che rimetterà tutto in discussione perché l'impianto della storia, ricorda lontanamente anche il genere noir che tanto si addice a questa città. Sotterfugi, messaggi, chiavi, rimandi a luoghi cittadini sparsi come indizi nei luoghi delle disgrazie saranno lo spunto per indagare e cercare di risolvere il mistero. I capitoli sono divisi in cerchi, un po' come fossero gironi, e ogni cerchio permette di avvicinarsi alla soluzione finale.

Non sono certa sappiate risolvere il mistero fino in fondo, perché gli indizi sono veramente tanti come lo sono anche le distrazioni rappresentate dalle situazioni minori. Sicuramente la storia è verosimile ed è raccontata in maniera estremamente realistica. Io non ci riuscita ma ho trovato veramente affascinate fare questo viaggio nel tempo. Quindi, fossi in voi, io uno sguardo glielo darei, tanto più che è disponibile solo in ebook quindi potete reperirlo con un click e ad un prezzo veramente conveniente per tutto il lavoro che c'è dietro!

Buone letture,
Simona Scravaglieri


Il cerchio del Diavolo
Giuseppe Pantò
Rizzoli Editore e Amazon Eu, ed. 2014
Solo in ebook
Prezzo 4,99€


mercoledì 19 agosto 2015

[Dal libro che sto leggendo] Una vita da lettore

Fonte: Flickr


Quando ho ritirato fuori la rubrica del "Diario di un mese di libri", ho dovuto constatare  che questa raccolta, nonostante mi piacesse un sacco, non fosse stata letto tutta. Un motivo c'è e, lo so perfettamente, è legato al fatto che Hornby in queste rubriche per me è pericolosissimo; avviene quando qualcuno, scrittore o no, è talmente bravo a parlare di libri che li compreresti tutti, cosa che, leggendo questo libro e il successivo (Shakespeare scriveva per soldi, Guanda, ed. 2010- prezzo 8,00€), avverrà sicuramente. Tra le scoperte della seconda raccolta ci sono stati i libri di Tom Perrotta e Robert Harris ad esempio. 

Ma la cosa che mi affascina di più è la magia che si crea in questa rubrica dove i lettori si sentono partecipi della vita dello scrittore. E' lui che li coinvolge nella propria intimità raccontando un po' di se stesso ogni volta che si trova a motivare una scelta di acquisto o di lettura. E poco importa se il "codice etico" del The Biliever dice tra le tante cose "NON CENSURARE", Hornby, nel rispetto dei suoi lettori scrive quel che va e quello che invece ci si può risparmiare. Ed è una cosa che facevo mia già prima di leggere questi libri ma che poi per me è diventata legge, come quella di non smettere di leggere anche per curiosità. Semplice e pura curiosità.

Lontano dall'inutile, per me, campagna de "Io leggo perché" io leggo per curiosità e perché mi diverte. Perché trovo interessante e istruttiva qualsiasi lettura possa trovare sulla mia strada, nel bene e nel male, e, soprattutto, perché, e in questo mi sento molto fortunata, ho conservato quella punta di intelligenza e di flessibilità che mi permette di sorridere anche dei miei acquisti sbagliati o dei libri noiosi anche se, il comune pensiero dice che quella è letteratura alta o bassa. Ecco, io non leggo per altezza, soffro pure un po' di vertigini, leggo perché voglio affrontare nuovi viaggi e nuove avventure indipendentemente da come gli altri considerino quello scritto. E, mi piace pensare, che chi mi legge sia un po' come me...
Chissà se riuscirò a finire anche questo senza andare in bancarotta, per ora vi lascio sbirciare qualche brano dell'introduzione che condivido particolarmente.

Buoni viaggi e buone letture,
Simona Scravaglieri



Introduzione 

[...]Peraltro il codice etico del Biliever mi ha fatto pensare a cosa leggo e perché leggo. Non volevo continuare a riscrivere le pagine offensive della mia rubrica, né tantomeno servirmi di formule come "scrittore innominabile" o "romanzo anonimo". Che fare, allora? La mia soluzione è stata tentare di scegliere libri che prevedevo di mio gradimento. Non sono sicuro che l'idea sia paurosamente ovvia come sembra. Spesso leggiamo libri che pensiamo di dover leggere o che dovremmo leggere (incontro ad ogni piè sospinto persone che hanno un loro elenco mentale, e a volte anche materiale, dei libri che pensano di dovere aver letto quando compiranno quarant'anni o cinquanta, o quando moriranno); sono sicuro di non essere l'unico che procede lungo le pagine di un romanzo baciato dagli elogi generali fra raschi di gola e alzate di sopracciglia: sgomento, ma in realtà piuttosto compiaciuto, che tanta gente abbia preso fischi per fiaschi. Di conseguenza, il primo alimento a venire tagliato dalla mia dieta di lettore è stato la narrativa contemporanea "alta". Che a me sembra la categoria più a rischio - almeno per me, dati i miei gusti.Non nutro un particolare interesse per il linguaggio. Meglio, nutro interesse per quello che del linguaggio può servirmi,  ogni giorno trascorro ore cercando di far s' che la mia prosa sia la più semplice possibile. Ma non ambisco a creare una prosa che attiri più attenzione su di sé che sul mondo che descrive, né certamente ho la pazienza di leggerla ( e temo di non essere il solo: tendenzialmente questo genere di scrittura è più ammirato dai critici che da chi compra i libri, se valgono come prova le liste dei best seller: i romanzi che hanno raggiunto un pubblico di massa nell'ultima decina di anni di solito richiedono ai loro lettori di guardare i personaggi attraverso una lastra di vetro relativamente trasparente). Non voglio asserire che i libri che mi piacciono siano "maglio" dei romanzi scritti in modo più opaco: sto solo mettendo in chiaro i miei gusti e i miei limiti come lettore. In parole povere a leggere certi libri mi annoio, e quando mi annoio tendo a diventare irritabile. Eliminare la noia dalla mia vita di lettore si è dimostrato sorprendentemente facile.E la noia, ammettiamolo, è un problema che molti di noi hanno finito per associare ai libri. Anche per questo preferiamo alla lettura quasi qualsiasi altra cosa: pochissimi di noi prendono in mano un libro dopo aver messo a letto i bambini, cenato e lavato i piatti- E' più probabile che ripieghiamo sulla televisione. Certe sere preferiremmo fare lo sforzo di salire in macchina e andare al cinema o aspettare un autobus che ci porti nelle vicinanze. In parte perché leggere ci sembra più impegnativo che guardare la tele, e di solito è così, per quanto se si decide di guardare una serie HBO, come I soprano o The wire, sia una bella lotta, perché in questi telefilm l'intreccio, il ritmo e la complessità del dialogo necessitano di attenzione come molta della migliore narrativa.Mi sembra che uno dei problemi sia l'aver stabilito che i libri debbano costare fatica, altrimenti non ci servono a nulla. Recentemente ho parlato con due amici, entrambi impegnati nella lettura di una lunghissima biografia politica comparsa in molte classifiche dei libri del 2005. Ma stavano annaspando. Entrambi gli amici hanno dei figli, tre ciascuno, guarda caso, e svolgono stressanti professioni a tempo pieno. Così ogni sera, nei pochi minuti concessi alla lettura prima del sonno, si avventavano coraggiosi su alcuni paragrafi dei prim(issim)i anni di un grande personaggio del XX secolo. Procedendo di questo passo avrebbero impiegato molti, molti mesi prima di finire la biografia, forse anche decenni (uno dei due mi ha detto di averla piantata lì per un paio di settimane, e quando l'aveva ripresa si era accorto che il segnalibro era più avanti di quanto sperava. Poi aveva capito che uno dei suoi figli aveva fatto cadere il volume e rimesso il segnalibro al posto sbagliato. Disperazione). La verità, naturalmente, è che nessuno dei due finirà mai questo libro, almeno, in questa fase della loro vita. Nel frattempo, però, avranno consolidato la convinzione che leggere un libro sia sinonimo di fatica improba.Non sto cercando di dire che l'opera in sé fosse la causa di questo sconforto. Posso immaginare altre persone che se la sarebbero bevuta d'un fiato, come posso altresì immaginare i miei due amici si sarebbero bevuti d'un fiato dei libri che altri avrebbero trovato altrettanto punitivi. Mi sembra chiaro, però, che la combinazione tra opera e lettori in questo momento della loro vita non sia felice. Se si desidera che la lettura sopravviva come attività di svago. e alcune  statistiche dimostrano come la cosa non sia affatto scontata, allora dobbiamo fare pubblicità alle gioie che ci regala, più che ai suoi (dubbi) benefici. Ma vi prego. se state leggendo un libro che vi sfinisce, lasciate perdere e leggete qualcos'altro, come quando mettete mano al telecomando se non vi piace un programma televisivo. La vostra incapacità di godervi un romanzo reputatissimo non significa che siate ottusi: anzi, potreste  scoprire di preferire Graham Greene, o Stephen Hawking, o Iris Murdoch, o Ian Ranking, o Charles Dickens, o Stephen King, fate voi. Non importa. So soltanto che ricaverete ben poco da un libro che vi fa piangere la pena di leggerlo. Non ve lo ricorderete e non imparerete niente; e, la prossima volta, con ogni probabilità sceglierete di guardare il Grande Fratello invece di leggere un libro." Se leggere è un esercizio per la mente, la Gran Bretagna deve ribollire di energia intellettuale" Ha sentenziato sarcastico un rubricista del Guardian. "Le stazioni dei treni hanno librerie seppe di parole sufficienti a tenere impegnato per settimane anche il più muscoloso dei cervelli. In effetti, le carrozze traboccano di gente che esercita l'intelletto per tutta la durata del viaggio. Eppure, chissà perché, il fatto che milioni di individui divorino ogni giorno migliaia di parole da Hello, il Sun, Il codice da Vinci, Nuts e così via non ci infonde speranza che il nostro cervello medio scoppi di salute. Non conta solo leggere, conta quello che leggete." Questi discorsi intrisi di un sussiego ahimè molto comune nei nostri giornali "di qualità", devono fare perdere le staffe nei nostri bibliotecari scolastici, editore e operatori delle campagne di alfabetizzazione. In Gran Bretagna, oltre a dodici milioni di adulti hanno gusti letterari pari a quelli di un ragazzino di tredici anni, anche meno, eppure qualche giornalista fichetto insiste a volerci spiegare che se non si legge qualcosa di importante. tanto vale non farlo del tutto.Ma cosa è importante? E di chi sono i libri che ci renderanno più intelligenti? Di certo nopno i miei. Ma la merce giusta che ce l'ha? Ian McEwan? Julian Barnes? Jane Austen, Zadie Smith, E.M. Foster? Hardy? Dickens? I lettori di Dickens passati alla storia perché aspettavano notizie della Piccola Nell sul lungomare di New York, speravano forse di venire eruditi? Naturalmente Dickens è "alta letteratura", in quanto i suoi libri sono stati scritti anni fa. Ma la sua opera non è sopravvissuta perché ci fa pensare, ma perché ci emoziona e ci fa ridere, e uno non sta nella pelle dalla voglia di sapere cosa ne sarà dei suoi personaggi. [...] 
[...]Il brutto della guerra culturale che, dopo tanti anni, sembra ancora in corso, è che divide i libri in due campi: quelli "spazzatura" e quelli che vale la pena di leggere. Tra chi si guadagna da vivere parlando di libri, nessuno sembra capace di veicolare il messaggio che non funziona così; che i libri "buoni" posso essere altrettanto gustosi di quelli "spazzatura". E allora perché darsene cura, se poi non fa nessuna differenza? Perché così abbiamo maggiore scelta. Perché non siete obbligati a leggere storie di complotti o romantiche tribolazioni di donne trentenni per godere di un piacevole intrattenimento. Potreste scoprirvi ammaliati da Stalingrado di Antony Beevor, o da Dio di illusioni di Donna Tartt, o da Grandi speranze di Dickens. Leggete di tutto.Io leggo per tanti motivi.[...]  
[...]A volte, certo leggo per scoprire delle cose: a mano a mano che invecchio, sento sempre di più il peso della mia ignoranza. Voglio sapere com'è essere questa o quella persona, vivere in un posto o in un altro. 

Questo pezzo è tratto da:

Vita da lettori
Nick Hornby
Guanda Editore, ed. 2008
Traduzione Massimo Bocchiola
Collana "Le fenici tascabili"
Prezzo 8,50€

domenica 16 agosto 2015

L'ha detto... Carlos Ruiz Zafón


Fonte: Il Calibro


La gente non è cattiva, mia cara. È idiota, il che è ben diverso. La malvagità presuppone un certo spessore morale, forza di volontà e intelligenza. 

Carlos Ruiz Zafón

venerdì 14 agosto 2015

"Insurgent", Veronica Roth - Per amor di rabbia...

Fonte: Latino Review

Questa recensione potrebbe risultare uno spoiler, quindi, se vuoi leggere tutta la trilogia, senza avere anticipazioni, potrebbe essere una buona idea non leggerla! Come detto nei precedenti post: Lettore avvisato, mezzo salvato!




Che dire, dal contesto perfetto, in questo libro, la Roth lascia perdere qualsiasi forma distopica per concentrarsi sui suoi personaggi. E, qui, c'è solo questo. Tris si è innamorata di Four e su questo ruota tutto il resto della storia. Ci sono parecchi aspetti che fanno pensare che, questo libro di passaggio, sia quasi totalmente inutile.

Ma andiamo per gradi. Gli eruditi, che poi non sono loro ma è una sola Jeanine Matthews, cercano di prendere il potere annientando la fazione degli Abneganti che viene salvata in extremis da Tris, che nel frattempo ha anche liberato anche Four prendendoci pure una bella dose di botte visto che lui era sotto siero di simulazione, come tutti gli intrepidi di cui si è servita la capo-fazione degli eruditi. Hanno annullato il programma, gli intrepidi si sono svegliati e Four, Tris, Caleb (fratello di lei) Marcus e Peter sono scappati verso la recinzione della città. Nel cercare di salvarla da annegamento, la madre di Tris è morta così come il padre quando ha forzato il posto di blocco nella casa madre degli intrepidi per interrompere il programma che muoveva l'esercito. Nel frattempo Tris ha ucciso, per salvarsi, il suo amico Will, che era il ragazzo di Christina, che era sotto simulazione e la teneva sotto tiro.

Quando nel Diario di un mese di libri, ho scritto che nel primo volume c'era un errore, c'è e c'è anche nel film che presenta, nella sostanza, la stessa scena ma svolta in maniera diversa. Per il libro, Four è sperimentatore, non consenziente, di un siero diverso e più forte che può contrastare la sua natura divergente e sta pilotando l'attacco insieme ad altrieruditi. Nel film sta sotto simulazione e basta. Ma nel momento in cui questa scena pre-finale si conclude, prima che scappino, sembra ci sia del tempo che, visto che hanno fatto una mezza strage per interrompere questo benedetto programma (per il libro per rubare l'HD che lo contiene), potrebbero benissimo impiegarlo facendo fuori Jeanine e invece no! Si limitano a guardarsi intorno e a decidere di togliere le tende. Altrimenti Divergent sarebbe potuto essere auto-concludente o, almeno, la sua scrittrice avrebbe dovuto congegnare un panorama, possibile ma diverso, cosa che, evidentemente, non era nelle sue corde e quindi ce lo teniamo così!

Quindi Insurgent si apre con il passo successivo, ovvero quando scendono dal treno dopo essere fuggiti. Sono usciti dalla recinzione, si sono rifugiati dai Pacifici che, siccome sono giustamente pacifici, contrattano la loro l'ospitalità in cambio della rinuncia a tenere per loro le armi. Tris, manco a dirlo, ne nasconde una insieme all'HD (che sta per Hard-disk o memoria esterna per i meno nerd) nella sua stanza. HD che non usano e che avrebbero potuto distruggere sul posto ma tutta la riflessione e l'organizzazione per nasconderlo occupa una decina di pagine: quindi chi siamo noi per distruggerlo prima? Lo fa lei a qualche capitolo dall'inizio! In più, la giovine che faceva dormire lui per terra un paio di giorni prima è sparita, dopo meno di 48 ore non si fa problemi ad addormentarsi accanto al suo bello, ma è anche diventata più strana. Pare che una maledizione l'abbia colpita, da quando ha messo piede tra i pacifici sta perennemente arrabbiata e vuole ammazzare Jeanine - ora eh? farlo prima no! -. Ma gli intrepidi stanno ancora cercando, senza siero di simulazione, i ribelli, ovvero loro, Tris e Four in testa a tutti, accusati di aver architettato tutto questo piano per far fuori gli Abneganti e dar la colpa agli Eruditi. Spiegazione che, ora che la scrivo, ha ancora meno senso di quello che aveva quando l'ho letto.

Più o meno questa è la parte di quello che succede nei primi capitoli. A lei viene assegnato il ruolo della lavandaia e lui si occupa di tenere occupati i bambini. Ma più che altro lei si limita a camminare in un luogo pacifico con l'aria sempre tra l'imbronciato e il killer di professione e lui pazienta e sopporta. Pure qui succede un fattaccio che potrebbe essere una componente buona di tutta la trama, ma visto l'impegno che ci mette la Roth a descrivere i cambiamenti umorali/ormonali di Tris, il tutto va farsi benedire. Tant'è, che in questo caso, il film di Insurgent ha, con la trama, in comune non più di 15 minuti, non consecutivi. Arrivano alla stessa conclusione, passando per gli stessi luoghi, lei è sempre un mastino contagiato da rabbia e lui sempre una via di mezzo fra un redentore e un missionario, ma il film è decisamente più credibile e avvincente. Ma la cosa più sorprendente è che manco con i tempi tecnici dettati dall'autrice possiamo  giustificare tutta questa rabbia. Dopo le dieci settimane di formazione e un giorno di test, diciamo due mesi, la giornata di lotte, quindi due mesi e un giorno, sul treno lei è un passerotto ferito che dice a lui che non sa più chi è, come faranno a vivere, che senza fazione e che sono soli. Poi arriva nel paradiso terrestre e se potesse farebbe una strage fra gli hippies, non suona strano anche a voi? Questa ragazza torna normale solo quando combatte e la normalità non è data dalla lucidità ma solo dalla situazione.

Ma gli altri? Eh lo so che ve lo state chiedendo di Marcus, Caleb, Peter e tutto il gruppo degli armoniosi pacifici. Contorno, solo contorno. Occupano lo spazio fra un'incavolatura e l'altra della nostra eroina e servono quando lei si rilassa un po'. Se ci fosse stata una tassa sui i deus-ex-machina la Roth con questo libro sarebbe andata fallita! Ad un certo punto si separano pure, Marcus sparisce in una rocambolesca fuga ma nessuno si domanda che fine abbia fatto. Caleb, dopo averli seguiti nel rientro in città, s'inventa una scusa, e se ne va con la sua ex innamoratina dagli Abneganti - no, nei film non viene menzionata ma nei libri sì- e la sorella lo lascia andare così, senza nemmeno premurarsi che il suo rientro sia sicuro. C'erano tanti spunti sui quali avrebbe potuto puntare la nostra Veronica e invece si è limitata a preparare il terreno per il colpo di scena che giustifica  il libro successivo che, invece, ritorna, per nostra fortuna, ad avere un intricato intreccio distopico.

Quindi che salvare di questo libro? Il film! Il film non è affatto malvagio e molto più credibile nel suo svolgimento. Si sofferma di meno sulla capocchia di uno spillo ma cerca di contestualizzare l'azione nell'intricata struttura delineata con Divergent. Le scene che si susseguono mettono ordine a tutta quella serie di capitoli conditi di "se", di "ma", o di "faccio la kamikaze salvando il mondo, mettendolo in pericolo e lamentandomi che chi mi sta attorno prima o poi muore". Tanti baci fra i due innamorati che servono a sugellare la pace che fanno ogni volta che litigano e tanta rabbia gratuitamente esposta che non ha alcun fine secondo quelle che sono le azioni/scelte che poi Tris fa nelle varie scene. Diciamo che meno di metà del libro serve a capire quello successivo e a collegarlo con la prima parte. Ma non era totalmente necessario, almeno non scritto così.
Per fortuna qui, non ci sono "strappandiera" (vedi recensione Divergent) ma continuano ad esserci parecchi "Mia mamma e mio papà".

Buone letture e buon ferragosto a tutti dalla calda, ahimè, Rocca di Papa da me, Oscar e Joyce (il nuovo pargolo peloso arrivato)
Simona Scravaglieri


Insurgent
Veronica Roth
De Agostini Editore, ed. 2014

Traduzione R. Verde
Prezzo 10,97€ (copertina flessibile)




Fonte: LettureSconclusionate

lunedì 10 agosto 2015

Diario di un mese di libri... Luglio 2015


Fonte: WE ARE JUXT

E' una rubica che avevo portato avanti per qualche mese tra il 2012 e il 2013 e che poi avevo accantonato per mancanza di tempo, ma, complice la mia nostalgia verso questo appuntamento mensile, ho deciso di ritirarla su e vediamo se, questa volta, riesco a far funzionare anche questo matrimonio! Per chi non avesse mai visto questi post, la serie iniziò nel Novembre del 2012 e, in quell'occasione spiegavo che l'ispirazione veniva da un libro che avevo letto che si chiama "Shakespeare scriveva per soldi". In questo libro, e in quello precedente che si chiama "Vita da lettori", Hornby ha racchiuso tutti gli articoli scritti per il "The Biliever" in cui, sostanzialmente, mappava tutti i suoi acquisti e le sue letture mensili tra una chiacchiera e l'altra su quello che aveva fatto o sentito durante quel mese. In pratica anche la mia parlava di libri, anche di quelli che non riuscivo a recensire subito per questioni di programmazione, e di ciò che aveva attirato la mia attenzione per quel mese ma, come tutto il blog, era anche un impegno per me: dichiarare tutto quello che avevo comprato comportava che mi impegnavo a leggerlo! In effetti lo faccio lo stesso anche senza rubrica, ma la "pubblica gogna" è un pungolo in più a migliorare e a non perdere la via maestra. Il post è sempre lungo, non c'è verso di farlo breve, quindi vi avverto: questa rubrica è per animi temerari... a voi la scelta!



Libri comprati:
"Hunger games", Suzanne Collins - Mondadori Edizioni
"La ragazza di Fuoco. Hunger Games", Suzanne Collins - Mondadori Edizioni
"Il canto della rivolta. Hunger Games", Suzanne Collins - Mondadori Edizioni
"Shift", Hugh Howey - Fabbri Editori
"Dust", Hugh Howey - Fabbri Editori
"Sembrava una felicità", Jenny Offill - NN Editore


Libri regalati
"Se mi vede Cecchi, sono fritto", C.E. Gadda e G. Parise - Adelphi Editore
"Storie ciniche", W. Somerset Maugham Adelphi Editore
"I diabolici",  Boileau - Narcejac - Adelphi Editore
"Il defunto odiava i pettegolezzi", Serena Vitale - Adelphi Editore
"Il bottone di Puskin", Serena Vitale - Adelphi Editore
"Ritratti italiani", Alberto Arbasino - Adelphi Editore
"Il caso", Joseph Conrad - Adelphi Editore
"Le incantatrici", Boileau - Narcejac - Adelphi Editore
"Scambi equivoci eppiù torbidi inganni", Gaetano Cappelli - Marsilio Editore
"Stelle, Starlet e adorabili frattaglie", Gaetano Cappelli - Mondadori Editore
"Istruzioni per un'ondata di caldo", O'Farrel Maggie - Tea Edizioni
"I Biscotti di Baudelaire", Alice B. Toklas - Bollati Borlinghieri Edizioni
"Non scrivere di me", Livia Manera Sanbuy - Feltrinelli Editore




Libri letti
"Hunger games", Suzanne Collins - Mondadori Edizioni
"La ragazza di Fuoco. Hunger Games", Suzanne Collins - Mondadori Edizioni
"Il canto della rivolta. Hunger Games", Suzanne Collins - Mondadori Edizioni



Librangolo Acuto direbbe: "No, ma mettili due libri!". Ecco, complice il mio compleanno, la lista di questo mese è veramente lunga, compensata anche da quella dei libri letti, che mi fa sentire meno in colpa! Intanto, diciamolo, sia lode e gloria agli amici e parenti che vedono le mie wishlist e i miei desiderata e che vanno sempre sul sicuro! Anche se la lista mi mette non poca ansia, ma almeno avete un'idea di quel che troverete recensito nei prossimi mesi, contenti? Gli Adelphi sono tutte uscite fra Giugno e Luglio tranne, mi sembra, "Il bottone di Puskin" che dovrebbe essere più vecchiotto. Chi mi ha regalato Serena Vitale sa perfettamente, perché le ho rotto le scatole "in tutti i luoghi e in tutti i laghi", su quant'era bello "A Mosca! A Mosca!"( Mondadori Editore, ed. 2010 - prezzo 19,00€) ed è andata veramente sul sicuro. Ma a parte questa chicca, Adelphi è Adelphi e non ci si può esimere dal comprarli annualmente. Per quanto riguarda gli altri è andata a braccio -ma tanto sa quel che mi piace- con Boileau - Narcejac, mentre tra i desiderata c'era lo scambio delle lettere Gadda Parise. Di Gadda in questo blog e ancora nella libreria c'è l'indimenticabile "Carlo Emilio Gadda. Storia di un figlio buonoanulla." di Valter Pedullà (Editori Riuniti, ed. 2012 prezzo 20,00€) di cui ancora risuona nelle mie orecchie: "E' Camporetto che ci regalò lo scrittore"; il capitolo dedicato a Camporetto è per veri intrepidi, ma se si ha la pazienza di seguire la scia dei pensieri, a volte ricorrenti -a volte troppo-, di Pedullà, la fotografia di questo particolarissimo personaggio regalerà, a chi lo legge, la sensazione di aver trovato un nuovo amico. Nella wishlist c'era anche"Storie ciniche" di W. Somerset Maugham che aveva attirato la mia attenzione per la descrizione:
Intime tragedie e abissali fallimenti di un pittoresco campionario umano, messo a nudo con sublime cattiveria dall’occhio spietato di Maugham.
Avrei voluto resistere almeno per un secondo prima di metterlo tra i desiderata ma non c'è stato verso di farlo! Invece per quanto riguarda Conrad è un autore che proprio mi manca e allora ho deciso di cominciare dall'ultima uscita.
Gli altri due, quelli di Gaetano Cappelli, fanno parte di un altro regalo che mi è stato fatto da chi mi ha visto scrivere su FB un sonoro "Lo voglio!!" sotto l'immagine delle uscite Marsilio di Giugno/Luglio e ha deciso di associarci anche un titolo precedente pubblicato con Mondadori. Gli altri 4 sono regali di mio fratello, sua moglie e mio nipote. Erano in wishlist da un po' praticamente tutti, tranne Doerr, che avevo scoperto prima che vincesse il Pulitzer 2015, e quindi ora posso tranquillamente dire che la mia lista si è accorciata, un po'! Per quanto riguarda la Toklas è una figura un po' ambigua per me, lei e Gertrude, così intime e rivoluzionarie, amavano alla follia "Ritratto di signora"  ed è una cosa che sinceramente continuo a non capire. Mi è oscuro come possa piacere questa donna che non si rivela affatto intelligente e di buon senso, che dimostra un senso del sacrificio inutile quanto gratuito. E quindi non trovo il nesso se non con l'ammirazione per lo stile di scrittura di Sir Henry James, che, se vi capiterà l'occasione, potrete notare scrive in una maniera diametralmente opposta alla Steiner. Prima o poi svelerò il mistero! [Aggiornamento 2016- Finalmente ho capito il perché! A loro piaceva il ritratto proprio perché rendeva in maniera eccezionale il tipo di donna che loro non amavano. L'ammirazione è per la bravura della resa del ritratto in sé. Per approfondimenti "Come volevasi dimostrare", Gertrude Stein - Einaudi editore]

Tra i libri comprati ce ne sono quattro, "Sembrava una felicità" di Jenny Offill - NN Editore e la Trilogia del Silo (Wool, Shift e Dust), il cui acquisto ha motivazioni differenti. La trilogia è citata come un capolavoro di riferimento in ambito contemporaneo sul mondo "distopico". Quello della Offill, che nulla ha a che vedere con la trilogia, è una curiosità che mi ha fatto venire Holden&Company di cui vi linko anche la recensione che io non ho ancora letto, ma che guarderò una volta che mi sarò fatta un'idea su questo lavoro: Jenny Offill: la felicità dell'insicurezza la felicità dell'amore. 

Il mese di Luglio è stato un po' pesante per me, già dal giorno del mio compleanno mi girava tutto per colpa del caldo, pertanto quando è così l'unica cosa da fare è stare fermi, bere tanta acqua e trovare un modo per passare del tempo riposata accettando il fatto che, per quel lasso di tempo, il divano o il letto è la tua isola e, al di là del quale, c'è un mondo inospitale che potrebbe ricominciare a girare per conto suo. Problemi di chi ha perennemente sbalzi di pressione dal basso al molto basso. Per fortuna avevo con me Holly Goddard Jones (La prossima volta, Fazi Editore, ed 2015 - prezzo 17,50€), uscito con Fazi a Giugno, che è stato una vera rivelazione. Uno stile estremamente scorrevole fonde insieme atmosfere dark, noir e gialle, in cui però l'unico a prevalere è il grigiore delle vite in cui si innesca questo caso. La sparizione di Ronnie diventa collante per una comunità anonima e incostante, riunisce persone che fino a prima si odiavano, sotto lo slogan "proteggiamo", convincendoli che non essere presenti e disponibili non è una questione di immagine ma solo una forma di altruismo. Ed è sempre difficile descrivere questo labile confine fra ipocrisia e bontà d'animo, ma la Goddard Jones ci riesce perfettamente. A far da contraltare a questa lettura che è ambientata negli anni novanta del '900 c'è "Il cerchio del diavolo" di Giuseppe Pantò. Questo libro ha vinto nella categoria "Storia" il concorso fatto da BigJump in collaborazione con Rizzoli (e mi sembra di ricordare anche Amazon ma devo verificare) ed è stato pubblicato solo in digitale. La cosa divertente è che, in contemporanea con questo, stavo leggendo gli ultimi due libri di "Hunger games" passando così l'attimo prima in periodo illuminista milanese, tra i movimenti anti-austriaci, e l'attimo dopo mi ritrovavo in selve tecnologiche dove strateghi creavano a tavolino disastri naturali per raggruppare i partecipanti ad un gioco mortale. E' veramente un bel lavoro quello di Pantò e capisco perfettamente perché ha trionfato nella sua categoria: la ricostruzione storica è fedele a quella che conosciamo nei libri e, la storia che prende spunto da un fatto realmente accaduto, si inserisce bene nel contesto grazie alle descrizioni puntuali dell'autore. Ma ne riparleremo presto.

E ora, come non notare, il leggero impatto delle trilogie young-adult nella mia lista dei comprati e dei letti? Non le avevate notate vero? Ecco uno dei motivi, oltre alla pressione sanguigna, per passare il tempo facendo Paolina borghese sul divano è che queste trilogie mi hanno impegnata praticamente tutto il mese. Qualcuno probabilmente si sarà chiesto se per caso il caldo mi abbia dato alla testa, ma in effetti, almeno la prima è stata una scelta ponderata e presa in tutta coscienza. C'è una cosa che mi piace dell'America: gli sceneggiatori. Sono quelle entità mezzo umano e mezzo non-so-nemmeno-io-cosa che fanno sì che quella gran ciofega del testo di Julie Powell (Julie&Julia, Bur ed. 2009 -prezzo 9,90€) sia diventato uno strabiliante e stupendo film, che adoro e avrò visto forse un centinaio di volte. Quando a Giugno mi è capitato di vedere il film "Divergent" due domande contrapposte, dettate dal mio essere un'inguaribile curiosa, mi si sono presentate:

  • Momento 1: Ma vuoi vedere che per una volta, hanno scritto un libro per ragazzi che non sia un'immane stupidaggine?
  • Momento 2: Na, sicuramente ci avranno messo mano degli sceneggiatori seri e competenti visto che campeggia all'inizio un messaggio tipo "Preso dal romanzo tal de tali".Quanto di loro e quanto della Roth c'è in questo film?
Giusto per rendervi edotti, sono cose che mi chiedo spesso quando vedo un film tratto da un libro, ma che non sempre poi si traducono nella lettura del libo stesso. E allora che c'era di diverso stavolta? Principalmente perché "Divergent" fa parte della categoria dei "I'm so excidet!!!!!" (se lo pronunciate con voce stridula, occhietti a cuore, saltellando sul posto avete una visione totale dell'effettiva categorizzazione). Tale categoria nasce da un'altra curiosità sulla tendenza americana - più o meno degli ultimi 6 mesi - dei video-book-blogger all'UN-Boxing, ovvero all'apertura dei pacchi di libri acquistati sui vari store. Al primo ho pensato è uno che ha un sacco di soldi da spendere, al secondo ho pensato che forse era un imitatore che si teneva i pacchi da parte per vari mesi, al decimo m'è venuto il dubbio che gatta ci covava. In effetti la gatta in questione si chiama "affiliazione" e fa si che in America il cartaceo vada tanto perché lo puoi acquistare anche negli outlet, nei reimainders e  via dicendo. E non è solo spirito di imitazione ma è un vero e proprio marketing collaudato: orde di ragazzini vedono arrivare pacchi di libri con copertine sgargianti, a volte oscure e a volte sognanti, in mano a ragazzi che motivano in maniera accattivante il loro acquisto e rincalzando la dose con video appositi dove fanno vedere tutte le trilogie che hanno collezionato o letto. Dopotutto che c'è di più figo di dire che da Gennaio a Giugno 2015 si sono lette 68 trilogie per un totale di 204 libri circa? Questi video sono visti e rivisti da un sacco di ragazzini, che scoprono che leggere è figo e non si devono preoccupare che qualcuno dica loro che non stanno leggendo, perché lo fanno... e andando su una media di 400 pagine a libro la tipa dei 204 libri circa (circa perché qualche rara volta sono quadrilogie ma non vanno oltre!) ha letto 81.600 pagine in sei mesi. Genio della lettura? Affatto! Questi libri si distinguono dagli altri per scorrevolezza. Il problema è che, pur studiando a volte contesti perfetti, questi, rimangono nel ruolo di fondale dipinto e necessario alla storia, perdendo quello che di più bello hanno i libri da darci, ovvero, suggerimenti e riflessioni per fare la differenza nella vita.
Tra parentesi notavo che il 90% dei video che ho visto che i blogger americani hanno, quasi tutti, la libreria nera, in Sud America, vanno più quelle bianche, in Spagna se la battono bianche, nere e color legno anche se, quest'ultimo colore non è molto apprezzato perché non fa risaltare affatto i libri! Così, se cercate questi video, vi troverete queste immense librerie nere con tutti i libri ordinati per trilogia e per tema e con quelli che fanno parte di trilogie da sponsorizzare particolarmente che non sono messi di dorso ma di faccia, con al copertina, casualmente girata verso la videocamera.

Gli youtubers, che parlano di libri, sono sempre "So excidet", con alcune varianti che vanno dal solo "excidet" al "very excidet",  c'è anche chi addirittura ci canta la sua passione. Insomma ce ne sono per tutti i gusti. L'unica cosa che li accomuna è che ,se l'autore ha scritto una storia autoconcludente, non vale la pena più di uno che per scrivere una storia di trecento pagine ce ne abbia invece messe 2.000 divise in tre comodi volumi fornibili anche in cofanetto. Se vi state chiedendo che sarà mai un romanzo "autoconcludente" ecco sappiate che è un romanzo normale che ha un inizio e una fine e non ha altri seguiti, perché, magari, l'interesse dell'autore, si è spostato su altri temi. Anche perché per quanto mi riguarda, a meno che il romanzo in questione non finisca con il disastro totale dell'intero universo e l'autore non abbia più nulla di cui poter parlare, non esiste un romanzo autoconcludente. Pure "I promessi sposi", Dio non voglia mai, potrebbero avere un prosieguo, così come "Le affinità elettive" e qualsiasi classico o libro contemporaneo. Anzi, Flaiano con "Tempo di uccidere", dimostrò che manco i racconti possono considerarsi autoconcludenti, visto che con due di questi ci ha costruito un romanzo, che potrebbe essere considerato una "trilogia sintetica"- assurdo per assurdo, concedetemelo va!-. Comunque, se volete fare i fighi, al passo con i tempi, un "Autoconcludente" potrebbe essere la soluzione che fa per voi. Piazzato al momento giusto, fa letterato informato.

Stabilita la categoria di trilogie ne ho lette due, quella di Divergent (Divergent- Insurgent- Allegiant) più due libri aggiuntivi, che nulla aggiungono o tolgono alla storia principale, e Hunger games (Hunger Games - La ragazza di fuoco - Il canto della rivolta). La prima è catalogabile come distopica, della seconda - che poi sarebbe quella che, pare, aver dato l'ispirazione alla Roth per scrivere la sua - solo l'ultimo è, suo malgrado, distopico gli altri due sono solo fantasy. Della trilogia ella Collins, nel lavoro della Roth, io non ho trovato nulla se non lo sviluppo di un vago accenno ad una suddivisione per città/fazioni a seconda dell'attività prevalente. Ma per la Collins non è l'interesse principale se non ai fini del gioco che vede coinvolti i protagonisti e quindi sono informazioni che ti rimangono nel lasso di tempo della fine della pagina, alla successiva ti sei già dimenticato che fa il distretto sei (ecco non me lo chiedete perché non me lo ricordo! E visto che pare che pure King lo abbia recensito, qualcuno, a nostro beneficio ha scritto un vademecum sul mondo in cui si svolge la vicenda e lo trovate qui: Universo di Hunger games). Ma quello che più mi interessava invece del lavoro della Roth è che non inizia con un panorama totalmente distopico. Post apocalittico, vita quasi primitiva, una società che sta rifacendo il cammino di conoscenza di se stessa è la componente distopica, ma la suddivisione in fazioni che devono collaborare con le altre anche per la propria sopravvivenza e che vivono quasi fosse una comune non è distopico ma utopico. Tant'è che a rompere l'idillio, non è una rivoluzione ma l'inizio di una malcelata dittatura che, a sua volta genera la rivoluzione necessaria all'affermazione di un nuovo status di pace. SPOILER Pace che, a ben guardare, non è manco raggiunta in tutta la trilogia! FINE SPOILER. Per quanto riguarda "Insurgent", se non fosse che è lontanamente collegato al precedente, potremmo dire che è una storia d'amore e di guerra che nulla c'azzecca col distopico e che invece appartiene totalmente all'ultimo libro che è Allegiant.

Rimane il fatto che, inconsapevolmente secondo me, la Roth ha creato l'incastro perfetto per sviluppare una nuova forma di romanzo distopico che, usato bene da chi ne ha veramente le capacità, potrebbe far uscire un vero capolavoro, possibilità che l'autrice ha gettato alle ortiche non mettendo in relazione i suoi personaggi con quel che li circonda. Così la scelta si fa sull'emozione del momento e si ritratta in quello successivo, il destino va un po' a farsi benedire da soluzioni di comodo e l'autrice, a mio avviso, crea una soluzione talmente artefatta da sembrare quasi ridicola non vedendo che lei stessa ha gettato le basi per un finale ampiamente più credibile e accettabile. Svarione quasi inaccettabile che le avrebbe garantito forse anche l'attacco per un altro libro del quale invece ha cercato di gettare le basi scrivendo la storia dal punto di vista di Four, che però non ha la stessa presa dei libri precedenti. Per Hunger games, invece, il discorso è differente; il contesto è un contorno decorativo al gioco e il grande fratello è la scusa migliore che ci possa essere per permettere alla Collis di sdilinquirsi in pagine e pagine di descrizioni di abiti, trucco e parrucco. E' minuziosa fino alla paranoia con i particolari de vestiti, ma deve ancora lavorare sulla lotta e anche lei, nell'ultimo libro prende uno svarione megagalattico inserendo una morte di un personaggio che dovrebbe essere in un altro distretto e di cui non ha mai annunciato la partenza. E' una morte necessaria non alla causa della rivoluzione ma solo al finale strappalacrime e ad una soluzione di comodo.

Quindi tutto da buttare? Assolutamente no, se penso che l'alternativa sono i maghetti di Harry Potter - con tutto il rispetto per la saga i cui film mi sono molto piaciuti -, questi lavori insinuano, tra uno sbaciucchiamento e un flappamento di ciglia, temi che spesso autori ben più impegnati tralasciano totalmente. Tecnologia, guerre atomiche, sopravvivenza, lo start-up di società che ripartono dopo disastri o rivoluzioni, l'ideale da raggiungere, l'appartenenza al gruppo, senza declinazione succube del pensiero a favore di quel che dice il primo che passa. Sono temi importanti, che se fossero rappresentati con intelligenza permetterebbero veramente ai giovani di fare la differenza fra le rovine che noi lasceremo loro in eredità. Ma non sempre si può avere tutto, e quindi ci rassegnamo nell'attesa della venuta di una scrittrice/scrittore veramente di talento che possa prendere quel che gira e condensarlo in una trilogia - mi raccomando altrimenti non le leggono!- costruita a regola d'arte.
Chiaramente, manco a dirlo, il mio periodo di trilogie ancora non è finito... ma ne riparleremo il mese prossimo!

Questo mese non è successo molto altro, per cui ritenetevi molto fortunati!
Buone letture,
Simona Scravaglieri




Fonte: AnimalGlamour

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