venerdì 31 ottobre 2014

Non ce l'ho fatta...



Fonte: meteoweb


...l'influenza ha vinto stavolta. Martedì sono riuscita a scrivere il post del [Dal libro che sto leggendo], ma il continuo tossire e il mal di testa fisso non mi danno pace e, stasera, mi devo arrendere.

La prossima settimana sono certa che andrà meglio,
perdonatemi.

Buone letture,
Simona Scravaglieri

mercoledì 29 ottobre 2014

[Dal libro che sto leggendo] Le indagini dell'investigatore Philo Vance


Fonte: The Big Game Hunter


Diciamo, e non è un bel modo di cominciare un post, che le regole, di cui vi delizio oggi, Van Dine le ha seguite tutte. All'elenco dettagliatissimo, che segue e che è posto all'inizio della raccolta, va aggiunta l'ultima regola, la più importante di tutte: non ammazzare di noia il tuo lettore.

Io non ho ancora letto tutti i gialli di Van Dine della raccolta ma se di ogni due pagine di un giallo ti viene sonno qualche problema c'è! E io che mi domandavo il perché non conoscessi questo scrittore! Philo Vance, questo sarebbe il ricco annoiatissimo, ricchissimo, snobbissimo e anche decisamente tuttologo investigatore, è amico del procuratore di New York cui chiede, tanto per conoscere come funzioni la giustizia, di assistere alle indagini di qualche caso accompagnato dal suo amico avvocato che è la voce narrante di questi gialli.

Manco a dirlo, nel primo lavoro, nemmeno arriva sul luogo del primo delitto e già sa chi è stato salvo poi continuare a veder sbagliare il procuratore che segue il filo degli indizi e rimproverarlo in continuazione con una specie di "io so, ma voglio vedere il tuo prossimo errore"! E ogni oggetto, ogni situazione, ogni possibile malattia è oggetto di lunghissime spiegazioni storiche, del nostro tuttologo,  che nulla avrebbero a che vedere con il "giallo".

Anche questo, come i lavori di De Angelis fu oggetto di sceneggiatura e andò in onda il 1974 (un'annatona, non c'è che dire!). Magari nella trasposizione televisiva rende meglio. Cercherò e vi farò sapere!

Ecco credo che questa raccolta la finirò l'anno prossimo, per il motivo di cui sopra, ma è un'ottimo consiglio di lettura per chi, come me, soffre d'insonnia.
Meglio di un sonnifero!
Buone letture,
Simona Scravaglieri

P.s.: Le traduzioni, prima che storciate la bocca, vengono da quelle uscite nella collana "I gialli Mondadori" che vanno approssimativamente dal 1930 al 1940, stando a quello che si certifica all'interno del libro e per buona parte sono traduzioni "anonime". La questione del periodo mi lascia in parte un po' interdetta visto quello che si diceva per Augusto De Angelis, ma avrò mooooolto tempo per approfondire e riferirvi nella recensione relativa a questo libro.



Venti regole per il delitto d’autore


suggerite da S.S. Van Dine in un articolo apparso nel settembre 1928 su «American Magazine» 

1. Il lettore deve avere le stesse possibilità di risolvere il mistero che ha l’investigatore. Ogni indizio e ogni traccia debbono essere accuratamente descritti e annotati.

2. Il lettore non deve essere oggetto di trucchi e raggiri diversi da quelli che il criminale usa legittimamente nei riguardi dell’investigare.
3. Le storie d’amore non devono essere troppo appassionanti. Lo scopo è quello di condurre un criminale davanti ai giudici, non due innamorati davanti al prete.

4. Il colpevole non deve mai essere né l’investigatore né uno dei poliziotti ufficiali. Questo è un gioco che non rende: sarebbe come far passare una moneta lucida per una moneta d’oro. Sarebbe come testimoniare il falso.

5. Bisogna arrivare a smascherare il colpevole attraverso deduzioni logiche, non per coincidenze o per caso, o per una confessione non motivata. In questo modo, è come se si volesse avviare il lettore su una pista sbagliata, svelando poi il vero oggetto dell’indagine come si tira fuori un asso dalla manica. Un autore che si comporti così non è che uno spiritoso di cattivo gusto.

6. In ogni romanzo poliziesco deve esserci un poliziotto e un poliziotto è tale in quanto indaga e deduce. Suo compito è di raccogliere indizi che permettano la cattura del criminale colpevole del delitto commesso nel primo capitolo. Se il poliziotto non riesce a conseguire lo scopo secondo questo modo di procedere, in realtà non ha risolto il caso, così come non risolve il problema lo scolaro che ne copia la soluzione dal libro di matematica.

7. In un romanzo poliziesco deve esserci almeno un morto che più è morto, meglio è. Nessun altro delitto inferiore all’assassinio merita trecento pagine. Il lettore deve essere ricompensato della spesa dell’energia impiegata!

8. Per risolvere il problema di un delitto, bisogna basarsi su metodi rigorosamente naturali. È vietato perseguire la verità con sedute spiritiche, letture del pensiero, scritture automatiche, e altri espedienti suggestivi e magici. Il lettore può competere con un poliziotto che faccia uso di metodi razionali: se deve competere anche con gli spiriti e con la metafisica, è sconfitto in partenza.
9. Il romanzo deve avere un solo investigatore, «deduttore» o deus ex machina che dir si voglia. Con tre, quattro, o, peggio, un intero branco di segugi si disperde l’interesse, si spezza il filo logico del discorso, e ci si pone in una posizione di vantaggio scorretta nei confronti del lettore: con più di un poliziotto nel romanzo, il lettore non saprebbe più con chi si sta confrontando, sarebbe come farlo gareggiare da solo in una corsa a staffette.

10. L’autore del delitto deve avere una parte più o meno di rilievo nella storia, deve diventare un personaggio familiare per il lettore e deve interessarlo.

11. I servitori non devono essere scelti come colpevoli, almeno in linee generali: ciò comporterebbe soluzioni troppo facili. Il colpevole dev’essere senz’altro una persona di fiducia, un insospettabile.

12. Qualunque sia il numero dei delitti commessi, il colpevole deve assolutamente essere uno. Può avere complici o aiutanti, ma l’intera responsabilità dei crimini e lo sdegno del lettore devono avere un solo capro espiatorio.
13. In un romanzo poliziesco che sia veramente tale si deve evitare di far ricorso a società segrete, sette, associazioni a delinquere e via dicendo. Una colpa collettiva rovinerebbe la genialità e l’interesse di un delitto, anche se bisogna pur concedere una possibilità al colpevole. Ma una società segreta è un espediente che nessun criminale di classe accetterebbe.

14. I metodi del colpevole e quelli dell’investigatore devono essere assolutamente razionali e scientifici. Intendo con questo che bisogna escludere fantascienza e astuzie irreali alla maniera di Jules Verne. Se uno scrittore ricorre a metodi di questo tipo, si discosta dal genere poliziesco ed entra nel campo vasto e incontrollato del romanzo d’avventure.

15. La soluzione del problema deve essere sempre sotto gli occhi del lettore, ammesso che vi sia un lettore abbastanza attento da vederla. Intendo dire che se il lettore, dopo essere finalmente giunto alla fine della storia alla soluzione, ripercorre il romanzo a ritroso, deve accorgersi che la soluzione era evidente fin dal principio, che tutti gli indizi lo portavano verso il colpevole, e che avrebbe potuto risolvere il caso da sé, senza bisogno di leggere tutto il libro, se fosse stato astuto come il poliziotto. Questo, è ovvio, accade spesso ai lettori istruiti.

16. Un romanzo poliziesco non deve essere troppo descrittivo, o dilungarsi in «pezzi di bravura», in analisi psicologiche, o descrizioni di atmosfere, perché tutto ciò non ha vitale importanza nelle storie di investigazione poliziesca, anzi, rallenta il ritmo, distoglie dallo scopo principale che è quello di analizzare il problema posto e condurlo a una piena soluzione. Naturalmente una narrazione, per essere verosimile, richiede un minimo di brani descrittivi e di analisi dei caratteri.

17. Il colpevole in un romanzo poliziesco non deve mai essere un delinquente di professione: i delitti dei gangsters riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto è affascinante solo se è commesso da un personaggio pio o da una vecchia zitella nota per le sue opere di beneficenza.

18. Nel romanzo poliziesco, il delitto non deve mai avvenire per caso, né deve mai trattarsi di suicidio. Sarebbe una vera truffa, per il lettore gentile e fiducioso, offrirgli una soluzione così banale e derisoria dopo tutta una faticosa sequela di indagini e investigazioni.

19. Le motivazioni dei delitti nei romanzi polizieschi devono essere di carattere puramente personale. Complotti internazionali o cose simili appartengono a un altro tipo di narrativa. Un romanzo poliziesco deve costituire uno specchio delle esperienze quotidiane del lettore e offrire una valvola di sicurezza alle sue emozioni.

20. Come degna conclusione di questo mio credo, ecco un elenco di espedienti che nessuno scrittore di romanzi polizieschi vorrà più usare, tanto sono abusati e noti agli appassionati del genere. Continuare a valersene significa confessare incompetenza e mancanza di inventiva: a. arrivare al colpevole confrontando la cicca trovata sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospetti; b. la seduta spiritica truccata e predisposta in modo da terrorizzare il colpevole e costringerlo a smascherarsi; c. l’impronta digitale falsificata; d. l’alibi fornito da un fantoccio; e. il cane che non abbaia rivelando quindi che il colpevole è uno dei membri della famiglia; f. il colpevole ha un gemello, oppure un sosia, che è sospettato, ma innocente; g. l’uso di siringhe ipodermiche o di sonniferi; h. il delitto è commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi è entrata; i. associazioni di parole che indicano colpevolezza; l. alfabeti convenzionali decifrati dall’investigatore. 

S.S. Van Dine


Questo pezzo è tratto da:

Le indagini dell'investigatore Philo Vance
S.S. Van Dine
Newton Compton Editore, ed. 2014
Collana "I mammut. Classici Newton"
Traduttori: Aldo Carrer, Marika Motta, Stefano Massaron, Mariella Pavolini Hannau, Elvira Cuomo
Prezzo 8,99€ ebook 4,99€

- Posted using BlogPress from my iPad

domenica 26 ottobre 2014

L'ha detto... Bob Marley


Fonte: Upstylemagazine


Io non cancello nulla in questa mia vita. Ogni cosa, ogni minima cosa, mi ha reso quel che sono adesso. Le cose belle mi hanno insegnato ad amare la vita. Le cose brutte, a saperla vivere. 
 Bob Marley

venerdì 24 ottobre 2014

"Il messaggero dell'alba", Francesca Battistella - La morte in punta di penna...

Fonte: IlNapoliOnline

Già è difficile accettare che ti reputino non idoneo per un lavoro ma se un progetto, che hai amato e costruito pezzo per pezzo dal nulla, viene completamente demolito in maniera del tutto insolente e arbitraria, un po' di voglia di fare pelo e contropelo a chi ti ha trattato come una pezzetta da piedi ti viene eccome! Ed è proprio da questo che Francesca Battistella parte, con questo bellissimo giallo, tessendo trame intricate e divertenti ambientante nella provincia di Salerno dove confluiscono non solo tre famosi scrittori, dei quali nel mondo letterario di dice peste e corna, ma anche aspiranti scrittori, poliziotti, una bimba con sua madre, il domestico e l'amica della madre. Tutti lì insieme, come la classica famiglia del sud.

Tutti hanno le proprie beghe, c'è chi sta sulle spine nell'attesa di sapere che dei tre aspiranti, abbia vinto il premio letterario del primo festival del genere fatto a Massa, ci sono i tre famosi che vogliono sfruttare la vacanza a la piccola visibilità che può dar loro l'occasione, c'è Alfonso che non si rassegna ad avere una nipote così superficiale e così poco materna e la sua piccola bimba che riesce lo stesso ad essere una bimba serena. C'è Angela la storica fidanzata di Alfonso che è gelosa di Costanza che però è innamorata di Enrico che è un investigatore a capo di un gruppo di profiler romani alle prese con una bega che sta assumendo proporzioni troppo grandi: le morti cruente di due scrittori molto famosi, proprio come quelli che troverà a Massa.

C'è praticamente tutto, amore, famiglia, assassini, misteri, investigazioni e indizi. C'è tutto come in un classico giallo che si rispetti. Ha un buon ritmo perché fra omicidi, gag e animate discussioni al vetriolo non ci si annoia di certo e in più il nutrito numero dei personaggi fa sì che proprio non ci si riesca ad annoiare. Ognuno presentato al meglio, ognuno con il suo momento per farsi conoscere al lettore, persino un maresciallo che compare durante la storia e che ricopre un ruolo un po' marginale riesce ad avere la sua visibilità

In questo sta la maestria di questa scrittrice ovvero nel caratterizzare la propria trama quasi fosse la tela di una ragno. Ci sono le storie di ognuno e quelle che si creano nei rapporti che hanno uno con l'altro che a loro volta derivano dalla storia di gruppi e sottogruppi. In questo modo il giallo regge eccome, gli indizi si nascondo bene e fino all'ultimo sarà difficile avere la certezza sulla risoluzione del caso.

Una storia contemporanea che si avvale delle tecnologie moderne d'indagine, DNA, profiler e via dicendo che però non rinuncia a quel sapore di retrò che rappresenta una zona d'Italia e una casa, dove la maggior parte delle interazioni si ambientano, lontana dal mondo patinato e luccicante della mondanità. Il festival da cui parte la storia è voluto per creare movimento in paese e per la crescita culturale e turistica dello stesso. C'è una casa che non è dotata di antenna, dove si vedono registrazioni e le cose si fanno ancora a mano e il tempo scorre fra pagine dei libri e contemplazioni di un paesaggio incontaminato.

Un pregevole lavoro, scovato sul catalogo Scritture&Scritture, che è veramente una bella scoperta e che consiglio volentieri.
Buona letture,
Simona Scravaglieri


Il messaggero dell'alba
Francesca Battistella
Scritture&Scritture, ed. 2014
Collana "Catrame"
Prezzo 14,50€




Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 22 ottobre 2014

[Dal libro che sto leggendo] Il lamento di Portnoy


Fonte: zoowithroy


Diciamo che non è n libro da educande ma quest'estate parlandone con delle amiche è nata l'idea di leggerlo insieme in #letturecondivise su Twitter. Tra le partecipanti ci sono @Exlibris2012 , @valeh89 e @comemusica. Se avete il libro e avete twitter non vi serve altro che postare o partecipare con i due HT #Portnoy e #letturecondivise.

Il lamento di Portnoy è un classico della letteratura erotica che solitamente viene propinato, nei suoi passi più calienti, in ogni raccolta di testi appartenenti al genere. E' anche vero che però è una costante per Roth quella di inserire passi espliciti in tal senso. Mi era già successo con il primo libro suo che mi era capitato sottomano: "Il professore di desiderio". Questo libro, invece l'ho trovato postato qui e lì, appunto, in raccolte e visto che ne è capitata l'occasione stavolta vorrei leggerlo tutto.

Nelle prima pagine dell'edizione che ho io c'è una introduzione che, dopo averla letta un paio di volte, secondo me è completamente inutile ai fini della lettura. A voi la scelta, qualora leggeste la medesima edizione, di affrontarla o no.
Buone letture,
Simona Scravaglieri



Il personaggio più indimenticabile che abbia mai conosciuto.


Era incastonata così profondamente nella mia coscienza che penso di aver creduto, durante tutto il primo anno di scuola, che ognuna delle insegnanti fosse mia madre sotto altre spoglie. Non appena suonava la campana dell’ultima ora di lezione, mi precipitavo a casa, e mentre correvo, mi domandavo se ce l’avrei fatta, almeno una volta, a raggiungere il nostro appartamento prima che lei fosse riuscita a trasformarsi di nuovo. Ma, invariabilmente, quando alla fine arrivavo, la trovavo sempre in cucina, già affaccendata a prepararmi il latte e i biscotti. Eppure quel prodigio di genialità, anziché indurmi a rinunciare a queste mie allucinazioni o illusioni ottiche che fossero, non faceva che aumentare sempre più il rispetto che provavo per i suoi straordinari poteri. E poi, comunque, era sempre un sollievo non averla colta nel bel mezzo delle sue incarnazioni, anche se non smettevo mai di provare, di tentare; sapevo che mio padre e mia sorella erano del tutto inconsapevoli della reale natura di mia madre, e le gravi conseguenze di un mio eventuale tradimento che, per quanto immaginavo, mi sarebbero cadute addosso se fossi mai riuscito a coglierla in flagrante, erano troppo grandi perché volessi accollarmele all’età di cinque anni. Credo persino di aver temuto che mi avrebbero fatto fuori se l’avessi veduta ritornare da scuola e volare dentro la finestra della camera da letto, o se l’avessi osservata mentre pian piano, una parte del corpo dopo l’altra, emergeva da uno stato d’invisibilità e rientrava nell’abituale grembiule. Naturalmente, quando mi chiedeva di raccontarle tutto ciò che avevo fatto quel giorno all’asilo, io lo facevo scrupolosamente. Non avevo certo la pretesa di capire tutto ciò che la sua ubiquità implicava, ma che si trattasse del desiderio di scoprire che tipo di bambino fossi, come mi comportassi, insomma, quando non c’era lei - questo, dico, era indisputabile. Una delle conseguenze di questa specie di visione, che continuò a esistere (in questa forma particolare) fino alla prima elementare, fu che, vedendo di non avere altra scelta, diventai onesto. Ah, e sveglissimo di cervello, poi! Di mia sorella, più grande di me, giallognola e troppo grassa, mia madre diceva (in presenza di Hannah, naturalmente - anche mia madre si atteneva all’onestà): “Certo che questa bambina non è un genio, ma non possiamo mica pretendere l’impossibile. Poverina, sgobba, si applica al massimo, considerate le sue limitazioni, e quindi quel po’ che riesce a fare è tutto di guadagnato.” Ma di me, l’erede del suo lungo naso egiziano e della sua bocca astuta e in continuo movimento, di me, mia madre diceva, con caratteristico ritegno: “Chi, questo mascalzoncello? Ma lui non ha
nemmeno bisogno di aprire un libro, prende 10 in tutto. È Albert Einstein Secondo lui!” E come reagiva mio padre a tutto questo? Beveva, naturalmente non beveva whisky come un goy qualunque; beveva olio minerale e latte di magnesio; succhiava lassativi; e mangiava speciali fiocchi di riso e di crusca con potere evacuante, mattina e sera; poi mandava giù frutta secca a cartocciate intere. Soffriva - ah, come soffriva! - di stitichezza. L’ubiquità di lei e la stitichezza di lui, mia madre che volava dentro la sua camera da letto entrando dalla finestra, mio padre che leggeva il giornale della sera con una supposta in culo... queste, Dottore, sono le prime impressioni che ricordo dei miei genitori, i loro attributi, i loro segreti.

Questo pezzo è stato tratto da: 

Il lamento di Portnoy
Philip Roth
Leonardo Milano Editore, ed. 1991
Fuori catalogo



- Posted using BlogPress from my iPad

domenica 19 ottobre 2014

L'ha detto... Cartesio


Fonte: Pinterest


Per sicurezza, dubito di tutto. 
Cartesio

mercoledì 15 ottobre 2014

[Dal libro che sto leggendo...] Rosso caldo



Fonte: VicoPazzariello
Avevo scritto questo pezzo, prima che uscisse la recensione, mentre cercavo un modo per parlare di tutto quello che ho scritto qui. La recensione poi è uscita e io mi sono sempre dimenticata di inserire anche la voce in questa rubrica del mercoledì. Questo è quello che avevo scritto mentre leggevo questo libro e che penso ancora.

Questa volta siamo a Napoli, ma non quella città che siamo abituati a vedere da turisti, ma in quella verace, profonda attraverso le cui strade Herling non solo si divertiva a camminare curioso ma, anche, ad ambientarci racconti di profonda bellezza come quello che si intitola "Madrigale funebre" (raccolta in "Don Ildebrando e altri racconti" Feltrinelli editore, ed. 1999 - fuori collana) e che ha come protagonista il Principe di Venosa che, proprio in questa città, per onore, perse, per sua mano, il suo più grande amore: la moglie che lo tradiva.

In questo pezzo che è il capitolo introduttivo, potete sicuramente gustare tutti i sapori, appena accennati, della Napoli moderna e antica, quella di Herling (che in fondo era un quasi contemporaneo - è morto nel 2000 - che amava la città dei tempi andati) e quella di Cappuccio che in "Fuoco su Napoli" (Feltrinelli editore, ed.2010 "I Narratori" prezzo 16,00€)  lasciava descrivere ad una anziana signora come:

[...]un mondo capace di curarsi dei piccoli rituali dell'esistere, perche' non aveva fiducia in quelli grandi, quelli storici, quelli definitivi insomma. Napoli non ha mai creduto ai finali e quando lo ha fatto è stato per saggezza, diciamo per una finzione superiore. Questo sfizio greco di campare dipendeva dal fatto che la città aveva una frequentazione privilegiata con la morte, con la morte e tutti i suoi simili"
"Sai l'unica cosa che ti consente di distinguere fra le conoscenze e le amicizie e' l'indiscrezione. E Napoli con la morte e' sempre stata indiscreta, perchè Napoli con la morte, aveva fatto un'amicizia antica. La maggior parte delle indiscrezioni arrivava dai fantasmi e questi fantasmi venivano da tutte le categorie sociali"[...]

Ecco, anche i fantasmi con Alina hanno stretto un'amicizia indiscreta, lei li sente, ascolta e li spia. Sente la loro sofferenza e soffre per loro. Poi c'è il mondo fuori. Un mondo fatto di luci, colori, frasi urlate fra i vicoli, case baroccheggianti e vicoli tristi e poveri e anche quartieri borghesi. C'è anche Blanca, donna ispettore che è quasi cieca, eppure continua a lavorare per mantenere se stessa e la figlia adottata, salvata da un futuro incerto da una famiglia disgregatasi per l'uccisione della madre e la condanna, per quest'omicidio, del padre. Poi il suo capo, i colleghi, cadaveri che non sono spiriti e gli spiriti che non sono più cadaveri. E a fare da unione, c'è la passione delle donne, come Blanca, che crescono con una forte e grande eredità ancestrale napoletana e una città che tutto vede scorrere fra le sue strade, quasi fossero arterie venose, e un po' lascia fare e un po' vorrebbe aiutare tutti i suoi abitanti che da secoli, attraverso forti contraddizioni sociali e a volte culturali, riescono a renderla unica in tutto il mondo.

Inutile dire che m'è piaciuto molto. 
Buone letture e buone ferie,
Simona Scravaglieri


1.

Alina Rosselli si svegliò per un rumore di passi e per la sete.
La sera prima aveva messo due volte il sale nell’acqua bollente, ma non voleva dare soddisfazione a Mariarca Rosselli che le aveva fatto notare la sua demenza senile, perciò aveva finito la pasta.
«È solo saporita».
Il cognome delle due donne non era Rosselli e non era il nome di famiglia di nessuna delle due. Lo aveva scelto Alina quarant’anni prima, quando erano andate a vivere assieme. Lo aveva fatto per legittima difesa della coppia, così diceva lei. Aveva festeggiato nella cucina nuova con il nome nuovo e senza invitati.
A Mariarca non interessava, a lei bastavano la cucina moderna di fòrmica e la libreria coi vetri.
«Perché proprio Rosselli?».
«Perché domani è un altro giorno e può essere che prima di crepare possiamo essere una coppia vera, con i diritti e i rovesci"
«Ah, da Rossella O’Hara, che cosa triste! E perché non Rosselle allora?».
«Perché Rosselli fa più cognome».
Si erano baciate con il sapore di spumante Cinzano ancora in bocca. Alina lo ricordava bene, Mariarca ogni tanto lo dimenticava.
Dopo quarant’anni, la sera prima stavano nella stessa cucina con i mobili invecchiati meglio di loro due a mangiare sale e pasta.
«Mariarca, gli spaghetti non sono salati, sono saporiti. E poi i pensili sono consumati, vedi?, i muri sono consumati, perché la testa mia doveva rimanere sana?».
«Alina, non dare la colpa al tempo; la memoria tua funziona da sempre a cucù sette e la testa non è mai stata buona in molto altro che non voglio dire, altrimenti cominciamo una storia che non finisce più».
Invece nella discussione Mariarca aveva finito per scodellare il molto altro. Si erano addormentate di schiena, senza abbracciarsi per la buona notte.

“Sono tornati” pensò. Cominciò a sudare e, appena fu capace di muoversi, allungò un piede contro la gamba di Mariarca e le diede un calcio leggero. Mariarca aveva il sonno pesante, ma non quando litigava con Alina, quindi il calcio leggero bastò.
«Che è?».
«Affianco. Sono tornati gli spiriti».
«Gli spiriti sono scappati tutti, si sono messi paura di te e se ne sono scappati. La devi finire con questa storia degli spiriti. Il mese che viene fai settantaquattro anni e ancora non sei padrona di ragione».
«Invece a te funziona tutto, vero?». Alina riprese il litigio della sera prima. «Che me lo ricordi a fare il compleanno mio? Non ce n’è bisogno, me lo dici ogni giorno con gli occhi che sono vecchia, che ho le carni appese, che sto per morire».
«Esagerata. Per te le cose si devono ingigantire, le devi dire di cinque taglie più grosse, e con il tempo questo fatto tuo peggiora».
Alina si girò per accendere il lume e il petto, che era stato bello, si mosse di lato, assecondando in eccesso il movimento del busto.
«Il tempo, già. Tu invece per me hai sempre trent’anni, come quando mi chiedesti come mai una femmina così bella non teneva il fidanzato».
«Stai zitta, aspetta. È vero, a fianco c’è qualcuno».
«Gli spiriti, ci stanno gli spiriti, che novità!».
«Ma piantala, sarà qualche disgraziato che ha forzato il cancello per trovare un posto dove dormire. Senti che tuoni, vieni qua, dormiamo anche noi».

Questo pezzo è stato tratto da:

Rosso caldo
Patrizia Rinaldi
E/O Edizioni, ed. 2014
Collana "Dal Mondo"
Prezzo 16,00€

domenica 12 ottobre 2014

L'ha detto...Alberto Moravia


Fonte: Pinterest

Le esperienze che contano sono spesso quelle che non avremmo mai voluto fare, non quelle che decidiamo noi di fare. 
Alberto Moravia

venerdì 10 ottobre 2014

"Eroi Imperfetti", Stefano Sgambati - Dell'importanza della pennellata...



Fonte: Paperblog

Quando, ad Agosto, vi ho parlato di Eroi Imperfetti, avevo evidenziato il fatto che mi è difficile parlare di questo libro separando il mio gusto personale dalla questione oggettiva. Poi, circa una settimana fa, mi sono fermata a vedere un documentario sugli impressionisti e ho cominciato a macinare pensieri e a confrontare e, questa recensione, è il frutto delle mie elucubrazioni. Si parlava di impressionisti e in particolare di Renoir, artista che comincia la sua carriera (sintetizzo altrimenti vi stuferete presto!) dipingendo porcellane e poi passa alla tela.

La trama di "Eroi imperfetti" si compone e si dipana attraverso le storie dei suoi protagonisti, è quindi una trama indotta. Tutti sono come singole pedine che si muovono in un unico campo di gioco: Ponte Milvio. Tutti hanno in comune la conoscenza, perché erano presenti o ne hanno notizia, del ritrovamento, in un tempo precedente a quello della narrazione, di un cadavere. Di lì la storia prende le pieghe che sono dettate dagli incontri casuali o indotti dagli stessi protagonisti. La donna annegata e ripescata dal Tevere era la madre di Irene che non riesce a gestire la sua vita e non ci prova nemmeno; il ritrovamento è stato vissuto da Matteo che si infatua di Irene e che, per caso oppure no, conosce il padre di lei, Gaspare, un un uomo ambiguo combattuto da un velato risentimento verso il gesto "infame" dell'ex moglie che gli ha tolto definitivamente l'amore della figlia.
Poi ci sono il vinaio di Piazzale ponte Milvio con sua moglie che vivono la propria vita imperfetta pensando che sia un ripiego e trovando l'abisso nel gioco maledetto intavolato da Gaspare che regalerà loro la risposta: la perfezione non esiste ma si costruisce passo per passo.

Questa è in estrema sintesi la trama. Che c'entra Sgambati con Renoir? E' tutta una questione di pennellata! Se guardate il quadro  in alto, l'immagine è composta da innumerevoli piccole pennellate. Al di là della corrente di appartenenza e di pensiero quello che è più evidente è che il passato, di fine pittore di porcellane, si trasforma in una maniacale attenzione nei particolari anche nei quadri che hanno dimensioni decisamente diverse. Così il sovrapporsi di pennellate grasse e diverse a volte nelle sfumature di colore, non solo costruisce l'immagine ma anche ne denota caratteristiche fino ad allora ottenute in altro modo. Ombre, colori, punti di luce, le striature lasciate dall'incedere ora più forte e ora più leggero del pennello concorrono insieme a rendere definita l'immagine. Quindi una tecnica che, riportata in grande, potrebbe generare confusione nella nitidezza dell'oggetto rappresentato non solo annulla questa tesi, ma dimostra di saper rendere un carattere all'opera che sorprende chi la guarda.

Identica cosa succede con Sgambati. Il concetto viene cesellato, ripetuto, portato in metafora e via dicendo, per poter caratterizzare il pensiero o anche solo il momento. I personaggi, seppur abbozzati nelle loro caratteristiche fisiche, diventano reali solo nel rapporto e nella loro interazione con gli altri.
E' in quel momento che i temi principali dell'imperfezione fanno capolino e sono le imperfezioni naturali dell'uomo: invidia, indolenza, odio, dolore, desiderio di morte, cattiveria. A questi si oppongono quelli positivi che, in una società che tende all'isolamento dell'individuo considerato diverso, sono pochi e nascosti e vittime  dei tanti ovvero gli imperfetti.

Dopotutto se la vita fosse perfetta sarebbe anch'essa allo stesso tempo imperfetta e noiosa, perché nella cosmologia di Sgambati la perfezione è l'attimo costruito perché si avverasse e non la costanza della perfezione stessa. Quindi la sconfitta dell'uomo sta nel non riconoscersi in colui che individua la propria perfezione definendola, pennellata dopo pennellata, e la ricostruisce con ciò che la vita gli pone davanti. Altrimenti l'abisso è dietro l'angolo ed è rappresentato dal caos di chi non trova la propria strada e individua quella degli altri come la perfezione che gli è stata rubata.

Libro sostanzialmente perfetto nel concetto e nello stile scelto per rappresentarlo oggettivamente, che, però, io personalmente ho faticato ad affrontare proprio per la precisione della pennellata. Quindi solo una questione di gusto personale che spero non vi fermi dal voler provare l'esperienza che secondo me va comunque fatta.

Buone letture,
Simona Scravaglieri


Gli eroi imperfetti
Stefano Sgambati
Minimum Fax Editore, Ed. 2014
Collana "Nichel"
Prezzo 15,00€



Fonte: Letture Sconclusionate

mercoledì 8 ottobre 2014

[Dal libro che sto leggendo] Il messaggero dell'alba

Fonte: Corpomentecibo


Seconda bella scoperta spulciando fra le proposte di Scritture&scritture. L'ho iniziato qualche giorno fa e già non mi do' pace per il poco tempo che ho per leggerlo! Un bel giallo/thriller (non sono abbastanza avanti da potervelo dire) costruito bene e con un buon ritmo.

Questo è il sogno di ogni scrittore rifiutato, avere la possibilità di far fuori i propri detrattori, o almeno suppongo sia così. Siamo a Massa e si sta organizzando un festival letterario a cui interverranno tre scrittori conosciuti, nell'ambiente, per la loro insofferenza verso qualsiasi lavoro non sia stato partorito dalla loro mente. In gara ci saranno degli esordienti. Frattanto a Roma due "grandi" scrittori, parimenti insofferenti alle altrui proposte, sono misteriosamente morti. Nulla sembra legare queste uccisioni se non il modus operandi. Il problema è che non ci sono connessioni evidenti fra i due, nemmeno fra i loro rifiuti.

Che sia invidia? Manco se lo sapessi ve lo direi, ma posso dirvi che non lo so ancora!
Intanto vi lascio sbirciare nel primo capitolo di questo libro.
Buone letture e attenti ai rifiuti letterari!
Simona Scravaglieri

Le mani sfiorano i fogli di carta con gesti lenti e misurati. Una lettera a carattere Bookman old Style corpo 12, una lettera che accompagna la scheda di lettura.Le dita spostano la missiva e sfogliano le cinque pagine che riassumono la trama del testo e ne commentano pregi e difetti. Gli occhi corrono veloci, riga dopo riga, periodo dopo periodo fino alla frase finale: Non si ritiene che il testo possa interessare gli editori per la pubblicazione. A seguire, un timbro che riproduce il logo dell'agenzia letteraria in parte coperto da uno scarabocchio in foggia di firma. Nemmeno "auguri di miglior successo"; nemmeno un "distinti saluti", che ci poteva stare, se non altro come espressione riconoscente cortesia per l'assegno staccato. Cinque pagine costate la bella cifra di quattrocento e rotti euro. uno sproposito, un'assurdità. Manco li trovasse  per strada i soldi e non dovesse guadagnarseli ingoiando merda un giorno sì e l'altro pure.Le mani, stavolta rigide e nervose, accartocciano i foglia e li scagliano lontano, con furore. A quante lettere siamo arrivati con questa? Se la memoria non inganna, circa una trentina. ma quelle che bruciano l'anima, perchè recano impresso il marchio dell'ingiustizia, dell'infamia, dell'insulto sputato addosso per pura invidia, le conti a malapena sulle dita di una mano. Tutte le altre doveva aspettarsele e basta. Quelle, no.La figura si muove nella penombra della stanza, raggiunge la parte bassa di uno scaffale e ne estrae una scatola di cartone. Ci fruga dentro e tira fuori il corpo del reato: alcuni fogli pinzati insieme.Con gesti meccanici li allinea sulla scrivania. le mani raccolgono le pagine finite in un angolo, le lisciano con cura, le mettono in ordine e le accostano alle altre. Il dito indice le tocca nel centro, come un chiodo, come un coltello, come l'arma che vorrebbe usare contro quei famosi, stimati scrittori - non dovrebbe sapere chi sono e invece lo ha scoperto - chiamati a crocifiggere il suo lavoro: giorni e mesi rubati al sonno, alla fame, alla vita.Cosa hanno di speciale i loro libri? Cosa hanno di così unico e particolare rispetto al suo? Niente. Storie banali, trite e ritrite, frasi lette mille volte, dialoghi pedanti e approssimativi, conclusioni buttate lì, a casaccio, giusto per fare cassetta, per attirare un pubblico di allocchi ignoranti. E le presentazioni... Santo cielo! La sagra dell'egocentrismo, il festival dell'io, io, io, la forsennata rappresentazione di un'unicità che non esiste se non nelle loro teste marce. E tutti a corrergli dietro. Dediche, firme, fotografie, recensioni osannanti. Mai un momento di umiltà, una parola gentile per chi ha lavorato dietro le quinte al fine di favorire il loro successo. Oh certo, ci sono i ringraziamenti all'ultima pagina dei volumi. Due parolette e via perché non si dica che han fatto tutto da soli; perché citare il professor Tizio e l'illustre signor Caio, lungi dall'essere un'ammissione di incapacità a cavarsi d'impaccio, è la prova che persino quei super esperti si sono sentiti onorati a soccorrere tanta possanza d'intelletto. Che schifo! Mentre il suo onesto, sofferto lavoro non vedrà la luce perché "non si ritiene possa interessare gli editori". Chi lo afferma? Una manica di palloni gonfiati, di sovrastimati buffoni: individui da cui si aspettava ben altra risposta. Allora? Allora che senso ha continuare a vivere, continuare a respirare la loro stessa aria, combattere come Don Chisciotte contro i mulini a vento? Nessuno. Nessun senso.

Questo pezzo è tratto da:

Il messaggero dell'alba
Francesca Battistella
Scritture&Scritture, ed. 2014
Collana "Catrame"
Prezzo 14,50€

domenica 5 ottobre 2014

L'ha detto... Jean Cocteau


Fonte: Pinterest

Il genio è la punta estrema del senso pratico. 
Jean Cocteau

venerdì 3 ottobre 2014

"Lo strano caso dell'apprendista libraia", Deborah Meyler - Il dubbio e il caso...

Fonte: La passione per i viaggi

Vi ricordate quando settimana scorsa vi raccontavo di un romanzo che non mi sembrava  essere un granché? Ricordate che speravo migliorasse andando avanti? Ecco, non è successo. Liala, dall'aldilà, mi avrà maledetta, "L'amore è una budella gentile" di Busi ha tirato un sospiro di sollievo quando ha capito che non era un libro fisico con il quale avrebbe potuto/dovuto condividere uno scaffale della libreria e gli amici finalmente possono leggere in tranquillità i social senza incorrere nelle mie maledizioni verso questa o quella castroneria. Ora, se non avete letto quel particolare libro di Busi, che amiate il rosa o no o che siate fini letterati o anche lettori occasionali, secondo me avete fatto un grande errore cui dovreste rimediare, per questo lavoro invece l'unico grande "caso" anche strano, per certi versi, è che un caso non c'è.

Mi sono a lungo interrogata se tante volte lo avessi trascurato, magari si era nascosto fra una pagina e l'altra o nei ringraziamenti. Sono anche capitata in libreria e ho sbirciato il libro fisico, tante volte avessero dimenticato, "lo strano caso", da qualche parte non inserendolo nell'ebook. Ebbene, so' di fare spoiler (ovvero, per chi non fosse avvezzo al termine, sta per anticipazione di qualcosa della trama o del momento cruciale) ma lo strano caso è solo nella mente di chi ha deciso di mettere questo titolo che nella versione originale era semplicemente: "The bookstore" ovvero "La libreria". Quest'ultimo, seppur non particolarmente originale, a mio avviso è il suo titolo. Smarcata la questione del titolo parliamo di contenuti.

C'era una volta, nella Grande Mela, una ragazzina 23enne che si chiamava Esme che aveva incontrato un tizio bello, ricco, simpatico, intelligente, laureato, con l'appartamentone, il macchinone e anche la famiglia stile Dallas - ma di Manhattan che però vive negli Hamptons, che fa più spiaggia - che si chiama Mitchell. Si frequentano e poco dopo lei rimane incinta e lui pensando che lei lo voglia mollare la pianta in asso prima. Nel frattempo lei decide di portare avanti la gravidanza ma  è a New York con la sola borsa di studio per il dottorato alla Columbia in arte. Quale soluzione trovare per sostentarsi?Un lavoro in nero in una libreria dell'usato che frequenta! E' un luogo pieno di libri usati, con un proprietario vegano che odia qualsiasi forma di consumismo e beve tisane e birre allo zenzero a rotta di collo. Poi ci sono i commessi, uno rimasto agli anni andati, uno che suona e che pare passi non per lavorare ma per star da solo e una con il cane che compare due volte nel racconto ma la nostra protagonista ne parla come se fosse stata sempre presente fino all'ultimo.

Che succede in questo romanzo? Nulla. Nonostante Esme e Mitchell si mettano e insieme e si lascino in continuazione, i loro dialoghi sono infantili - in alcuni punti sembrano la vecchia pubblicità della Sip con i due innamoratini 16enni che continuano a dire "no, attacca tu" "No tu!""no, no. attacca tu!"-, non ci sono riflessioni amorose o colpi di scena, nemmeno momenti cardine. Ci sono un sacco di dialoghi ininfluenti e quelli che dovrebbero dire qualcosa dicono una grande quantità di idiozie:

Esme e l'amore....
«Secondo me, non c’è differenza tra amore e infatuazione. Se funziona, lo chiamiamo amore, altrimenti scrolliamo la testa e diciamo che era solo un’infatuazione. Il resto è il senno di poi.»
Mitchell che rassicura Esme sul suo sentimento d'amore appena dichiarato in un ristorante di fronte a un sacco di gente:
«Mitchell, sei sicuro?»
«Sì, sono sicuro. Avevo delle lacune che mi facevano male, Esme. Tu le colmi. Tu colmi tutte le mie lacune.»
Basiti? Figuratevi come lo ero io!
Il resto ve lo dovete scoprire da soli. Ma c'è anche un altro particolare che mi lascia interdetta non poco: non ho mai trovato così tanti errori. Non che io sia perfetta, ma se ti si incastra l'occhio ogni due righe per uno svarione, beh la cosa assume un'altra connotazione. Non sono un'insegnante d'italiano e nemmeno una raffinata linguista ma so anche io che Esme non può inserire un anello in una teiera "tremante" e che se, la stessa eroina, scende "nello scantinato buio a cercare il punto più buio" qualche problema di testa ce l'ha eccome! Già non sa distinguere la decorazione fatta in guscio di tartaruga da quella radica! E se state ridendo sappiate che questo libro è tutto così! Se poi vogliamo passare all'arte, e lo dico con la voce indignata di ex studentessa di architettura, scrivere che Esme ammira la cattedrale con uno stile "gotico rilassato" è come dire che "Phenomena" è un film da bambini. Ci sono sicuramente un sacco di storici morti che si stanno rivoltando come trottole dentro le loro tombe!

Veniamo alla questione "libri, libreria"; ecco qui uno strano caso c'è. Esme sta alla libreria come un elefante sta al negozio di cristalli. Si nominano un sacco di libri, ma non se ne approfondisce il contenuto oppure se lo si fa, quel che si dice è una mera ripetizione di una lezioncina che però nulla lascia al lettore. Il negozio, che dovrebbe essere il nuovo mondo di Esme, è uno sfondo e i libri sono una decorazione quasi disegnata e senza profondità. Mentre leggevo le informazioni piazzate qui e lì senza molto senso, quasi come delle paternali messe per "allungare il brodo", mi è venuto in mente di andare a cercare la biografia di questa autrice che dichiara di essersi laureata in Arte. Ecco, magari voleva farne uscire qualcosa di più profondo, e forse è per questo che questo lavoro (?) non è ne carne e tantomeno pesce. Non è un romanzo rosa, l'amore è uno sfondo o una scusa per cambiare panorama, non è un libro che parla di libri per le ragioni sopra citate, non è un romanzo storico e nemmeno qualcosa che istighi una riflessione visto che è un trattato di tuttologia.

Quindi il dubbio sta nel fatto di capire: ma nelle intenzioni dell'autrice quando ha iniziato a scrivere questa storia, cosa c'era? Non si sa! Mi sa che rimarrò con il dubbio... Ma intanto questo libro non mi sembra un granché. A voi, qualora voleste tentare la sfida che rappresenta questa lettura, l'ardua risposta!

Buone letture,
Simona Scravaglieri


Lo strano caso dell'apprendista libraia
Deborah Mayler
Garzanti Editore, Ed. 2014
Traduttore: Claudia Marseguerra
Prezzo 16,40€


Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 1 ottobre 2014

[Dal libro che sto leggendo] Il tempo bambino

Fonte: Pinterest

Oggi sono veramente contenta di parlarvi di questo libro. L'ho iniziato qualche settimana fa, poi l'ho dovuto mettere in stand-by per qualche tempo perché, con le cure che sto facendo, mi saltano le righe mentre leggo e ogni tanto "mi perdo i concetti" e devo tornare indietro. Invece dalle premesse, i primi sei capitoli, è un bellissimo lavoro. 

Lui è, per ora, un uomo, solo, circondato dal suo lavoro e dalla sua passione: il tempo e gli orologi. In effetti potremmo dire che il tempo gli regala il piacere del ritmo e della precisione nei suoi meccanismi complicati e precisi e al contempo il suo ritmo scandisce tic dopo tic le fasi della sua solitudine e della sua ricerca di cambiamento.

L'ho ripreso in mano ora, sperando di riuscirlo a finire in tranquillità. A voi regalo una parte del primo capitolo. Sono certa che già da qui sarete incuriositi e credo proprio che Simona Baldelli non ci deluderà!
Buone letture,
Simona scravaglieri 
1. 
 Dunque si era accorciato.E, in quel momento, la cosa di cui aveva bisogno era sapere quale fosse la sua altezza. Doveva misurarla. Quantificarla, specificarla. Si guardò attorno per essere certo che non vi fosse nessuno nella stanza e si avvicinò al muro. Accostò la fronte e appoggiò la matita sulla testa, in modo che la punta risultasse perfettamente perpendicolare alla parete. Quindi premette finché non udì il toc della grafite che si spezzava.Poi guardò.Vide tre punti, uno sopra l'altro e l'ultimo fatto era più in basso.Il più alto risaliva a un anno prima, quello al centro, ad appena sei mesi.Andò a cercare il righello e tornò alla parete.I tre punti ,distavano fra loro nove millimetri. In un anno si era accorciato di 1,8 centimetri.Con un rapido calcolo scoprì che, di quel passo, in dieci anni si sarebbe rimpicciolito di diciotto centimetri.Non sapeva quando avesse cominciato a rattrappirsi.Se n'era accorto entrando nel piccolo laboratorio di un orologiaio, un suo buon cliente, che aveva un negozio nel centro della città.L'uomo lo chiamava per i casi disperati, specialmente vecchi orologi da taschino o antiche pendole che nessun altro era in grado di riparare.Il laboratorio era un bugigattolo e vi si accedeva da una delle due porte del retrobottega. La prima, dalla quale usciva odore di piscio e di marcio, era quella del gabinetto, la seconda conduceva ad una scala stretta composta di cinque gradini in pietra grigia.Il soffitto si abbassava gradualmente, a tal punto che, arrivato all'ultimo scalino, doveva sempre piegarsi un po', per non sbattere la testa.In effetti la prima volta era andata proprio così."Attenzione al soffitto" gli aveva detto l'orologiaio che lo precedeva di qualche passo.Ma l'avvertimento era arrivato tardi e lui si era scorticato la sommità del cranio.Fino a quel giorno, in cui aveva scoperto che non aveva più bisogno di abbassarsi.

Questo pezzo è tratto da:

Il tempo bambino
Simona Baldelli
Giunti Editore, ed. 2014
Collana "Italiana"
Prezzo 14,00€ 
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...