domenica 30 novembre 2014

L'ha detto... John Steinbeck

Fonte: Stella d'argento


Ci sono cose che non si possono guardare alla luce della ragione, ma sono così come sono. 

John Steinbeck

mercoledì 26 novembre 2014

[Dal libro che sto leggendo...] La misteriosa morte della compagna Guan

Fonte: Repubblica Esteri
Non è Shanghai, ma rende l'idea!

Con la scuola del racconto del corriere non abbiamo finito, ma oggi, volevo parlarvi di questo libro che è uscito in Italia per Marsilio Editore nel 2002 e che io trovo veramente interessante. La particolarità è, che pur essendo un tomo (543 pagine) - e voi sapete cosa io pensi riguardo a gialli del genere - sono piacevolmente stupita di essere arrivata a metà del libro e di non avere avuto ancora il desiderio di uccidere l'autore o di mandarlo in Siberia.

Per chi non lo sapesse solitamente per me i gialli e ancor di più i thriller dovrebbero finire a pagina 300, oltre di solito ci sono chiacchiere inutili. In questo caso, l'autore che scrive in inglese ma riesce a coniugare due anime opposte in maniera stranamente armonica. Da un lato la sua cultura d'origine quella cinese, comunista, e con regole ben definite e dall'altro la cultura americana, che lo ha accolto quando dopo le proteste di piazza Tiananmen è rimasto bloccato in America dove si era recato per scrivere un libro su T.S. Elliot.

Quindi, mentre percorrete le strade, entrerete nelle povere stanze o nei piccoli appartamenti di Shanghai avrete un commento di fondo tutto particolare che va dalla poesia classica cinese, a quella contemporanea alla citazione di quelle americane. Il connubio, come detto ha un che di interessante. 
Quindi oggi vi lascio, in proporzione al libro, una corposa parte del primo capitolo... riuscirete a resistere?

Buone letture,
Simona Scravaglieri

1.
Il corpo fu rinvenuto alle 16 e 40 dell'11 maggio 1990, nel canale Baili, un canale fuori mano, a circa trenta chilometri a ovest di Shanghai. In piedi vicino al corpo, Gao Ziling, capitano della Avanguardia, sputò tre volte con forza sul suolo bagnato, un tentativo poco convinto di scacciare la mala sorte della giornata, iniziata con il tanto atteso incontro di due amici che non si vedevano da più di vent'anni. Era stata una pura coincidenza che la Avanguardia, una nave pattuglia del Dipartimento di sicurezza pubblica delle acque di Shanghai, verso l'una e mezza si fosse avventurata per un lungo tratto nel Baili, perché di solito non ci si avvicinava nemmeno. Questa variante sul percorso era dovuta a Liu Guoliang, un vecchio amico che Gao non vedeva da vent'anni. Erano stati compagni di liceo e, dopo aver finito la scuola nei primi anni sessanta, Gao aveva cominciato a lavorare a Shanghai, mentre Liu era andato prima in un college a Pechino e poi in un centro per gli esperimenti nucleari nella provincia di Qinghai. Durante la Rivoluzione culturale si erano persi di vista. Ora Liu stava lavorando a un progetto per una compagnia americana a Shanghai, e si era preso un giorno di vacanza per vedere Gao. Dopo tanto tempo, questo era un evento che entrambi attendevano con ansia. Si erano trovati vicino al ponte Waibaidu, dove i fiumi Suzhou e Huangpu si incontrano con una linea di divisione rivelata dalla luce del sole. Il Suzhou, perfino più inquinato dello Huangpu, appariva come una cerata nera in netto contrasto con il blu del cielo terso. Dal fiume proveniva un fastidioso puzzo nonostante la gradevole brezza primaverile. Gao cominciò a scusarsi per non avere scelto un luogo più piacevole per l'occasione. La Casa da Tè Al lago nella città vecchia di Shanghai, per esempio. Avrebbero avuto molte cose da dirsi in un pomeriggio passato tra raffinati servizi da tè, cullati dalla musica di pipa1 e sanxian2 in sottofondo. Ma nessuno aveva voluto sostituirlo nel suo turno e Gao era stato quindi costretto a rimanere a bordo della Avanguardia per l'intera giornata. Dopo un'occhiata all'acqua fangosa e al suo fardello di immondizie - bottiglie di plastica, lattine di birra, confezioni accartocciate e pacchetti di sigarette vuoti - Liu suggerì di andare con la barca da qualche altra parte a pescare. Il fiume era cambiato a tal punto da diventare irriconoscibile, mentre loro non erano cambiati poi così tanto; la pesca era una passione che li accomunava fin dai tempi del liceo. «Nel Qinghai ho sentito la mancanza di una buona carpa» confessò Liu. Gao si illuminò all'idea: poteva facilmente giustificare il suo percorso come un giro di routine, e inoltre avrebbe ostentato il suo potere di capitano. Fu così che suggerì di raggiungere il Baili, un canale del fiume Suzhou, a circa un centinaio di chilometri a sud del ponte Waibaidu. Lì le riforme economiche di Deng Xiaoping non erano ancora arrivate, era lontano dalle strade principali e il villaggio più vicino distava circa tre chilometri. Ma arrivarci via fiume non era così facile. Una volta sorpassate le Raffinerie Orientali che incombevano su Wusong, il passaggio si restrinse, ed era a tratti così poco profondo da rendere la navigazione quasi impossibile. Dovettero allontanare dei rami sporgenti, ma dopo una strenua lotta alla fine arrivarono in un catino d'acqua nera, oscurata da sterpi ed erbacce alte. Fortunatamente il Baili si rivelò essere il magnifico posto che Gao aveva promesso: era un canale stretto, ma grazie alle abbondanti piogge degli ultimi mesi non era certo a corto d'acqua; inoltre, non essendo eccessivamente inquinato, i pesci abbondavano. Appena gettarono l'amo sentirono abboccare. Presto furono tutti e due occupati a ritirare le lenze, e i pesci cominciarono a saltare fuori dall'acqua e ad atterrare sull'imbarcazione, contorcendosi boccheggianti.
«Guarda un po' questo» disse Liu indicando un pesce che si dibatteva ai suoi piedi. «Più di mezzo chilo.»
«Magnifico» disse Gao. «Ci stai portando fortuna oggi!» Un minuto dopo anche Gao stava estraendo l'amo con il pollice dalle carni di una spigola di tre etti. Gettò di nuovo la lenza con entusiasmo, con un esperto gioco di polso. Prima che l'avesse riavvolta a metà, qualcosa diede alla lenza uno strattone fortissimo. La canna da pesca si piegò e un'enorme carpa scintillò alla luce del sole. Non avevano tempo per parlare. Il tempo scorreva all'indietro mentre squame argentate danzavano nel sole dorato: venti minuti - o vent'anni. Erano tornati ai bei vecchi tempi: due studenti liceali seduti fianco a fianco, che pescavano, bevevano e pescavano, il mondo intero appeso alle loro lenze. «Quanto viene mezzo chilo di carpa?» chiese Liu, prendendone un'altra fra le mani.
«Una come questa?»
«Almeno trenta yuan, direi.»
«Vediamo: ho già più di due chili... Sono circa cento yuan, giusto?» disse Liu. «Siamo qui da appena un'ora e ho già un bottino superiore a una settimana di paga.»
«Stai scherzando!» esclamò Gao, estraendo il suo amo da un bluegill. «Un ingegnere nucleare con la tua reputazione!»
«No, è vero. Avrei potuto fare il pescatore, e andare a pesca a sud del fiume Yangtze» disse Liu scuotendo la testa. «Nel Qinghai spesso stavamo per mesi senza un boccone di pesce.»
Liu aveva lavorato per vent'anni in un'area desertica, dove gli abitanti del luogo osservavano l'antica tradizione di servire un pesce intagliato nel legno durante la festa della primavera, perché l'ideogramma cinese per "pesce" significa anche "sovrabbondanza", un portafortuna per l'anno che viene. Il gusto si può anche dimenticare, ma non la tradizione.
«Non ci posso credere» disse Gao indignato. «Il grande scienziato che fa le bombe nucleari guadagna meno del modesto ambulante che vende uova cotte nel tè. Che scandalo!»«È l'economia di mercato» disse Liu, «il Paese sta cambiando in meglio, la gente vive meglio.»
«Ma non è giusto, per te, intendo dire.»
«Be', non mi posso lamentare di questi tempi. Sai perché non ti ho scritto durante la Rivoluzione culturale?»
«No. Perché?»
«Sono stato giudicato un intellettuale borghese e mi hanno chiuso in cella per un anno. Anche dopo la scarcerazione ho continuato a essere considerato "elemento politicamente nero", e non ho voluto coinvolgerti.»
«Mi rattrista sentire questo» disse Gao, «ma avresti dovuto dirmelo. Le mie lettere tornavano al mittente. Avrei dovuto immaginarlo.»
«È tutto passato» disse Liu, «ed eccoci qui, insieme, a pescare per recuperare i nostri anni perduti.»
«Sai cosa ti dico?» disse Gao, desideroso di cambiare argomento. «Ne abbiamo abbastanza per fare un'ottima zuppa.»
«Una magnifica zuppa. Wow! Un altro!» Liu stava riawolgendo la lenza con un pesce persico che si dibatteva, ben al di sopra dei trenta centimetri.
«La mia vecchia moglie non è un'intellettuale, ma è piuttosto brava a fare la zuppa di pesce. Aggiungi poche fette di pancetta di Jinhua, un pizzico di pepe nero e una manciata di cipolle verdi. Oh, che zuppa!»
«Non vedo l'ora di conoscerla.»
«Per lei non sei un estraneo: le ho mostrato spesso la tua foto.»
«Sì, ma una foto di vent'anni fa» disse Liu. «Come può riconoscermi da una foto del liceo? Ti ricordi il famoso verso di He Zhizhang? La mia lingua non è mutata, ma i miei capelli sono diventati grigi.»
«Anche i miei» disse Gao.
Erano pronti per tornare. Gao si rimise al timone, ma il motore vibrò stridendo. Provò allora a dare gas. Lo scappamento a poppa sputò fumo nero, ma la barca non si mosse di un'unghia. Il capitano Gao si voltò verso l'amico grattandosi la testa e fece un gesto di scusa. Non riusciva a capire il problema, il canale era stretto ma di acqua ce n'era. L'elica, protetta dal timone, non poteva aver raschiato il fondo. Forse ci si era impigliato qualcosa, una rete da pesca strappata o una cima sciolta. Una rete era piuttosto improbabile: il canale era troppo stretto perché i pescatori vi gettassero le reti. Se invece si trattava di una cima, sarebbe stato piuttosto difficile districare l'elica. Spense il motore e saltò a riva. Anche da lì non vide nulla di strano, così cominciò a sondare l'acqua fangosa con una lunga canna di bambù che aveva comprato per sua moglie, come stenditoio per il loro balcone.
Dopo alcuni minuti toccò qualcosa sotto l'imbarcazione. Sembrava un oggetto soffice, piuttosto voluminoso, pesante.
Questo pezzo è tratto da:

La misteriosa morte della compagna Guan
Qiu Xialong
Marsilio Editore, ed. 2002
Collana "Tascabili Maxi. Gialli"
Traduttore P. Vertuani
Prezzo 12,50€

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domenica 23 novembre 2014

L'ha detto... Bertrand Russell


Fonte: Elnografo


L'entusiasmo è per la vita quello che la fame è per il cibo. 
 Bertrand Russell

venerdì 21 novembre 2014

"La vita sobria. Racconti ubriachi", AA.VV. - I due lati della bottiglia...


Fonte: TerzoBinario

Se dovessi descrivere ciò che pensi, vivi cosa ti emoziona e cosa invece no, quale sarebbe la maniera più semplice? Probabilmente il modo migliore passa attraverso la descrizione del nostro lato oscuro. Vizio o virtù? Vizio, o anche dipendenza. Sembra questo il leitmotiv della raccolta di racconti di cui vi parlo oggi e che è uscita, da qualche giorno, per Neo Edizioni. Un viaggio, a volte tortuoso, attraverso un mondo che viaggia su un confine tortuoso quello fra gusto e dipendenza. E' interessante riflettere su quali implicazione e quale importanza possa arrivare ad avere per noi un oggetto come una bottiglia di vino e il suo contenuto.

Dieci scrittori si sono cimentati nel descrivere questo aspetto della vita raccontando parte della milioni sfumature del mondo della vita, chiamiamola, alcolica. Da dove si comincia a cosa comporta, il significato delle cose che si riflette nelle rivelazioni della bottiglia, la penitenza analcolica e la deriva della sbronza. Non è necessario marcare nettamente il percorso scandendolo nelle sue tappe cronologiche, anche perché sarebbe complicato - riunendo così tante penne diverse - far raccontare da ognuno una fase che non si trovi a sbordare in quelle altrui, ma le fasi salienti si colgono nello zigzagare tra una esperienza di vita e l'altra. Se la bottiglia si rompe potrebbe essere foriera di brutte notizie, per il futuro, anche se prima, nel presente in cui l'hai presa, lo stesso oggetto integro è messaggero della buona novella. Ma la bottiglia è anche ricordo, quello che ci riporta indietro negli anni, quando era sinonimo di unione e condivisione di un ideale e del ritrovarsi nonostante quella dittatura che cercava di dividerci dalle persone  reputate pericolose. E il ricordo, non necessariamente è velato di nostalgia, può essere recente e doloroso e, attraverso il liquido che contiene, può velare o svelare la realtà. Può farci sentire forti ed essere una sorta di comfort-food, ma può velocemente diventare veicolo di solitudine, amplificatore e creatore di nuovi dolori, e al contempo, una volta svanito l'effetto, rivelatore dell'inferno che solitamente ci rifiutiamo di vedere.

È un inferno che conosciamo, almeno sulla carta, quello del rifugio verso il liquido ambrato che è inizialmente uno status symbol o anche un modo di apprezzare le meraviglie dell'umana trasformazione delle materie prime. È come il formaggio, un qualcosa che è  innocuo come il latte può trasformarsi in milioni di derivati che hanno acquisito il carattere, attraverso la trasformazione, come anche la pericolosità. Così avviene alla società che tenta di trasformarsi in ciò che non è, ma che contestualmente prova e riprova ad essere ciò che vorrebbe essere, ma che ,in fondo, non ha capito bene di cosa si compone. Si ripetono i processi di vinificazione e si rivivono anche le stesse esperienze, forse per migliorare ma probabilmente per capire. Cosa ho sbagliato? O cosa non ho capito? Come posso migliorare il risultato o come posso trasformare una sconfitta in nuova linfa per arrivare ad una vittoria?

L'alcool dà l'alcool toglie, una madre alla figlia, una amore all'amata/o, una vita a chi vi si perde. Se sia giusto o no, è difficile da stabilire, perché come viene fuori da questa raccolta, l'alcol è pericoloso ma anche compagno anche quando non si eccede nel suo consumo. Ogni storia alcolica appartiene a chi la vive. Ogni storia ha il suo protagonista e il suo carico di esperienze e di amori. Ogni uomo ha la sua risposta. Che sia per salute o per piacere non importa. Ogni storia è un mondo a sé. Che si nasca portati alla dipendenza? Probabilmente no, si nasce dipendenti dall'emozione e quando questa manca, come una bimba che viene rifiutata dal padre, é facile associare alla dipendenza situazioni e non l'emozione ferita.

Tra i racconti spicca quello di Stefano Sgambati che, nel suo approccio al tema si presenta in una veste diversa da Eroi Imperfetti e diventa felicemente narratore "maledetto" in una sintesi micidiale di una perdita e della bottiglia che annunciava l'evento. La bottiglia ha una natura circolare e nella circolarità della vita lo stesso oggetto rappresenta la vita che oggi dà e domani toglie. rimane l'oggetto, oppure un ricordo ma sicuramente rimane il dolore e la remora di ciò che sarebbe potuto essere, e per il fato, non sarà. A conferma della maturità di questo scrittore che sa porsi davanti al suo lavoro in maniera sempre rinnovata e sperimentale. Questo Sgambati, a me è proprio piaciuto!

Si legge veramente in un attimo questa raccolta. Piena di spunti e di prove di scrittura che formano insieme non solo un viaggio alcolico ma anche un laboratorio di scrittura dove la trama e le parole vanno cercando nuovi modi per raccontare e raccontarsi.
Raccolta consigliatissima, ben fatta e coinvolgente sopratutto per una come me che, pur non essendolo, vive una vita da astemia!
Buone letture,
Simona Scravaglieri

La vita sobria. Racconti ubriachi.
AA.VV.
Neo Edizioni, Ed. 2014
Collana "Iena"
Prezzo 13.00€


Avevo chiesto ad un amico di farmi una foto fuori dall'usuale...
Nessuno crederà mai possa averla fatta io! :D




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mercoledì 19 novembre 2014

[Dal libro che sto leggendo] Scrivere e riscrivere #occhioallapenna



Fonte: LettureSconclusionate


Pensavate che le mie dichiarazioni, riguardo il voler collezionare tutta la raccolta, della scorsa settimana sarebbero rimaste lettera morta? E invece eccoci qui, con un'altra puntata de "La scuola del racconto" di Guido Conti per Il Corriere della Sera. Questa volta, dopo aver affrontato nel primo libro "come si legge", affrontiamo "la riscrittura".

Detta così, ammetto, non dice poi molto ma, se ampliamo il concetto, coinvolgendo anche Maupassant la nebbia si dirada quando Conti spiega che, complice l'ampliamento dei possibili lettori -dopo la metà dell'ottocento anche l'editoria affronta la questione industriale e la nuova attenzione all'alfabetizzazione-, la scrittura non si ferma solo alla "questione puramente letteraria" ma spazia anche nel campo giornalistico.

Nel caso ancora più specifico, alcuni pezzi scritti da questo autore per i giornali sono stati rimaneggiati, da lui stesso, per uscire come racconti. Quindi il focus è capire e carpire i segreti per rileggersi e anche trasformare qualcosa in altro. Questione che peraltro è complicatissima da fare, a me succede molto spesso in piccolo quando scrivo i post di questo blog. Se dovessi rimaneggiare i post pubblicati, e devo dire che una volta ci ho anche provato, sarebbe una battaglia persa. Chissà se con queste indicazioni il mio rapporto, con i pezzi di cui vado meno orgogliosa, cambia. Vi farò sapere!

In questo caso ho scelto di tralasciare l'introduzione e darvi un assaggio del primo capitolo che fa i confronti fra un resoconto giornalistico che si chiama "Storia di un cane", che non vi riscrivo altrimenti il post diverrebbe la Divina Commedia. Il racconto rimaneggiato esce sotto il titolo "Mademoiselle Cocotte". 

Prima di lasciarvi alla lettura vi lascio anche queste informazioni:
per commentare online questi libri è disponibile anche un hastag: #occhioallapenna e c'è anche un anche un blog Tumblr "Occhio alla penna". Sembra una pessima battuta ma "buttateci un occhio"!

Buone letture,
Simona Scravaglieri


Mademoiselle Cocotte: prima e dopo

Cominciamo dalla fine. In Storia di un cane, l'autore conclude sottolineando la veridicità della storia.La vicenda narrata è realmente accaduta, puntualizzata, e questo è il suo maggior pregio.  
Questa storia ha un solo merito: è vera, interamente vera. Senza lo strano incontro col cane morto, dopo sei settimane e a sessanta leghe di distanza, non l'averi certamente ricordata: Se ne vedono tante, tutti i giorni, di queste povere bestie senza dimora!Se il progetto della Società protettrice degli animali sarà realizzato, forse incontreremo meno cadaveri a quattro zampe arenati sulle sponde del fiume. 
Così si conclude l'articolo di giornale. Il valore del testo dunque non è dato dalla sua costruzione ma dalla sua rispondenza ai fatti. Ben diverso è i caso di un'opera narrativa in cui lo stile, la chiarezza, la forza emotiva morale sono gli elementi importanti. Leggiamo adesso il racconto Mademoiselle Cocotte per scoprire come l'autore abbia prodotto questo "supplemento di valore narrativo", attraverso un'analisi del lavoro di taglia e cuci, di riscrittura e rifinitura fatto dal passaggio dalla prima versione giornalistica al racconto vero e proprio. Osserviamo come la vera scrittura creativa stia nel correggere, nel mettere a fuoco la prima idea, nel ripensare parti più o meno lunghe, calibrando il tutto per raggiungere la pulizia e l'armonia perfetta di struttura e linguaggio. Come vedremo, grazie a questa operazione sul testo, fatta di varianti a volte minime, il racconto e l'impressione che esso lascia sul lettore cambieranno profondamente. Madame [refuso: era Mademoiselle] Cocotte comincia così:


Stavamo uscendo da un manicomio, quando scorsi in un angolo del cortile un uomo alto, magro, che ripeteva ostinatamente l'atto di chiamare un cane immaginario. Con voce dolce, tenera, gridava:"Cocotte, piccola Cocotte, vieni qua Cocotte, vieni qui, bella" battendosi sulla coscia come si fa per attirare le bestie.Chiesi al medico "Quello, chi è?".Mi risposte " Oh! Quello non è interessante. È un cocchiere di nome François, diventato pazzo dopo aver annegato il suo cane".Insistei: "Raccontatemi la sua storia. Le cose più semplici, più umili, sono quelle che a volte ci toccano il cuore".Ed ecco la storia di quell'uomo, riferita per intero da una palafreniere suo amico.

Maupassant, nella nuova versione, taglia il cappello introduttivo dal precedente pezzo giornalistico, in cui riassumeva la notizia della nascita di un ospizio per cani randagi che, a Parigi di metà Ottocento, doveva essere un grande problema non solo sociale ma anche sanitario. Siamo agli albori degli Enti per la protezione degli animali e della nascita dei canili comunali, alle origini di una niova sensibilità verso il mondo animale, una delle conquiste del mondo moderno che porterò alla Carta dei diritti riconosciuta a livello internazionale. In un articolo, è la "notizia" della progettata fondazione del canile a catturare l'attenzione del lettore.Nel racconto si entra nella storia nel modo più efficace: con un dialogo, un movimento a due. di botta e risposta, che da subito mette il lettore di fronte ai personaggi con la più efficace delle caratterizzazioni, il linguaggio. La storia, a cui il dottore è indifferente, tocca invece il cuore del narratore. In Mademoiselle Cocotte la notizia della nascita degli ospizi per i cani perde senso ed è François che diventa subito protagonista, quindi è lui che compare fina dall'inizio sulla scena, nel cortile del manicomio.Importante peraltro sottolineare che la veridicità dei fatti è un'ossessione ricorrente nell'opera narrativa di Maupassant, quasi egli dovesse ricordare sempre al lettore le follie e il disordine del reale. Questa volta preferisce invitare ad ascoltare il racconto del palafreniere sottolineando che la sua bellezza sta nell'essere umile e semplice.

Questo pezzo è tratto da:

Scrivere e riscrivere
Con i racconti di Guy De Maupassant
Guido Conti
Corriere della Sera Edizioni, Ed. 2014
Collana "La scuola del racconto" Vol.2
Prezzo 6,90€ (Più il prezzo del quotidiano)
 solo 6,90€ sullo store del Corriere della Sera

domenica 16 novembre 2014

L'ha detto... André Gide


Fonte: I giorni e le notti


Non credo al diavolo, ma è proprio quello che il diavolo spera: che non creda in lui. 

 André Gide

venerdì 14 novembre 2014

"The White Family", Maggie Gee - I gradi di sofferenza per la pura bellezza...

Fonte: Edencaf

Quando penso a libri libri del genere penso a tutte le inutili discussioni che ho fatto nel tempo sulla necessità o no di fare recensioni negative. Non è un libro da recensione negativa, ma per arrivare a comprenderne la bellezza lo devi sviscerare e analizzare come se stessi facendo una recensione negativa. Come sempre detto negli anni, recensire un libro che non è piaciuto richiede forti motivazioni e non un semplice "non m'è piaciuto!". Se, però, non mi mettessi a scrivere ogni volta ciò che penso di quel che leggo, libri come questo, come anche "Il sale" e "La città degli angeli" non avrebbero svelato la loro bellezza. Io li definisco i libri a "scoppio ritardato" quelli che odi tra pagina 80 e pagina 100 fino alla fine e che, una volta chiusi, digeriti e analizzati si svelano nella loro immensa bellezza e non ti lasciano proprio più.


Solitamente sono saghe di famiglie o, come nel caso della Wolf, il caso parte da una questione di famiglia per diventare altro. Sempre la questione verte su un dolore, da ciò che lo provoca e ciò che comporta, ma sempre è evidente che il "dolore" non è qualcosa che continui a sentire ma diventa qualcosa che fa parte di te e che modifica il tuo essere in rapporto con te stesso e con gli altri; il dolore guida le tue scelte, i tuoi successi e i tuoi insuccessi ma questi ogni volta che avvengono non minano il dolore che rimane inalterato. Altra cosa che è ricorrente è che questo dolore, che assomiglia a quello che ci portiamo dietro quando viene a mancare qualcuno che ci è caro, è un dolore senza perdono. Non si può annullare con una atto di clemenza ma chiede altro: la comprensione.
Intesa come conoscenza, la comprensione in questo caso amplia questo concetto per diventare quello stato psicologico che ti permette di capire che cosa ha generato quel comportamento e la scelta deliberata di perseguirlo. E' solo in quel momento che siamo in grado, secondo questi autori, di superare questo status per far diventare questo "dolore" paritetico a quello che ci accompagna giornalmente ma che non influisce più così pesantemente sul nostro modo di essere.

E' quello che succede e non succede anche qui. Siamo di fronte alla famiglia White, siamo a Londra e intorno agli anni '60-'70. La guerra è lontana, ma Alfred, padre di famiglia se la ricorda ancora bene, ricorda che da giovane che non aveva studiato è partito per la sua patria, che quando è tornato, nel parco dove oggi è rimasto l'unico guardiano, ha conosciuto May, ballando insieme a lei e innamorandosene quasi subito. Ricorda lo stupore e il piacere del fatto che lei, di un tipo di famiglia diversa e con un grado di studio molto più alto del suo, abbia accettato subito la sua proposta di matrimonio e ricorda la gioia, sempre nascosta perché non si pensasse che fosse meno "uomo", per la nascita dei suoi tre figli. Darren, Shirley, Dirk sono tre risposte diverse ad una vita difficile con un padre difficile. La fuga, la scelta diversa e la ricerca di approvazione. Padre padrone, le botte, la mancata esternazione di affetto, comprensione e lode, l'alcol e l'assenza sono tutte cose che fanno sparire i passi invece fatti per amore verso i figli. Così Darren fugge grazie alla carriera fortunata di scrittore e Shirley sceglie di sposarsi con un uomo di colore in un momento dove la questione razziale è molto sentita e Dirk, il piccolo di casa, cerca l'approvazione del padre nelle sue frequentazioni ed esternazioni filo razziste.
Si ritrovano tutti al capezzale del padre, soccorso da un amico di famiglia Tom, ed è in quell'attimo che la storia comincia. E' l'inizio del percorso di dolore verso la comprensione, ma non è detto che tutti riescano ad arrivarci.

Ecco, come già detto questo è uno dei libri che ho odiato da pagina 100. il problema appartiene al tipo di scrittura e alla scelta di svolgimento della trama. oltre ad avere simili risvolti, questi libri sono la risposta a coloro che sostengono che "la vita sia troppo breve per leggere ciò che non mi piace". Sono composti di quelle che io definisco "pagine pregne" che senza alcun sotterfugio letterario - ripetizioni, metafore e via dicendo - fanno sì che ogni volta che hai letto due pagine ti sembra di aver letto un capitolo intero. In parte è dovuto all'architettura del libro, spesso i capitolo sono dedicati a singoli personaggi andando avanti e indietro nella loro vita personale per svolgere, volta per volta, quanto ha creato quello che sono nel presente della narrazione. In altri casi la costruzione è dedicata alla sommatoria di situazioni, ma non è questo il libro in questione. Altro motivo possiamo ritrovarlo nelle continue tensioni che compongono la trama fin quasi a spezzarla e le continue deviazioni di rotta senza un finale certo. Anche questa è una forma di arte, che si caratterizza per tutti questi strappi che si creano senza una direzione certa e senza un finale previsto fino all'ultima pagina. Che poi, a dirla tutta, un finale non c'è affatto, c'è un altro inizio, che però non annuncia un libro successivo ma conferma che la vita non finisce, continua oltre le nostre perdite finché non siamo noi stessi a morire. 

Allora la nostra vita finirà ma la vita di tutti proseguirà rigenerata dalla comprensione di ciò che è successo, in quel lasso di tempo in cui noi e coloro che ci sono sopravvissuti siamo entrati in contatto. In quel momento, la morte,  evolviamo in base alla comprensione di ciò che abbiamo vissuto. Non giustifichiamo e ne perdoniamo, capiamo le motivazioni delle scelte altrui che hanno influito sulla nostra vita, passiamo oltre, memori di quello che abbiamo imparato, sperando di non sbagliare più, ma forse commettendo nuovi errori - nessuno è perfetto - ma sperando di fare sempre minori danni di quelli che abbiamo subito noi.

A questo servono libri del genere ed è per questo che sono necessari i gradi del dolore dei personaggi, e anche del lettore. Perché è in casi come questo che concetti, sensazioni, emozioni non ti lasceranno mai, rimarranno lì a ricordarti storie come queste che con l'odio hai vissuto personalmente con i personaggi di cui hai letto e sono la vera magia che si nasconde nei libri. Maggie Gee è una che ha fatto la sua gavetta, che ha scritto per riviste di narrativa contemporanea e sperimentale come l'inglese Granta e che nel suo porsi ai lettori cerca di replicare le emozioni di cui parla a chi si avvicina alla su scrittura.
Ha anche trovato una felice traduzione italiana ad opera di Giovanni Giri per Edizioni Spartaco - guarda se questa decisione di scegliere nominare i traduttori non mi farà diventare anche una che selezionerà i libri in base a chi ha tradotto! - che è riuscito a rendere l'atmosfera di questo genere di libro.

Inutile dire che è un libro consigliatissimo, che continuerò a leggere libri del genere quando mi capiteranno. La persistenza di un libro è data dal fatto che ci possa abbandonare o no nel tempo. Io questo libro l'ho iniziato a Gennaio, interrotto a Febbraio e ripreso a Marzo per finirlo ad Aprile. Non l'ho aperto oggi, non è stato necessario. E' rimasto tutto ancora nitido, così come avviene per "La città degli angeli" e per "Il sale".

Buone letture,
Simona Scravaglieri

The White family
Maggie Gee
Edizioni Spartaco, ed. 2010
Collana "Dissensi"
Traduttore Giovanni Giri
Prezzo 16,50€

Fonte: LettureSconclusionate





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mercoledì 12 novembre 2014

[Dal libro che sto leggendo] E così vuoi lavorare nell'editoria



Fonte: Pinterest

Se vi viene il sospetto che io stia leggendo tutta la collana diretta da Giulia Mozzato (I libri di WuZ), ebbene sì, avete ragione. E' un po' come per il libro del Corriere della Sera, sono saggi che aiutano anche i lettori a farsi un'idea. In sostanza spesso mi arrabbio quando trovo errori o se un libro mi sembra lavoro perso e quindi soldi buttati e via dicendo. Ma ve lo siete mai chiesti da dove vengono i libri?

Conoscete tutta quella serie di processi che ci sono fra lo scrittore che ha scritto (e pensa  che sia il libro capolavoro del secolo) e, come Claudia Consoli ci spiegava, "Quando i libri vanno in rete"? Spesso si pensa di conoscerli ma , nella realtà dei fatti, non sempre è ciò che sembra.
Quindi perché leggere questo libro? Probabilmente per cercare di capire un po' le dinamiche che muovono le scelte che poi ci sono, ma non possiamo scinderle dal lavoro originale, generando poi il prodotto che acquistiamo e leggiamo. Che ci piaccia o no non è il punto centrale. ma almenoper una volta potremo sbirciare dietro le quinte.

Oltretutto è anche molto divertente e quindi non vi annoierete di certo!
Buone letture,
Simona Scravaglieri


INTRODUZIONE
Del perché di questo libro

Sette anni fa avevo un lavoro normale, che piaceva molto a mia nonna. Ero assunta ( che aggettivo vintage!) a tempo indeterminato, in una azienda solida, a cinquecento metri da casa. Il gruppo era formato da belle persone, il clima era rilassato, si stava oggettivamente bene. Il lavoro, però, non mi piaceva: non sono il tipo giusto cui affidare un budget in Excel, non so neanche le tabelline.
Un giorno i si presentò l'opportunità di fare un'esperienza nel giornalismo: cercavano una didascalista per due testate di moda. Non serviva una persona preparata, ma semplicemente sveglia e non analfabeta. Non so le tabelline, ma analfabeta non sono. L'esperienza mi piacque, anzi mi galvanizzò. Finalmente facevo qualcosa che sentivo mio, anche se il giornalismo di moda non è proprio un ambiente per damine (avete presente Il diavolo veste Prada?).
Per circa un anno svolsi due lavori. Di giorno ero un'impiegata (quasi) modello,. Timbravo il io bel cartellino alle otto e trenta del mattino e uscivo alle cinque e mezza del pomeriggio. Qui cominciava la mia seconda vita: mi fiondavo in auto e guidavo come una pazza fino alla redazione, in centro a Milano, dove lavoravo alle mie didascalie fino a quando l'impresa di pulizie non mi cacciava fuori.
Fu un periodo molto stancante, ma anche stimolante, emozionante (e tanti altri begli aggettivi che finiscono in -ante). Giunse però il momento in cui mi resi conto di non essere né carne e né pesce: non ero un'impiegata, perché dentro non lo ero mai stata; e non ero una giornalista, perché mi ci dedicavo per troppo poco tempo e in modo saltuario.
Decisi quindi di votarmi a una sola delle due strade, quella dell'incertezza, del precariato (che si chiama free lance), delle cose che non sapevo fare.
pochi mesi dopo, sempre alla ricerca di nuove collaborazioni ed esperienze, iniziai a lavorare per una piccola  prestigiosa casa editrice di Milano. Cercavano un editor e, sebbene non avessi mai fatto l'editor, mi candidai, vendendo con molta abilità tutto quanto avevo imparato in redazione. Funzionò.
Messa così può sembrare che sia stata solo questione di fortuna - e, certo, una bella botta di... non guasta mai - ma avevo appreso parecchie cose lavorando per le testate di moda, molte delle quali non avevano nulla a che vedere con i refusi e l'impaginazione.
All'inizio della mia collaborazione la piccola e prestigiosa casa editrice per cui lavoravo pubblicava sei libri l'anno. Oggi sono più di venti, tra narrativa e saggistica.
Il mio primo libro (e test d'ingresso, credo) fu un saggio sulla storia delle Repubbliche del Plata. No sapevo nemmeno dove fossero le Repubbliche del Plata. Lo imparai, come imparai moltissime altre cose: leggendo e, soprattutto, sbagliando.
Dopo essere sopravvissuta alle Repubbliche del Plata, sono passata attraverso romanzi fantascientifici, raccolte di poesie, noir, saggi di storia diFisica nucleare, ricette di cucina, critica cinematografica, teatro, storia, ucronia, romanzi d'amore.
Negli anni ho attivato nuove collaborazioni con altre case editrici, come redattore, editor, correttore di bozze e con alcune testate come redattore.
Ho, in altre parole, svolto un percorso completo come ultima ruota del carro presso una testata di moda, a editor, passando attraverso l'ebbrezza dell'impaginazione, le presentazioni, la vendita dei volumi al banchetto. le fotocopie e il caffè. Tengo a precisare che, ancora oggi, faccio sia le fotocopie che il caffè. 
Questo libro parla della mia esperienza di editor, che presenta - com ho avuto modo di scoprire frequentando  i colleghi - aspetti tragicomici in comune con molti altri editor.
Ci troverete la persecuzione da manoscritto e l'ossessione da refuso, l'esordiente esuberante e lo scrittore saccente, l'errore dell'ultimo minuto e la fissa per le vedove, le telefonate infinite  le integrazioni via sms, l'arte del copia e incolla e la gioia dei ringraziamenti.
Tutti i tic del nostro mondo - spesso poco conosciuto, amato quanto inviso - su cui è bello, ogni tanto, farsi una risata.

Questo pezzo è tratto da:

E così vuoi lavorare nell'editoria
I dolori di un giovane editor
Alessandra Selmi
Editrice Bibliografica, ed. 2014
Collana "I libri di WUZ"
Prezzo 9,90€



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domenica 9 novembre 2014

L'ha detto...Jorge Luis Borges


Fonte: Sidekickbooks



La terra è un paradiso. L'inferno è non accorgersene. 
 Jorge Luis Borges

venerdì 7 novembre 2014

"L'arte di leggere. con i racconti di Cēchov" Guido Conti - Il lettore e lo specchio...


Fonte: Frammenti da attimi


Dopo averlo finito ne penso ancora bene è questa è cosa buona. L'arte di leggere, in fondo, è un po' quella di fare le pulci all'opera dell'autore. In alcuni punti viene facile anche a me e in altri, complice la storia che magari mi prende, lo è molto di meno. Sta di fatto che condivido in pieno le mappe della lettura, di cui questo spazio si pregia di una pagina ad hoc - come è quella dei percorsi di lettura-, e che mi piace, probabilmente perché è una cosa che mi è congeniale il saltare da un autore all'altro senza soluzione di continuità basandosi solo su un argomento o su un'immagine. E' una cosa che faccio spesso e che consiglio sempre a chi mi capita a tiro.

Questo, che è il primo volume della collana "La scuola del racconto", parte dal concetto di base, che pare che sarà comune per tutti i dodici libri, che leggere è la base primaria per scrivere. Nulla di nuovo, lo abbiamo sentito dire da molto scrittori e anche da chi si presta all'insegnamento della scrittura creativa. La novità qui è un'altra, che questa tesi viene argomentata e corredata di esempi. Pertanto, in questo libro in particolare, viene dedicato un ampio spazio alla formazione di un approccio alla lettura selettivo, non delle opere quanto del modo di rappresentare le immagini o le situazioni in generale. Si legge Cēchov, come cita il sottotitolo, ma anche altri autori legati al principale dall'aver trattato lo stesso tema, "lo specchio", e che formano insieme una piccola enciclopedia di modi e maniere per affrontarlo. Il senso è chiaro, costruirsi un brogliaccio di esempi cui attingere e che bisogna saper distinguere e a volte copiare per poter evolvere verso altre forme. Prima sarà facilmente individuabile la fonte e poi, pian piano con l'esercizio, l'insieme sarà omogeneo e forse la copiatura potrà appartenere finalmente al mondo della citazione.

Inutile ribadire che lo stile è scorrevole e la trattazione non ha sezioni pedanti; persino nei riferimenti bibliografici o sulla storia del citato autore riesce a non annoiare il lettore. La scelta di trattare il tema del racconto ricorda molto Carver, cui fa spesso riferimento, e la sua oramai famosa affermazione " scrivo racconti perché scrivere romanzi mi annoia"' anche se, Guido Conti, ci tiene a precisare - come faceva anche Carver nei suoi corsi di scrittura creativa-, che partire da un racconto, in particolare brevissimo, è una parte importante della formazione dello scrittore. Se si apprende, e si sa mettere su carta, la distinzione fra ciò che è essenziale e ciò che sarebbe un'aggiunta non dovuta, si è già a metà dell'opera.

Mi è veramente piaciuto e sicuramente comprerò anche gli altri che sono disponibili anche sullo store del Corriere della sera.
Buone letture,
Simona Scravaglieri


L'arte di leggere con i racconti di Anton Cechov 

Edizioni Corriere della sera, ed. 6 nov. 2014 
Collana " La scuola del racconto. Leggere per imparare a scrivere" 
Prezzo 6,90€ (più il prezzo del quotidiano, o solo il prezzo sullo store del Corriere) 

Fonte: Letture Sconclusionate


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mercoledì 5 novembre 2014

[Dal libro che sto leggendo] #Lascuoladelracconto de Il @Corriereit : L'arte di leggere con i racconti di Cechov

Fonte: LettureSconclusionate

Sono veramente contenta di darvi questa anticipazione e questo assaggio del libro che troverete allegato al Corriere della Sera il 6 Novembre. Si tratta di una nuova collana intitolata appunto "La scuola del racconto" che è a firma di Guido Conti, scrittore e Professore universitario a Parma. Sbrighiamo le formalità in modo da poter parlare del libro che vi presento oggi.

La collana si compone di 12 volumetti che usciranno ogni sabato a partire da quello venturo e sono così intitolati:

  • L'arte di leggere (Anton Cechov)
  • Scrivere e riscrivere (Guy de Maupassant)
  • Dall'idea alla pagina (Nathaniel Hawthorne)
  • La nascita del personaggio (Givannino Guareschi)
  • Suspence e thriller (Edgar Allan Poe)
  • Scrivere una favola ( Hans Christina Andersen)
  • Il gioco dell'umorismo (Cesare Zavattini)
  • L'architettura delle novelle (Giovanni Boccaccio)
  • La costruzione del giallo (Gilbert Keith Chesterton)
  • Le forme della scrittura breve ( Michail Bulgakov)
  • La satira politica e di costume (Carlo Collodi)
  • Dall'apologo all'aforisma (Franz Kafka)
Se vi state chiedendo perché vengono riportati a lato i nomi di grandi scrittori la risposta è nell'introduzione che oggi vi riporto e che in breve si può riassumere in "Per scrivere bene bisogna imparare a leggere bene". Ecco, secondo il mio modesto parere, leggere bene fa ancor meglio a chi, invece, non ha ambizioni lastricate di pagine e di bit degli ebook ma vuole soltanto essere un buon lettore. 

Dopo quattro anni di lavoro per questo blog mi accorgo che il mio modo di leggere è molto cambiato dall'inizio. Sono più esigente per me stessa ma più aperta a nuove esperienze. Eppure nonostante tutta l'esperienza maturata nell'ansia di non inciampare in qualche post, ancora oggi mi rendo conto che ogni tanto qualcosa mi sfugge e titoli che ho letto da tempo, stazionano in attesa di essere trattativi come si conviene fra le pagine di questo diario elettronico di lettura.
E' per questo che ho accettato di riceverlo prima e sono ancora più contenta di parlarvene sperando che anche voi vogliate provate in anteprima questa esperienza. 

In sostanza la tesi è che la miglior scuola di scrittura è quella che si apprende da chi questo lavoro lo ha fatto e lo ha trasformato in maniera tale che fosse intaccabile dal passare degli anni,secoli o anche solo decenni. Si parte dall'approccio vero e proprio al testo, passando perfino da uno scrittore che ho amato molto, Varlam Salamov, analizzando già qualche trucco fino ad arrivare a Cechov.

Il volumetto è ben fatto, il testo è scorrevole e affatto noioso. Non troverete pedanti lezioni sulla costruzione della frase ma commenti vivaci e puntuali che fanno apprezzare qualsiasi scelta stilistica vi venga posta davanti al netto del gusto personale. Infatti il punto principale non è che a voi piaccia o no questo o quello scrittore ma l'apprezzamento al valore della sua opera è data dall'individuazione di quei fattori che hanno reso celebre un'opera. Ci sono gli approcci carveriani che creano e limano e tagliano e riguardano per perfezionare il racconto dato alle stampe e ci sono quelli che scrivono di getto. Nessuno può sapere a priori se ha o no il talento, ma può sempre esercitarsi e prendere spunto dai grandi per poter creare un prodotto finito che sia godibile e accettabile.

Leggere diventerà un lavoro o uno studio? Non credo, ma probabilmente diverremo sicuramente lettori più consapevoli.

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Introduzione 
Leggere per scrivere 
Imparare a scrivere direttamente dai grandi autori si può: basta leggerli nel modo giusto. Ovvero andando al di là del semplice piacere del teso, per indagare la costruzione e lo stile; lasciandosi incuriosire dalle riscritture e dai "montaggi"; entrando, insomma, nel loro laboratorio.
Ci sono tanti modi di leggere: per lavoro, per divertimento sotto l'ombrellone, per passione letteraria, per conoscere un autore. Per scoprire l'assassino, vivere un'avventura o sognare storie d'amore. Si legge anche come gesto rivoluzionario, per difendere la propria libertà, in casi estremi contro i regimi dittatoriali che impediscono la libertà di scrittura sperando di ridurre il popolo all'ignoranza. Non a  caso finiscono spesso sulla linea di fuoco di ogni dittatura i poeti, i narratori e i giornalisti, gente libera di pensare e quindi "pericolosa". Sempre non a caso, il declino di un Paese è accompagnato da una sirena  di allarme: "Non si legge più". Neanche a scuola. Ed è questo il caso dell'Italia. i ripetuti tentativi di distruggere la nostra pubblica istruzione con la scusa di renderla "più moderna", i programmi sfoltiti con l'accetta per "facilitare l'accesso", la deriva secondo cui il fine pedagogico diventa creare lavoratori e non formare cittadini hanno prodotto un solo, grande risultato: l'innalzamento del tasso di analfabetismo di ritorno.
Nello stesso tempo, in Italia si scrive. Si scrive molto, con passione, e a volte con buoni risultati. Questo è incoraggiante, a patto di ricordare che per imparare a scrivere occorre leggere, molto e nel modo adatto. Invece, pochi leggono per imparare a scrivere. Pochi, per il momento, hanno scoperto quanto sia intrigante impadronirsi dei segreti di un autore.
Non amo i classici manuali di scrittura creativa, perché spesso sono strumenti asettici e si riducono a eserciziari corredati di citazioni o raccolte di esempi, con modelli e forme che in realtà nascondono un unico grande archetipo: la retorica. Si parla dei personaggi e di come definire il carattere, della trama o delle trame del racconto, di come iniziare , come chiudere, come fare i dialoghi e le descrizioni... Quasi che tutto andasse calibrato e strutturato secondo regole e forme che precedono il racconto vero e proprio: perché bisogna scegliere tra la prima e la terza persona, se sia meglio scrivere al presente o al passato, e così via, con una serie di indicazioni formali e di utilità limitata.
Il problema è che i narratori veri non lavorano davvero così. la tecnica non precede il racconto, semmai è la storia che ha bisogno della tecnica per essere prima costruita e poi compresa nel modo migliore. Nell'idea di insegnare a montare una storia  come fosse una macchina è il "senso" del processo ad essere sbagliato: è più produttivo, oltre che infinitamente più interessante, smontare la macchina per capire i segreti della sua costruzione. scoprire da dove gli autori prendono un'idea e la sviluppano, come la riscrivono, come imitano gli altri, come fanno palestra all'inizio. Questo è secondo me l'approccio più interessante allo scrivere:porsi delle domande partendo dai testi e leggere i grandi autori per capire come creano. E il bello è che non ci sono regole a priori perché ognuno di loro insegna sempre qualcosa di nuovo a tutti.
Gli scrittori partono da un'intuizione, da un'idea, da un incontro, da storie già mezze scritte o sentite da altri. poi usano la tecnica per plasmare e modellare il racconto secondo il loro stile e la loro idea di letteratura. Spesso il personaggio ti prende la mano, fa e dice quello che vuole lui, la vicenda si dipana secondo piani non previsti, e la libertà dell'invenzione fa saltare qualunque sinossi. proprio nella dialettica tra libertà del testo e rigore del lavoro di scrittura si sviluppa l'atto della creazione letteraria, tra intuizione e applicazione, tra il colpo di fulmina e il lungo, faticoso lavoro di pialla. la scrittura non si limita mai alla prima stesura, e non di rado è preceduta, come accade a molti grandi scrittori, da un momento di progettazione e incubazione che può durare anche anni. mentre il vero momento creativo inizia spesso con il successivo lavoro di taglia e cuci, di limatura, di affinamento, di correzione. Scrivere è un lavoro lungo fatto di ripensamenti e cancellazioni continue. per certi miei romanzi sono arrivato a fare anche quindici stesure in anni diversi. Le prime versioni del mio romanzo Il tramonto sulla pianura, edito nel 2005, sono della fine degli anni Ottanta. il lavoro di correzione, com'è accaduto a ben altri autori - a Manzoni con il Fermo e Lucia o alla Gerusalemme liberata del Tasso, o alla revisione dell' Orlando furioso del 1916 [nota mia è un refuso la data corretta è 1516] dell'Ariosto - porta a risultati e a opere completamente diverse. Come appunto I promessi sposi, la Gerusalemme conquistata o l'Orlando furioso del 1521 e del 1532.

Questo pezzo è tratto da:
L'arte di leggere 
con i racconti di Anton Cechov
Edizioni Corriere della sera, ed. 6 nov. 2014
Collana " La scuola del racconto. Leggere per imparare a scrivere"
Prezzo 6,90€ (più il prezzo del quotidiano)

domenica 2 novembre 2014

L'ha detto... Virginia Woolf

Fonte: Observationdeck



Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine. 
 Virginia Woolf
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