mercoledì 30 luglio 2014

"L'audace colpo dei quattro di rete Maria che sfuggirono alle miserabili monache", Marco Marsullo - Il sapore della speranza...



Fonte: Pinterest

Ci sono storie che nascono per insegnare qualcosa e ce ne sono altre che invece nascono solo per raccontare. Non è malvagio avere un qualcosa solo da raccontare perché, attraverso questo strumento, si può fare, dopo una lettura apparentemente leggera e divertente, tutta una serie di considerazioni. Quella di cui vi parlo oggi è una storia nata solo per essere raccontata. Nasce quasi come una sceneggiatura degli anni '70 quando venne portato nelle sale "Amici miei" - come ci suggerisce anche la quarta di copertina -. Non è una novità per Marsullo quello di concepire uno scritto come fosse un filmato perché il suo approccio ai personaggi è sempre stato di questo tipo. Diverso è il divertimento che ci mette nel tratteggiare fisionomie e caratteri dei quattro amici di questa avventura.

Siamo nella provincia di Roma, in una casa di riposo. Ci sono le monache "miserabili" - e chi potrebbe dargli torto - che tengono in riga un gruppo nutrito di anziani che soggiorna nella loro struttura. Ci sono nonnine che giocano a carte e fanno la maglia e anche quelle che non hanno smesso di cercare un nuovo amore. Ci sono anche uomini anziani che, come nel corrispettivo femminile, in questa ultima parte della loro vita si dedicano alla ricerca di un'anima gemella o ai propri hobbies. Ci sono quelli che, come Agile, hanno come hobby quello di pensare di odiare tutto il mondo tranne i suoi tre amici. Poi un giorno le "miserabili" annunciano un viaggio a Roma per la santificazione di un papa, gli amici di Agile aderiscono un piano di attacco (non vi dico a cosa!), poi la fuga per le strade della capitale. Un vecchio amore e cowboy della terza età completano il quadro insieme ad un sacco di risate per i lettori per le  situazioni surreali che vedranno coinvolti i nostri quattro attempati eroi.

É consolante sapere che quando avrò una veneranda età e qualora venga graziata da malattie neurologiche particolari, potrò perdere in velocità ma la mia mente sarà ancora attiva e propositiva come quella di oggi e di ieri. In effetti è un concetto strano da pensare come concepito da un giovane scrittore, però calza a pennello con quello che è il tema della speranza che viene fuori da tutta una serie di considerazioni che, come dicevo all'inizio, si possono fare a lettura conclusa. Diventeremo vecchi, magari anche rincoglioniti (detta alla Agile) ma non perderemo il nostro io. Se siamo buoni e beoti, anche in caso di alzheimer rimarremo tali. La nostra cattiveria potrà venire dalla necessità di preservare le poche cose che abbiamo, i ricordi o anche dalla paura di morire. Ma dentro di noi rimarremo gli stessi.Poca cosa, direte voi. Invece per quanto mi riguarda è molto. Se la vita scorre veloce verso la fine dei nostri giorni affrontarla al meglio dovrebbe essere il pensiero di ognuno di noi e se a questo ci aggiungiamo anche il non arrendersi mai, il non sedersi e lasciarsi andare potremmo dire che il quadro di una vita che vale di essere vissuta è completo.

Se poi guardiamo all'approccio a questa storia di Marco possiamo fare altre considerazioni di fondo. Nessuno, ad esempio, viene completamente presentato subito. Al di là delle caratteristiche principali, troverete che i personaggi si definiscono attraverso le interazioni. Il mondo visto in questo modo assume fattezze che ricordano quello dipinto da Monicelli nel 1975, dove la melanconia e la nostalgia si trasformano ironia, amicizia e affetto sentimenti indotti dal naturale vivere ma che spesso non riconosciamo fino in fondo. Le emozioni si scoprono solo vivendone delle altre e più forti. Anche qui avviene e, a questo, aggiungiamo anche che, come non siamo in grado di soppesare e riconoscere le nostre emozioni, la "saggezza", quella grande, mitizzata ed esaltata a cui tutti ambiamo accumulando esperienze, non ci garantirà di fare la figura dei quindicenni davanti alle stesse emozioni. La saggezza è quella che ci garantisce di saper affrontare situazioni affini a quelle già vissute, ma non è risolutiva laddove i sentimenti hanno il sopravvento sulla razionalità.

La speranza di non divenire soprammobili, una volta entrati nella terza età, e di continuare a vivere sentimenti che non ci abbandoneranno mai quali amicizia, amore, lealtà, fiducia, appartenenza, solo se sapremo ricrearli nei luoghi che abiteremo nel tempo è una costante per questo libro. Siamo noi fautori del nostro destino e dei nostri rapporti, possiamo metterci in un cantuccio e aspettare oppure costruire giorno per giorno il nostro mondo e le nostre amicizie. Speranze quindi condite di sentimenti e di divertimento da "far west" all'italiana, che ci accompagnano nello scorrere di queste pagine portandoci in giro per le strade di Roma.

Chiaramente non riuscirete a non sbottare ogni tanto in una risata, ma ridere non ha mai fatto male a nessuno, anzi...
Buone letture e buone ferie,
Simona Scravaglieri

L'audace colpo dei quattro di rete Maria che sfuggirono alle miserabili monache 

Marco Marsullo 
Einaudi Editore, Ed. 2014 
Collana "Stile Libero Big" 
Prezzo 16,50€


Fonte: LettureSconclusionate


lunedì 28 luglio 2014

[Da libro che sto leggendo] Il convento sull'isola

Marco Pollilo
Fonte: Evensi


Come detto nella recensione de "Il convento sull'isola" ho scoperto questo giallo per caso e in più ne sono rimasta piacevolmente ammaliata. E' un lavoro che dichiara che l'autore sa come fare il suo mestiere, conosce le regole del giallo che prevedono:
 -l'omicidio o il reato reale o presunto;
 -la distribuzione degli indizi in maniera organizzata;
 -la presenza di una trama costruita a regola d'arte.

Attorno a queste tre regole di base, possiamo affiancare una serie illimitata di possibili arricchimenti e variazioni del tema e questo fa sì che i gialli, grazie al cielo, non siano tutti uguali. Ma qual è la cosa che rende un giallista un vero Giallista? Semplicemente quello di riuscire a chiudere tutta questa organizzazione con morti, quadri spostati, oggetti rubati, storie d'amore, un'accurata descrizione non solo della scena del crimine sul lago D'Orta ma anche della Milano che non c'è più in sole 300 pagine. Il tutto scritto in maniera scorrevole e piacevole. L'unica pecca, se proprio la vogliamo trovare, è che finisce presto!

Un libro veramente consigliato a tutti, non vi deluderà.
Buone letture e buone ferie,
Simona Scravaglieri

Oche sgozzate

Venerdì, 18 gennaio

Aveva sempre un po' di timore quando passava davanti a quella finestra. Il nervosismo lo prendeva appena imboccava lo stretto viottolo che conduceva verso il lago. Non era la paura di incontrare qualcuno, sapeva che a quell'ora le probabilità erano minime, e comunque lui aveva una giustificazione più che valida per essere lì, tuttavia... Alzò gli occhi al cielo, una foschia leggera era scesa sull'isola, rendendo ancora più cupe le basse nubi e più pungente l'umidità che entrava nelle ossa. Meglio, si disse, nessuno si sarebbe avventurato fuori in quel clima desolato. Superò una curva secca e s'immise sulla stradina che costeggiava il lago. Da quel punto  per poco più di una ventina di metri si sarebbe trovato allo scoperto. Qualche barca di passaggio avrebbe potuto vederlo e dalle ville che si affacciavano sull'acqua qualcuno si sarebbe potuto accorgere di quella strana figura imbacuccata che, con la testa infossata nelle spalle, procedeva a passo sostenuto oltre l'imbarcadero di Villa Porrone.Il suon di un motore lo fece sobbalzare. Si guardò intorno. Era tardi per le partenze dei battelli che da Orta San Giulio prestavano servizio per l'isola, doveva trattarsi di un'imbarcazione privata. Non vide niente, forse era stata solo la sua immaginazione. Accelerò il passo, superò la finestra di Villa Porrone e gettò un'occhiata all'interno: il lungo corridoio, i quadri appesi con quell'unico spazio vuoto dove per anni una natura morta seicentesca aveva turbato le sue notti da bambino.Le oche sgozzate, il coltello insanguinato, il bicchiere di vino rovesciato, la tovaglia macchiata. Più che resti di un pranzo, ai suoi occhi innocenti quel dipinto sembrava immortalare un macabro rituale satanico. Per un attimo non riuscì a spiegarsi il motivo di quel turbamento che l'aveva colto all'improvviso, poi capì: il quadro era al suo posto, in tutto il suo raccapricciante splendore. Appeso a coprire esattamente quello spazio vuoto che fino a pochi giorni prima, l'ultima volta che era passato lì davanti, spiccava volgare, uno sfregio ingiustificato in quell'oasi di mobili antichi e di tappezzerie scolorite, dove il tempo pareva essersi fermato anni addietro, catturato dall'odore di brace nel camino e compiaciuto di tanta opulenza.Quel quadro?Cosa diavolo ci faceva lì, si domandò mentre rallentava il passo, quindi si fermava meravigliato. Sbirciò attraverso la finestra: all'interno non c'era nessuno, anche se un bagliore che guizzava sulla parete più lontana provava che il fuoco era acceso. Alzò gli occhi e si accorse che la sua immagine appariva riflessa ne vetro. Poi si rese conto che non era la finestra che rimandava lo stupore del suo volto, ma il vetro che proteggeva il quadro. Accanto alle oche sgozzate, al calice di vino e al coltello insanguinato, la sua faccia spaventata e decapitata sembrava far parte anch'essa dei  resti della furia divoratrice di chi aveva banchettato.il sacco che teneva appoggiato su una spalla gli sembrò di colpo più pesante mentre si rimetteva in marcia, affrettando il passo, e scompariva nell'oscurità della sera.
Questo pezzo è tratto da:

Il convento sull'isola 
Marco Pollilo 
Rizzoli Editore, Ed. 2014 
Prezzo 18,00€

domenica 27 luglio 2014

L'ha detto... Nicolò Tommaseo

Fonte: Corriere universitario



Leggere Dante è un dovere; rileggerlo è bisogno: sentirlo è presagio di grandezza.


Nicolò Tommaseo


venerdì 25 luglio 2014

"Heat rises", Richard Castle - Il mistero dello spogliarellista capelluto....

Fonte: Stile.it

Pare una maledizione che, dopo un certo numero di libri belli, me ne capitino un po' di brutti o non completamente accettabili ma quest'anno sembra che me li vada proprio a cercare! In questo caso la colpa è veramente mia, lo ammetto. Non tengo accesa molto la tv, anzi da un ultimo conteggio arrivo a vedere circa 35 minuti di televisione a settimana il che, solitamente, non mi permetterebbe di seguire alcuna serie e, invece, grazie alla benedetta funzione di registrazione posso utilizzare i minuti sparsi qui e lì per riuscire a vedere una serie televisiva (ne scelgo una a caso, di solito di genere giallo l'importante che stia partendo dalla prima puntata). Quest'anno la scelta è ricaduta nella serie Castle. E' stato quindi naturale, quando ho visto uno dei libri legato alla serie in offerta, prenderlo per poi leggerlo.

I protagonisti di questo non so cosa (giallo? thriller?romanzo? boh!), trasposti con altri nomi, sono quelli della serie. Ma questo, per chi segue il telefilm non è una novità perchè "Castle" lo dichiara in più occasioni. Nemmeno la trama  è innovativa visto che io ho trovato rimandi ad almeno tre puntate differenti della serie!
Niki Heart è in ansia perché il suo fidanzato Rook - che nel libro non è uno scrittore bensì un giornalista -, non si è fatto più sentire da quando è partito per il Medio Oriente per seguire le tracce delle vie del traffico delle armi. Frattanto, all'investigatrice capita fra le mani un caso scottante: un prete è stato ritrovato morto in un club di bondage, legato ad uno strumento che si usa per le, chiamiamole, torture. La casa del prete è stata passata misteriosamente al setaccio da Montgomery, il capo di Niki, prima che lei venisse chiamata per la scoperta del cadavere e lo stesso capitano sembra reticente a dare spiegazioni e al contempo le mette i bastoni fra le ruote mentre lei cerca di vagliare le possibili piste a disposizione per le indagini. Riuscirà la nostra eroina a venirne fuori? Non vi aspetterete che ve lo dica io vero?

Premetto che questo, non so cosa - è un "di tutto un po'"-, mi ha fatto pensare che "Il profanatore di biblioteche proibite" non è il male assoluto e che, al contempo, so perfettamente cosa c'è che non va e in parte è da imputare al poco accorto autore americano e in parte alla trasposizione in lingua italiana:
 1- L'essere, appunto, il "di tutto un po'" è il male maggiore. Giusto per non scontentare nessuno c'è un po' di thriller, un vago senso del giallo e una parte di un pessimo romanzo d'amore.
 2- E' uno di una serie di libri, quindi ci sono dei riferimenti che solo chi ha letto la serie completa o ha visto il serial può comprendere.
 3- le descrizioni dei personaggi sono confuse e la protagonista, invece di sembrare un'eroina, assomiglia ad una Rossella O'Hara dei giorni nostri, che si muove per la città maneggiando da un lato il fazzolettino con le trine e dall'altro la pistola. Inutile aggiungere che i mutandoni d'ordinanza probabilmente mal s'incastrano negli stivali da Cowboy!
 4- Ci sono alcune parti decisamente inutili e alcune ridondanti; nevica a New York nel periodo di questa indagine e l'autore ce lo ricorda praticamente ogni due pagine delle 372 che compongono il libro.
 5- Indagine troppo allungata, un po' come il brodo annacquato, per quello che è l'effettiva storia che c'è dietro e quindi alla fine non da alcuna soddisfazione.
 4- Traduzione alla "lettera" che in alcuni punti vede frasi costruite non italiano ma all'americana quindi ci metti un po' a capire che sta dicendo.
 6- Fabio.

Chiaramente a chi non ha visto Castle potrebbe anche piacere ma, nel caso degli estimatori della serie, è chiaro che tutto questo non può bastare. Tenendo conto che non era necessario rimanere così ancorati alle storie del sequel, bastava poco per far apparire lo scrittore Castle come un vero scrittore invece di un semplice scribacchino. In più dopo aver provato a trovare qualcosa in più da dire in merito a questo libro ho concluso che è un lavoro, se per assurdo possiamo accettare questa definizione, talmente ininfluente e di poco conto che non c'è altro da dire in più se non rimanere perplessi di fronte alle sperticate manifestazioni di gioia e apprezzamento dei lettori americani che invece lo hanno apprezzato molto, tanto da dargli ben 5 stelline su 5 su Goodreads. Che la versione in lingua originale sia meglio? Preferisco non saperlo!

E se vi state chiedendo "Ma chi è "Fabio"?". Ecco, me lo chiedevo anche io e ho rivolto la domanda ai miei amici su FB. Morale della favola pare che lo "spogliarellista che scappa con i fluenti capelli biondi alla "Fabio"" assomigli, secondo l'autore - e il traduttore traduce bovinamente senza considerare che il suo lavoro verrà letto da un pubblico italiano - a Fabio Lanzoni. Ora, ho ammesso la mia ignoranza su modelli pompati e capelluti - non fanno proprio per me!- ma la discussione è andata avanti per un po' e verteva, una volta scoperto chi è il famoso (de che?) Fabio, sull'opportunità o meno di aggiungere o no il cognome anche se, probabilmente, nella versione americana non serve. Ecco, nonostante il pensiero comune io penso che, indipendentemente da quello che è lo scritto, aggiungere una nota con il cognome dell'adone in questione sarebbe stata cosa buona e giusta!
Rimarrò arricchita da questa nuova informazione del modello-che-tanto-piace anche se mi domando come, nella vita o nel lavoro o per il blog, questa possa rendersi utile e considero questo libro un dimenticabile. Soldi buttati insomma.

Buone letture,
Simona Scravaglieri


Heat Rises
Richard Castle
Fazi Editore, Ed. 2012
Prezzo 12,75€
Ebook 2,99€



Fonte: Letture Sconclusionate

mercoledì 23 luglio 2014

"Chiuso per Kindle", Massimiliano Timpano e Pier Francesco Liofreddi - Bisogna essere attori consumati....

Fonte: Etnaweb

Quando ho caricato questo libro nella mia libreria mi sono accorta che non ero la prima a leggerlo, almeno fra i miei amici. Quando l'ho finito mi sono accorta di essere stata una delle poche ad aver dato un giudizio alto. Poi l'ho lasciato stare nella parte della libreria dei libri "sospesi", in pratica quelli in attesa di recensione, e mi sono data il tempo di rifletterci. Oggi a distanza di qualche settimana confermo il mio giudizio perché, per quanto mi concerne, questo lavoro, seppur fuori dagli schemi previsti, è un buon libro.

Non è il primo che leggo del genere, in questo blog ho parlato anche di Marino Buzzi con il suo "Un altro best seller e siamo rovinati", eppure questo esce dai soliti schemi perché non si limita ad affrontare l'universo libreria ma gli autori spaziano con digressioni alquanto insolite divertendosi a combinare trame, personaggi e anche autori senza soluzione di continuità collegandoli in maniera del tutto inconsueta. Per cui vi troverete ad avere elencata la nazionale scrittori per fare un paragone fra l'uomo libraio, che sempre umano è e aspetta come tutti gli altri l'inizio delle partte, e la libreria che per qualche istante diventa la trasposizione letteraria di "90° minuto", fino a provare l'ebrezza di vedere trame di libri diversi che si incastrano perfettamente in argomentazioni, del tutto insolite, che nascono dal confronto fra libraio e il lettore in cerca di libri che trattino uno stesso argomento e che viene incoraggiato a spaziare in campi narrativi a lui completamente sconosciuti. In questo obiettivo, di stupire e dimostrare anche l'importanza di un libraio, è perfettamente centrato.

L'uomo libraio moderno deve infatti possedere - lo dicono gli autori fra le righe e, a me, sembra perfettamente calzante la descrizione- determinate qualità che possiamo riassumere in:
- deve essere dotato di pazienza e ottimo senso dell'umorismo per le balzane richieste che verranno loro fatte;
- deve conoscere buona parte dei titoli citati negli ultimi notiziari e/o giornali;
- deve essere un attore navigato - ogni giorno si va in scena e bisogna essere in grado di interessare intelligentemente il proprio pubblico!-;
- deve avere una buona parlantina e cultura;
- deve avere sempre un'alternativa.

E, in effetti, a trovarne di librai così ci sarebbe da piantare le tende in libreria, peccato che così non avviene sempre. Non tutti nascono librai e l'amore per i libri non è cosa sufficiente e necessaria perché si possa dire di essere tagliati per il mestiere e questo, noi lettori, lo sperimentiamo ogni volta che entriamo a cercare un libro fuori da quelli sponsorizzati dal marketing incalzante.
D'altro canto, i giudizi di cui vi parlavo sopra, lamentavano una mancata argomentazione a favore dei libri e a sfavore della "causa contro i Kindle".
Ed è qui che la vediamo in maniera differente. L'uomo libraio nato e talentuoso, difficilmente potrà dire a qualcuno di non leggere, anche se questo comporta che legga ebook invece di libri cartacei. E' proprio contro la sua natura, i nostro eroe non ce l'ha nel DNA e nemmeno nel suo vocabolario. Quello che vi dicono invece Liofreddi e Timpano è solo "fermatevi a riflettere e a vedere".

Se da un lato le classifiche da libreria, come ci siamo detti più volte anche in questo blog, sono di facciata e di poca importanza. identica cosa. e forse peggio. avviene per quella degli ebook. dove vi può capitare di trovare, ad esempio, in tutti gli store, come primo in classifica, un classico che poi si scopre che è a distribuzione gratuita. Stesso discorso dicasi per le ricerche tematiche, dove l'accostamento non è standard, ma basato su quello che hanno acquistato altri utenti. Nessun algoritmo può sostituire l'uomo (tranne il Kobo per il quale, colui che lo sponsorizzava a Librinnovando di Milano, due anni or sono, alla domanda della giornalista "Come scegliete i titoli da suggerire?" ha risposto: "Sono io che li scelgo!") ma per essere un buon suggeritore devi almeno farti una base di cultura generale. 

Il vero Libraio per me è una scoperta recente, dopo aver abbandonato l'idea costosa di andare a comprare i libri da Marino  -che mi è un po' lontano da casa!! -, ho scoperto Patrizio Zurru della Officina dei libri di Cagliari e infine mi sono trovata ad ascoltare anche gli agguerriti librai della Libreria Pallottadi Roma ,tra i quali  Carmelo Calì,  e Massimiliano Timpano quando abbiamo fatto la prima edizione di #nonsonosole. Lì ho capito che i veri librai ci sono, ma sono veramente rari. D'altro canto è vero che le librerie stanno chiudendo, è anche vero che parte delle colpe sono delle librerie online, grandi store che vendono di tutto un po' e che surclassano per offerte e sconti anche quelle indipendenti che vorrebbero fare la differenza, ma la domanda rimane: di chi è la colpa?

Un po' di tutti e un po' di nessuno, dal mio punto di vista. Chiuso per Kindle è un titolo emblematico che identifica il "male", ma il Kindle potrebbe anche essere un e-reader Sony (che è il primo lettore ad aver acquisito e poi rivenduto il brevetto dell'inchiostro elettronico!), e quel "male" potrebbe essere rappresentato da progetti come il Gutemberg - che è quello che dal 1971 ha lavorato per la digitalizzazzione dei testi -, da Google che ha lanciato le prime biblioteche online su larga scala, da Feltrinelli che ha portato i primi e-reader in Italia anche se allora avevano prezzi importanti, da chi si butta nel mondo dell'ebook. Ma potrebbe essere anche colpa della crisi, gli stipendi bassi, le tassazioni alte e anche i prezzi dei libri troppo alti, nonchè ed è ultima ma non meno importante dei lettori e dell'alto numero delle uscite mensili. Ognuno ha il suo diavolo da sconfiggere. Ma cosa ne rimarrà? Per ora il dato di fatto è che stanno chiudendo un sacco di librerie storiche e non. Rimarranno solo i cattivi? Non è detto, finchè ci sarà un lettore curioso probabilmente le librerie indipendenti avranno la meglio su quelle realtà appiattite, con i libri che sono un campo sterminato di "15%" di sconto. Certo è che l'invito ai lettori a chiedere di più, che viene fuori da questo libro, è una cosa auspicabile. Il negozio o rivendita siamo anche noi e se ci accontentiamo di spazzatura o ci limitiamo a leggere il minimo indispensabile, nessuna libreria cambierà.

E' un vero e proprio diario in cui si appuntano pensieri e riflessioni alla rinfusa, non serve che siano organizzati in maniera particolare perché il punto non è stilare una classifica ma fissare l'argomento. A questo fa eco una scrittura scorrevole e a tratti divertita, quasi canzonatoria, che serve a sdrammatizzare invece le frustrazioni di chi, dall'altro lato del bancone vede un mondo, cui vuole fortemente appartenere, sgretolarsi, da un lato per logiche economiche e dall'altro per la distrazione di chi, ad una spesa cartacea preferisce altro.
Diciamo che per apprezzare questo lavoro, come avviene per il libro recensito venerdì, l'approccio deve essere concettuale e non pratico. Non vi daranno risposte Timpano o Liofreddi perché non possono farlo se non invitandovi a non leggere. Il punto è solo quello di invitare, chi affronta queste pagine divertenti, a riflettere veramente su questo mondo conosciuto ma al contempo sconosciuto dove, come diceva anche Marino, si entra, come in chiesa, sussurrando e poi si fanno domande fuori posto con il piglio del gran conoscitore di letteratura nazionale e internazionale. Le risposte le troverete solo una volta chiuso il libro, quando prenderete in considerazione le loro riflessioni a latere.


Buone letture,
Simona Scravaglieri


Chiuso per Kindle
Diario di un libraio in trincea
Massimiliano Timpano, Pier Francesco Liofreddi
Bompiani Editore, Ed. 2014
Collana "Tascabili Bompiani"
Prezzo 9,50€



Fonte: LettureSconclusionate

lunedì 21 luglio 2014

[Dal libro che sto leggendo] L'audace colpo dei quattro di Rete Maria che sfuggirono alle miserabili monache


Fonte: Pinterest

Siamo in estate e sicuramente in cerca di quel libro "bello, bellissimo" da portarci in giro e che non ci impegni più di tanto ma che ci lasci un bel ricordo di questo periodo di ferie. Ecco, questa è una bella e intelligente proposta. Marco Marsullo è un po' una certezza riesce ad unire la narrativa scorrevole di una storia bella e piena di sentimenti, all'ironia terminando con un finale che tocca le corde del cuore e lascia quel sapore di non aver passato il tempo a leggere una storia che dimenticheremo. Che volere di più?

In più il protagonista, Agile, è un po' il personaggio per tutti, da quelli affettuosi agli scorbutici. Diverte non solo il suo rapporto con gli amici ma il confronto con il mondo esterno. Mondo che indubbiamente, come potete leggere sotto, odia ma che gli manca anche. Devo ammettere che, però, il personaggio cui mi sono più affezionata è Brio, mi piace perché nonostante il suo status è un uomo deciso e veramente pieno di brio. Lo trovo esilarante nelle sue prese di posizione e preparatissimo nello studiare piani e soluzioni alternative.

Ho affrontato questa lettura con la tranquillità di quella che sa che comunque vada, con Marsullo, è sempre un vero successo e così è stato. In fondo la magia di questo giovane scrittore sta nel fatto che in ogni lavoro si presenta come uno scrittore differente e sempre uguale. Differente nelle storie che propone e sempre uguale in quella speranza di un mondo che può salvarsi imparando dalle storie e dalla vita. E, la speranza, con Marco ha sempre un buon sapore.

Buone letture e buone vacanze,
Simona Scravaglieri



1. 
Qui ci chiamiamo tutti per soprannome.È più veloce, più comodo. Ci viene più facile ricordare chi siamo.Io mi chiamo Dino (piacere: mio, voi vi ricrederete presto), ma mi chiamano tutto Agile. Lo so, Come soprannome fa un po' schifo, poi di agile oramai ho solo la lingua quando parlo, e e volte nemmeno tanto. Tendo a dimenticarmi le cose, a mischiare i ricordi, a confondere le facce. Sono rincoglionito, fateci l'abitudine. Spesso quando mi vedo riflesso nello specchio mi saluto dandomi del lei. Ho settantaquattro anni un solo rene, la prostata grande come la Danimarca e un'insana, rischiosa passione per i pistacchi. Odio i giovani, com'è giusto. Ma odio anche i vecchi, sono lenti e insopportabili. Odio quei tipi che quando ti guardano sorridono come se avessero visto un cucciolo di labrador. Che cazzo ci avete da sorridere? Sono vecchio, cosa c'è di tenero? Se contate fino a trenta forse muoio pure. Odio i preti, i gatti persiani, le feste comandate e i telequiz che ci mettono due mesi per dirti se il concorrente ha indovinato la densità della popolazione di Tripoli. Odio un sacco di altre cose. A dire il vero odio quasi tutto quello che c'è sulla Terra, compreso fare gli elenchi, quindi mi fermo qui. Anzi, un'ultima cosa: su tutto e tutti odio quelli che mi cedono il posto sull'autobus. Non me ne faccio niente della vostra pietà, se davvero volessi un posto me lo prenderei con la forza potete giurarci. Gli autobus, io li guidavo. Poi, quando sono diventato più vecchio dei pullman che guidavo, sono andato in pensione dopo migliaia di chilometri di traffico, e da autista sono diventato un passeggero. Non è facile abituarsi a guardare di lato, dal finestrino, invece che davanti. farsi portare invece che portare.La prospettiva è una cosa fondamentale.Ho tre amici. Sono le uniche tre cose che non odio al mondo.Uno è Guttalax, lo chiamiamo così perché è più stitico di un bambolotto. Gli altri sono Nino Malaparte detto Rubirosa e Cosimo Piaga detto Brio per via del Parkinson. Alloggiamo tutti a Villa delle Betulle, vicino a Roma.E anche se il nome può farvi pensare a grandi saloni con arazzi alle pareti e bagni dai rubinetti dorati, vi assicuro che è una merdosissima casa di riposo che olezza di lettiera per gatti.
Oggi mi sono svegliato tardi. Che è molto meglio di non svegliarsi affatto. Il trucco per diventare vecchi è quello di alzarsi tutte le mattine, nessuna esclusa. Basta saltare un lunedì e zac: l'eterno riposo dona loro eccetera eccetera. Ho aperto gli occhi che erano le otto passate. Di solito non mi sveglio mai dopo le sei. È una piacevole abitudine che mi ha donato la vecchiaia,insieme a quella di pisciare a rate ed essere trapassato dagli sguardi delle donne.All'inizio fa male, poi ci si abitua e fa pure peggio.Seduto accanto al mio letto c'era Guttalax. Il solito completo grigio sdrucito con la cravatta rossa e la camicia bianca.- Buongiorno, - mi fa.- Speriamo, - sbuffo io, girandomi dall'altra parte.È che Guttalax ha questo faccione color cerotto con il doppio mento e le borse sotto gli occhi. In testa nemmeno un capello. Come prima immagine del mattino non aiuta la circolazione linfatica.- Sono le otto e dieci, - mi punzecchia.- Oh certo, faremo tardi per il nulla che ci attende.- Ma oggi è l'ultimo martedì del mese, - ribatte, con quella voce piena di catarro e speranza che lo contraddistingue. Mi volto di scatto (di scatto... diciamo a una velocità considerevole) e sollevo le coperte.- L'ultimo? - gli chiedo, intanto mi sistemo il bordo del letto.Lui fa rimbalzare il viso color cerotto e sorride. Quanto mi fa incazzare Guttalax quando sorride. E Gttalax sorride sempre. Accetta ogni avvenimento della vita stirando le labbra all'insù e addolcendo gli occhioni. È un uomo di Pasqua con dentro la felicità, non riesci mai ad odiarlo completamente, si salva sempre in calcio d'angolo. Maledetto vecchio stitico. 

Questo pezzo è tratto da: 

L'audace colpo dei quattro di Rete Maria che sfuggirono alle miserabili monache
Marco Marsullo
Einaudi Editore, Ed. 2014
Collana "Stile Libero Big"
Prezzo 16,50€

domenica 20 luglio 2014

Alessandro Baricco spiega e legge "La cognizione del dolore" di C.E.Gadda.

Siamo nel 1998, stando ai titoli iniziali e Baricco si appresta a parlare di Carlo Emilio Gadda e della sua "La cognizione del dolore". I grandi scrittori sono quelli che sanno dare i nomi alle cose. Ci sono autori che raccontano storie ma i grandi davano i nomi alle cose, per saperle riconoscere.
Comincia così Baricco in questo video a parlare di questo libro che è fra uno dei più rappresentativi dell'opera di Gadda ma del quale è più conosciuto "Quel pasticciaccio de via Merulana".

Imparare a leggere fra le righe e le parole e distinguere le parole aggiunge nuove informazioni rispetto a quelle che rileviamo nelle nostro modo di fruire un libro. E' un po' come un esercizio e ci permette di accedere nel mondo dello scrittore che consciamente o no sceglie di mettere o omette una parola o un articolo.

Un bel pezzo da vedere e forse più facile da fruire Baricco si trasforma nel momento in cui parla di libri che gli sono piaciuti. E' una magia che capita a molti, scrittori e lettori. Vale la pena di vederlo, anche se purtroppo è brevissimo, ed è per questo che ve lo segnalo.

Buona visione e buone letture,
Simona Scravaglieri





Il libro di cui si parla è:

La cognizione del dolore
Carlo Emilio Gadda
Garzanti Libri
Collana "Gli elefanti. Narrativa"
Prezzo 12,00€

venerdì 18 luglio 2014

"Quando parlavamo con i morti", Mariana Enriquez - Dell'etica dell'indignazione e dintorni...

Fonte: Benessere mentale
Anche questo doveva essere un libro da " Son solo 100 pagine ci metto un attimo a finirlo!" e così non è stato affatto. Non è più lungo e non pecca nemmeno di mancata scorrevolezza. I temi trattati, però, in tre racconti sono quelli che in Italia si conoscono poco. In effetti, corre l'obbligo di dire che due dei tre, sono quelli che, pronunciati, non lasciano gli interlocutori sbigottiti e sono quelli che riguardano i desaparecidos e i bambini rapiti o venduti. Quello di cui avevo invece un vago ricordo è il tema del secondo racconto "le donne ardenti".

I tre racconti sono leggermente metaforici e si inseriscono in quella sfera di modi di raccontare di cui vi avevo già parlato in occasione di "Passi sotto l'acqua" di Alicia Kozameh e, in sostanza si tratta di affidare la gestione e traduzione del "ricordo" dei fatti per i posteri alle donne che, con la delicatezza e con l'istinto che le contraddistingue, riescono ad accompagnare i loro lettori nell'antro dell'orrore di quegli anni oscuri dell'America del sud, senza per questo farli allontanare dalle questioni fondamentali grazie all'orrore di certe scene di torture e di morti fatte per oscure ragioni di stato o di soldi. È sicuramente una scelta premiante, perché anche chi come me è sensibile a certe proposte, può avvicinarsi a certi ricordi senza doverne ricordare solo il disgusto.
Ma il ricordo impone anche motivazioni e qui non ce ne sono molte. Il problema che sollevano tutti gli scrittori dell'America del Sud è identico e comune ed ha una sola motivazione: non ci sono spiegazioni.

Non ce ne sono per i desaparecidos di cui ancora oggi si sa ancora troppo poco, molti di loro non si sa nemmeno dove siano stati uccisi o per quale delazione siano stati imprigionati. Così il mondo di una bimba viene sconvolto una sera qualunque, in un giorno qualunque. Come può avvenire con tutti noi. Senza motivo, senza un'azione specifica chi oggi c'è domani sparisce, come cancellato. Quasi fosse stato un errore.
Non ci sono spiegazioni nemmeno sul gesto estremo delle donne ardenti. Donne che si danno fuoco da sole, dopo i numerosi atti di femminicidio seguiti alla morte di una donna ( credo faccia riferimento a Wanda Taddei, che fu sfigurata e uccisa dal marito che era batterista di una band. E' un caso del 2010) cui il marito ha dato fuoco mentre dormiva. E qui la questione non risiede nel gesto folle dell'uomo e di tutti quelli che nel periodo lo imitarono ma in quello delle donne che decisero di buttarsi nel fuoco deturpandosi prima che lo facesse qualcun altro.
In più non ci sono spiegazioni nei ritorni dei bambini scomparsi come non ce ne sono per la loro sparizione. I bimbi di questa storia sono al limite della comprensione di chi li ritrova e portano con loro "quel momento" fissato nella mente, nel corpo, negli indumenti. Sono altri e eppure gli stessi, non sono cambiati eppure è stato tolto a loro quello che hanno di più importante, l'anima.

È per questo che queste cento pagine non sono e non si possono leggere in un soffio. Proprio perché sono storie civili di inciviltà. Sono fotografie di quello che è accaduto e che in parte accade anche oggi. Sono altresì immagini su cui riflettere non tanto per non scandalizzarsi o indignarsi, quanto per imparare a farlo nella maniera giusta e vera. In una società come quella odierna dove lo scandalo è solo parte di un articolo di giornale e che ha la valenza di un post su un social o di una giornata passata ad urlare e intasare strade o anche una serata con le candele accese, questo non basta, anzi non serve. Si dicono tante cose su come agire, come affrontare, si invitano a chiamare questo o quel numero ma la verità è che chi vede, legge, marcia, in fondo pensa di partecipare ma dentro di sé sa che quella cosa non la riguarda, anche le vittime stesse si dicono che le loro situazioni e motivazioni sono diverse.

Forse, e dico forse, questi libri ci insegnano che non basta indignarsi, ma serve una mano amica che si allunga in silenzio. Non servono sguardi pietosi, ma silenzi consapevoli. Un gesto solo e semplice. Che non dica "poverina ti capisco" ma solo "ci sono". Un tempo, come avveniva per Alicia e come avviene anche per Mariana, si pensava che le donne potessero avere questo intuito e questa delicatezza tipica di esseri nati per essere madri. Oggi distinguo con difficoltà donne e uomini proprio per questa perdita di sensibilità.
Che sia questo il libro che ci riaprirà il cuore? Possibile, auspicabile.

Una bella trilogia, sentita e non pesante. Una scrittura scorrevole nonostante i temi che lasciano sicuramente il segno. Un libro come detto, civile,  e che come tale deve essere letto. Magari non troverete risposte, ma in fondo il punto della scrittura non è sempre formulare risposte ma aiutare le persone a porsi delle domande. E di quelle ne troverete sicuramente.

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Quando parlavamo con i morti
Mariana Enriquez
Caravan Edizioni, Ed. 2014
Collana "Bagaglio a mano"
Prezzo 9,50€



Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 16 luglio 2014

"Il convento sull'isola", Marco Pollilo - Il tragitto dell'indizio...



Fonte: Navigazione Lago D'Orta

C'è stato un momento in cui sembrava che fare gialli non fosse più abbastanza. In quel particolare periodo, potevi mettere a soqquadro una qualsiasi libreria e, nella sezione di riferimento, trovare solo lavori che, nonostante l'assegnazione della categoria di genere, nicchiavano, non poco, al thriller. Non che mi dispiaccia il thriller ma ha questa falla che vede lo svolgersi di trame intricatissime che si risolvono, quasi sempre, con un nulla di fatto perché i finali non reggono il confronto con ciò che li ha preceduti. Pertanto, in quel particolare periodo, mi ero rifugiata nella lettura del classico "giallo classico". Non è una scelta malvagia, direte voi, ma esistono scrittori contemporanei che il giallo lo sanno concepire e scrivere, al netto dello stile "alla Camilleri". Così, quando ho preso il libro di Pollilo, devo ammettere ero scettica, ma ci può essere un'estate senza un bel giallo? E, infatti, tanto per smentirmi settimana scorsa, mentre ero in altre letture affaccendata, mi sono detta "sbircio solo una pagina"! Ecco, dopo un'oretta ero già a pagina 50, inutile dire che ho dovuto mettere da parte tutto il resto per finirlo!

Il fatto che un giallo ti riesca a trasportare nei meandri delle sue pagine scritte non è questione di incipit, ma proprio di storia e nel caso di questo lavoro, l'ambientazione gioca un ruolo fondamentale; siamo al Lago d'Orta e il luogo non potrebbe essere dei migliori. Si gioca tutto fra terra ferma e isola centrale, con collegamenti fissi, pubblici, e quelli privati, meno vincolati, che dettano non solo gli spostamenti ma anche il ritmo della storia contrapponendosi con Milano, che invece è il luogo dove risiede e lavora il Commissario Zottia e alcuni dei protagonisti della vicenda. I personaggi sono tanti e almeno due, uno solo citato e l'altra invece è colei che muove gli ingranaggi perché la storia abbia inizio, vengono da un giallo precedente. In effetti, Marco Pollilo ha già scritto ben 4 libri, di cui uno deve essere presente in uno dei tanti emulatori che ho sull'ipad, e questo è un ritorno su un luogo del "delitto", anzi "d'indagine" preciserebbe Zottia. 

Enea con i suoi caratteristici baffoni e la sua buona indole conquista le donne ma a quanto pare non è così fortunato nel riuscirsele a tenere. Già dall'inizio della storia è stato lasciato dalla moglie e dall'altra donna di cui si è innamorato. Viene invitato a tornare al lago d'Orta da Chicca, anche questo luogo già visto nello stesso giallo precedente, che lo chiama, per conto di suor Venanzia, per indagare su dei misteriosi furti avvenuti sull'isola al centro del lago e che preoccupano le suore che hanno lì il loro convento. Poi un misterioso omicidio di uno dei giardinieri, un quadro che misteriosamente cambia di posto, un contabile, che cura gli affari del convento, che non si sbottona, Suor Venazia che pensa di aver visto qualcosa ma non sa cosa è lecito dire e cosa no e il mistero è bello che servito!

Il finale è in linea con il ritmo della storia che non ha sbavature se non, ma questo è gusto personale e non dato oggettivo, nei capitoli dedicati al gatto che del commissario che è stato portato via dalla futura ex moglie. Gatto che trova comunque una collocazione e una sua ragion d'essere e quindi non è d'intralcio e nemmeno un facile sotterfugio per far appassionare gattari/e. Dall'altro lato è necessario specificare che la scrittura scorrevole fa sì che la storia si legga velocemente e che, nonostante i numerosi intrecci dovuti alla necessità di lasciare indizi, si arrivi alla fine con tutti i dati necessari, per i più smaliziati - io sono rimasta in dubbio fino alla fine -, per cercare di risolvere il caso prima che l'autore ci sveli il finale. Altro punto a favore dell'autore è il fatto che pare amare e conoscere a menadito i luoghi di cui parla e, questa "conoscenza", la usa diluendo sapientemente i momenti di riflessione all'interno dei tragitti che vengono fatti dai vari personaggi per spostarsi da un luogo all'altro. Il tutto però avviene in maniera così impegnata verso l'analisi degli indizi da non rendere mai l'idea al lettore che ci si stia dilungando ad arte ma solo che si dia lo spazio a chi indaga o a chi si interroga di ricapitolare quelle che sono le informazioni raccolte utilizzando l'espediente del paesaggio come un modo per focalizzare. Quello che ne viene fuori è un bel mix che ci permette di focalizzare i luoghi senza alcuna retorica.

E' stata veramente una gradita sorpresa, in 300 pagine come secondo me dovrebbe essere un buon giallo, senza alcun allungamento di brodo che è sintomo di uno scrittore che sa perfettamente il fatto suo. Ben costruito, buon ritmo, interessanti descrizioni della zona, personaggi che si muovono sulla scena con le loro storie ma che non appannano l'indagine principale e un finale perfetto, si può ben dire che è un buon titolo da portare in vacanza o da tenere presente per le prossime letture e sono certa che non ve ne pentirete. Per conto mio cercherò e leggerò i lavori precedenti perché mi questo autore mi piace parecchio.

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Il convento sull'isola
Marco Pollilo
Rizzoli Editore, Ed. 2014
Prezzo 18,00€


Fonte: LettureSconclusionate

lunedì 14 luglio 2014

[Dal libro che sto leggendo] L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio



Fonte: Firebird76

Come vi ho raccontato nella recensione il problema qui è dato dall'inconsistenza del racconto e non dal colore che, invece, sembra essere il motivo scatenante della storia. Come avviene già dalla prima pagina, si sprecano parole e parole, a spiegare il nulla. Tsukuru voleva morire. Ok, è una concetto di base che posso accettare ma perché? Non è dato saperlo, non lo spiega nemmeno dopo. Lui pensa sia perché gli amici di un tempo ad un certo punto gli hanno dato forfait senza alcuna spiegazione che lui non ha nemmeno richiesto. Ma non lo sa, come non ne è sicuro che nemmeno Sara, la ragazza che trova che i sui problemi di coppia con Tazaki risiedano in questo momento "oscuro" della sua vita.

E' tutta una ipotesi, non c'è un viaggio interiore nella ricerca di soluzione o di motivazione di quel gesto degli amici di sedici anni prima. Quello che si scambia er profondità sono solo mere lezioni di filosofia che vengono inserite ad arte per allungare il brodo ma che hanno valenza solo nel pezzo in cui sono inserite perchè cesellate ad arte per la situazione che devono commentare.
Non c'è altro.
Come detto, un dimenticabile e non rappresentativo del "Murakami" di cui mi hanno tanto parlato.

Buone letture,
Simona Scravaglieri


Capitolo primo 
Dal mese di luglio del suo secondo anni di università fino al gennaio seguente, Tazaki Tsukuru aveva vissuto con un solo pensiero in testa: morire. Nel frattempo aveva compiuto vent'anni, ma raggiungere la pietra miliare della maggiore età non era stato per lui un evento particolarmente significativo. Metter fine ai suoi giorni gli sembrava la cosa più naturale e coerente. Per quale motivo però non avesse fatto l'ultimo passo, ancora oggi non riusciva a capirlo. E dire che in quel periodo attraversare la soglia che separa la vita dalla mote sarebbe stato più facile che bere un uovo dal guscio!
Se Tsukuru non aveva mai veramente cercato di suicidarsi, era forse perché la sua idea di morte era così pura, così intensa, che nella sua mente non vi aveva mai associato un'immagine concreta che ne fosse all'altezza. Il problema della messa in pratica era secondario: se a un certo punto avesse visto nei paraggi una porta che conduceva alla morte, probabilmente non avrebbe esitato ad aprirla. Girare la maniglia, per lui sarebbe stato un gesto come un altro, qualcosa su cui non c'era da riflettere più di tanto. Tuttavia per fortuna o sfortuna, davanti a sé quella porta non la vide mai.
Spesso Tazaki Tsukuru si ripeteva che sarebbe stato molto meglio morire allora, evitando così di esistere nel presente. Era un pensiero allettante, perché in tal caso tutto ciò che ora esisteva in realtà, avrebbe smesso di esere reale. E come lui non sarebbe più esistito per il mondo, il mondo non sarebbe esistito per lui.
Eppure, ancora oggi, Tsukuru non riusciva a capire quale fosse la ragione che all'epoca l'aveva portato ad un passo dalla morte. Certo una ragione concreta c'era, ma non gli sembrava sufficiente per speigare il desiderio di annientamento che l'aveva accerchiato per sei mesi con tanta forza. Accerchiato... sì, era l'espressione giusta. Come Giona che viene inghiottito dalla balena e continua a vivere nella sua pancia,  Tsukuru era caduto nel ventre della morte e aveva passato giorni senza data nel buio stagnante di quell'antro.

Questo pezzo è tratto da:

L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio 
Murakami Haruki 
Einaudi Editore, Ed. 2014 
Collana "I supercoralli" 
Prezzo 20,00€

domenica 13 luglio 2014

L'ha detto...Michail Bulgakov


Fonte: Io vivo quando nessuno mi vede



Quando nessuno vede, si può essere se stessi. 

 Michail Bulgakov

sabato 12 luglio 2014

Il lato oscuro dell'editoria: "La correttezza paga e se non paghi sei fuori"...

Fonte: Virtuose Marketing

Non nascondiamoci dietro un dito, chiunque abbia avuto a che fare con il mondo dell'editoria ha sentito dire di collaboratori e scrittori non pagati. Non è una novità, si dice, ma sottovoce, perché non sta bene. Ecco, non dovrebbe essere così, anche perché uno stato democratico fondato sul lavoro, dovrebbe prevedere che chi aggira la regola debba pagare e, invece, come è avvenuto anche per la lista degli editori a pagamento qualche anno fa, l'Italia tutela chi evade la regola danneggiando chi invece fa il proprio lavoro con onestà.

Su iniziativa di Chiara Beretta Mazzotta (Bookblister) e Gaia Conventi (Giramenti), su sollecitazione di un bello status di Gaja Cenciarelli, con l'aiuto di Luca Pantarotto (Holden&Company), lo slogan di Marina Vitale e la grafica di Francesca Schipa (entrambe autrici di DilettieRiletti) è nata una iniziativa cui anche io aderisco come tanti altri blogger che hanno in animo veder cambiare il mondo, specie quello della cultura, in meglio. 




Da oggi questo blog non recensirà libri provenienti da editori che non pagano le loro maestranze, che non rispettano i contratti degli autori e dei professionisti esterni. Chiaramente non comparirà alcuna lista, non chiediamo e non vogliamo gogne pubbliche ma, se questo è il lato oscuro dell'editoria noi scegliamo di "oscurarlo totalmente". Non ci guadagniamo alcunché se non la speranza che questo stato di fatto cambi. Non posso assicurarvi che riesca ad avere le notizie su tutti gli editori, posso provarci e, qualora vediate che qualche libro ha passato la restrizione, chiaramente da quelli recensiti da oggi in poi, vi chiedo di segnalarmeli in modo da poterli sostituire.

Ovvio che la delazione gratuita non è gradita e nemmeno richiesta. La comunicazione va fatta a Gaia e Chiara che si incaricano di raccogliere e verificare le segnalazioni in modo che nessun atto di vendetta personale possa danneggiare editori che invece, il loro lavoro, lo fanno in maniera corretta.
Come detto, forse non cambierà molto ma il solo fatto di pensare a quelle facce amiche che ho conosciuto negli anni, che si danno un gran da fare per stipendi veramente ridicoli e che guardano con soddisfazione libri che hanno contribuito a far uscire come fosse bimbi ai primi passi, che magari potrebbero essere contente della posizione presa mi renderà più leggero questo compito che sarà arduo rispettare visto che come tanti altri blogger, nella vita, non lavoro in questo campo.

Tra i blogger che hanno aderito, oltre ai già citati, c'è anche Valentina Accardi (La biblioteca di Babele), Ludovica Giuliani (Al limite della notte), Diario di una traduttrice editoriale. Sicuramente ne mancano molti e se volete comparire nella lista non avete che da segnalarmelo in privato e nei commenti. 

Quindi il banner, e voi sapete quanto li odio visto che qui ce ne sono stati ben pochi, in alto a sinistra è l'adesione all'iniziativa e, di conseguenza d'ora, in poi per questo blog sarà valido lo slogan che sponsorizza:




Se anche tu, blogger che passi di qui, vuoi aderire all'iniziativa non hai che da scrivere il tuo punto di vista, esporre il banner, e metterti in contatto con chi è qui segnalato per capire chi cosa e come.

Buone letture,
Simona Scravaglieri


venerdì 11 luglio 2014

"Stoner", John Williams - .... ed è tutto un baluginare di luci


Fonte:Daily Wired


Molti si sono chiesti perché ho deciso di leggere nuovamente Stoner. Il commento più diffuso è "masochismo" ed è sostanzialmente sbagliato. Leggo e rileggo i libri quando si appannano nella mia memoria, li riguardo quando qualcuno mi fa notare qualcosa che non avevo visto o quando ho il sospetto di non aver visto altro. Leggo e rileggo le cose per ricontrollare stili o temi che ritrovo o penso di ritrovare nei libri che ho in lettura o che programmo di leggere. Lo trovo un esercizio rilassante e istruttivo. Mi permette di accostarmi ad un libro senza l'aspettativa che è tipica di chi scopre una storia nuova e avendo la distanza giusta la lettura tira fuori eventuali sfumature che non avevo notato.

La rilettura mi permette di rivedere anche i giudizi altrui e di confrontarli con ciò che penso e devo dire che, almeno questa volta, un giudizio interessante l'ho trovato e, non me ne vogliano gli altri, è quello di Elena di "Appunti di una lettrice disordinata". Premettiamo per lei è un capolavoro per me è un libro da tre stelline scarse (che prima erano una e anche un po' stiracchiata) ma il confronto a questo punto può farsi interessante. Cominciamo con il parlare della storia che vede come protagonista appunto William Stoner "Professore emerito" (postumo) di una università americana. Cresciuto a Boville in campagna con dei genitori che hanno a malapena di che sostentarsi, va all'università per imparare le nuove tecniche agrarie e finisce per laurearsi in lettere, sposarsi una donna che lo odia già prima di dirgli sì e vivere una vita molto normale fino alla pensione.
Non svelo nulla visto che la soluzione della trama è in prefazione.

Elena sottolinea questo:
Molti personaggi affollano la vicenda personale di Stoner (che, come giustamente osserva Cameron, è William solo all’inizio, per tutto il libro solo Stoner, tranne che Willy per la moglie Edith, in pochi momenti di infantile attenzione. E Bill nell’attimo più autentico della sua vita sentimentale e intima), ma, per quanto importanti per definire la storia del protagonista, tutti impallidiscono davanti a lui, che giganteggia nella sua mediocrità di eroe involontario.
Un eroe al contrario e in effetti, a ben guardare nell'ultima rilettura, gli ultimi 4 capitoli segnano un po' una piccola rivolta del protagonista verso questa grama vita. Non sono tantissimi per me, ma è una definizione che posso ritenere accettabile. Il problema risiede, per il mio modo di vedere, nello stile narrativo. Un eroe per dritto  o per contrario dovrebbe avere della "caratterizzazione" che nei 13 capitoli precedenti non ha. E' pur vero che quando comincia a rialzare la testa è affiancato da personaggi forti, con i quali lo scontro, non è necessario ma vitale perché la storia possa proseguire, anche Stoner comincia a uscire dal suo guscio; le frasi non vengono più messe in prima persona ma raccontate e diventano discorsi quasi finiti. Rileggendolo salta all'occhio che per Williams l'effetto del cambiamento è sottolineato dal fascio di luce che, usato un po' alla Caravaggio. Il fascio non serve a sottolineare però, come avviene per il pittore, l'azione fermata nel suo momento di massima espressività, bensì come a sottolineare il fotogramma, fisso quasi fosse l'immagine di una scultura greca.

Va da sè che l'immagine non viene commentata sta lì, ferma, a farsi guardare in attesa che il lettore si spieghi in autonomia i pezzi mancanti. Avviene quando ha l'interrogazione in cui non sa rispondere riguardo al sonetto shakesperiano, quando si sposa e il suo amico lo accompagna dalla novella sposa per partire, nei momenti in cui riflette, senza dirci specificatamente su che cosa, al "baluginare" delle luci dei lampioni (piace tanto questo termine al traduttore che lo piazza almeno tre volte per le luci elettriche e uno per la luce negli occhi di uno dei personaggi). La luce invece scompare nell'azione. Quando Stoner comincia ad avere attimi di azione - non vi immaginate cose all'americana eh!- allora questo "espediente narrativo scompare" come se non fosse più necessario.Ed è una cosa curiosa, visto che il focus sulle seppur minime azioni sarebbe d'obbligo proprio per sottolinearle.

Altra stranezza viene fuori dall'intervista rilasciata quest'anno a La Repubblica.it dalla vedova Williams, che scopro essere stata la quarta e ultima moglie dell'autore - mica male Williams, eh?-, e che in Mio Marito Stoner: vi racconto chi era davvero Jhon Williams  dice che :
"[...] John non avrebbe mai raccontato sé stesso nei suoi libri. Semplicemente perché la sua persona lo annoiava. Certo, come lui, William Stoner era nato in campagna ed era un professore universitario. E sicuramente all'inizio della sua carriera, in un posto sperduto come era Denver, ha sofferto e ha provato una certa solitudine. Ma tutto il resto non converge. Anzi, mi diceva che il suo vero romanzo autobiografico fosse Augustus".
Uno dei dubbi che mi era venuto, leggendo le altre recensioni che mi sono capitate per le mani, è che nella ricostruzione che avevo fatto con delle semplici ricerche io avevo scritto che:
In primis, bisogna considerare che sembra in parte una autobiografia. E' stato scritto nel 1965 (cosa che ai giorni d'oggi dovrebbe essere un'informazione che si mette all'inizio e invece è citata all'ultima pagina, segno che l'editore ci crede talmente tanto nel testo da serbare l'ultima sorpresa in fondo!), quando Williams aveva 45 anni (è nato nel 1922) e lui era professore universitario proprio in Letteratura Inglese; si ritirerà nel 1985 dalla carriera universitaria e morirà nel 1994 e, a differenza del suo personaggio, in gioventù si è anche arruolato ed è stato in India e Birmania. Mentre il suo protagonista, Stoner, diventa studente per apprendere le nuove tecnologie per la coltivazione dei campi (plausibile) e finisce per diventare professore (per caso), sposarsi con una donna che lo usa quasi dal primo momento. Tutto quello che avverrà nella sua vita, non è affatto cercato ma molto spesso subito.
E la stranezza non si ferma lì. Andando a memoria, i mie ricordi non collimano nemmeno con quelli della moglie, visto che dalle autobiografie che avevo trovato in giro, lui, non era figlio di contadini ma nipote. Quindi il mix cui facevo riferimento era montato mescolando vite diverse. Ma questo rimane solo un dubbio personale e che sanerò prima o poi.

Perché un voto aumentato. È stato aumentato perché rileggendolo a mente fredda e già conoscendo la storia ho rivalutato molto più delle tredici pagine, ovvero 4 capitoli. È chiaro che solo le uniche 13 pagine finali rendono il "pathos" dello scrittore di talento vero e le altre, rapportate a questo momento alto del romanzo, possiamo dire che ingialliscono e ammuffiscono. Ma nei 3 capitoli che precedono questo momento veramente partecipato, in effetti qualcosa c'è. C'è un uomo che finalmente si stufa di prendere scudisciate e che affronta il rapporto con la studentessa, dice l'autore, "quasi come un capriccio di un bimbo" che ha sempre fatto il bravo. C'è l'aggrapparsi all'idea che se ti hanno tolto tutto, non hai nulla da perdere. Come detto le azioni di rivolta si risolvono in un nulla di fatto o in parziali cambiamenti ma sono ascrivibili al topos dell'eroe al contrario di cui parla giustamente Elena.

L'opacità di tutto quello che c'è prima, nonostante il baluginare delle luci naturali e non - mi si passi almeno questo passo d'umorismo - non è ancora di mio gradimento, continua ad essere superfluo, ininfluente e poco utile allo scopo di trasmettere un messaggio, ovvero sembra quello che io continuo a definire un elenco della spesa che si costituisce di situazioni "elencate" ma non descritte. Se non si completano i discorsi o le situazioni e non si accenna nemmeno in seguito allo stato d'animo o ad una possibile conclusione è difficile capire dove si voglia andare a parare e il messaggio rimane sospeso. Interrotto. Interpretabile e non chiaro. Il famoso Masters che ritorna e ritorna qui e lì ha l'onore di una ventina di righe in due capitoli, poche per capire in maniera netta il rapporto con Stoner, eppure viene definito da molti come un riferimento per il protagonista. Lo stesso autore lo ritira fuori all'occorrenza ma senza dare informazioni aggiuntive che possano specificare in modo più peculiare il personaggio. Quindi appare come un santino tirato fuori solo per cercare conforto in una preghiera - ritratto però del quale,per sapere il nome, e chi o cosa protegge, devi girare l'immaginetta e leggerlo nel retro-. C'è un personaggio forte come Fisher, che invece viene piallato completamente finché anche Stoner non comincia a vivere di vita propria e forse la contrapposizione fra Edith e la Driscoe poteva essere un punto di forza e invece si risolve in un nulla di fatto.

Non ho letto Augustus ma ho scoperto che è pubblicato in Italia da Castelvecchio Editore e sono proprio curiosa di conoscere, spero un Williams diverso.
Sicuramente la valutazione a 3 stelline non lo rende né eterno e né sufficiente ma sono certa che anche i più agguerriti se ne faranno una ragione. Magari quando fra molto tempo lo rileggerò salterà fuori altro materiale per parlarne. Una cosa è certa, la parte più divertente della rilettura di questo libro sono le note inserite dalla sottoscritta nel 2012 molte delle quali non le ricordavo affatto. E' stato divertente calarmi ancora in quei panni e pensare che, a conti fatti, oggi le riscriverei.

Pare sia una lettura necessaria, per me è solo una lettura da fare in libertà e in tranquillità.

Ora se siete proprio curiosi di vedere la precedente valutazione eccola:"Stoner", John Williams - Non bastano 13 pagine... 

Buone letture,
Simona Scravaglieri


Stoner
John Williams
Fazi Editore, ed 2012
Collana "Le strade"
Prezzo 17,50€

Fonte: LettureSconclusionate

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...