mercoledì 21 marzo 2012

[Dal libro che sto leggendo] Filologia e libertà

Immagine presa da qui


Lo so! State già sbuffando dicendo che pizza un saggio... ma non è un saggio qualunque è uno scritto bene commentato meglio, accessibile a tutti e in alcuni punti irriverente.
Se dovessi dirvi perché leggerlo:
- descrive un arco temporale ampio non solo di scelte politiche e dogmatiche, ma anche di crisi di autodefinizione di un organo come la chiesa costretta a inserire, in tutti i concili successivi, espresso divieto all'analisi filologica da parte non solo di esperti di fama riconosciuta ma, anche, di quelli appartenenti al proprio lato della barricata, pena la scomunica
- perchè ci sono alcuni punti in cui vi ritroverete a sghignazzare e alcuni mi sono rimasti particolarmente impressi (visto che, questo, è un libro letto nell'estate del 2011) e a me è successo di ridere con il libro in mano in piazza, ad Anzio, mentre aspettavo amici. Chiaramente se la gente si volta e hai in mano le barzellette di Totti, magari comprende pure, ma se leggono "Filologia e libertà" sei praticamente marchiato/a a vita come "persona strana" che sghignazza sui libri.
Vi ho convinto? Se così non fosse sarà un piacere pubblicare una recensione adeguata a questo splendido libro,
buone letture a tutti,
Simona 

Prefazione


Questo libro, apparso dapprima nel 2008, ha suscitato alcune reazioni molto divertenti. Come può constatare chiunque abbia la pazienza di leggerlo, esso indica nel dogmatismo fideistico di qualunque tipo uno dei principali ostacoli alla indagine filologica che non intenda sottostare a vincoli inibitori di tipo confessionale. Perciò qui vengono più volte ricordate le disavventure non soltanto di Spinoza alle prese con la Sinagoga, ma anche degli "eretici degli eretici" delle varie chiese cristiane, e viene dato speciale rilievo nel capitolo esordiale della Storia della tradizione e critica del testo, dove Pasquali ricorda quei pastori protestanti che persero "il pane e l'ufficio", per aver voluto proseguire il loro lavoro critico sul cosiddetto "testo sacro".

Che i bienfaits di parte cattolica siano stati, in questo campo, nel corso dei secoli, molto più cospicui e numerosi di quelli degli altri, non è colpa dell'autore di questo libro. Il quale si è limitato a raccontare una vicenda che parte dalle oscurantistiche disposizioni tridentine e approva allo "sdoganamento" della pratica filologica da arte di Pio XII nel settembre del 1943 (!): non senza aver riservato spazio alla battaglia in pro della critica che fu condotta (e persa) da quei dotti cattolici avversi all'ignoranza oscurantistica che furono i "modernisti".

Orbene l'aspetto divertente delle recenti polemiche è che si sono risentiti soltanto i cattolici (o, meglio, alcuni di loro, di quelli che talvolta si investono del ruolo del crociato). Gli argomenti addotti odorano del più pure stile diatribico: non nascono dalla volontà di capire ma piuttosto dal proposito, caratteristico, per esempio, dei funesti talk-show televisivi, di "segnare il punto", di dire comunque qualcosa, di imbrogliare le carte perché così "qualcosa resta"...
Citiamo il più gagliardo: "Canfora pretende di applicare un'argomentazione di carattere logico e razionale a qualcosa che per sua natura è, quanto meno iuxta Romanae ecclesiae principia, metalogico e metarazionale". Mi è parsa davvero la più desiderabile delle repliche. Conferma infatti che dunque davvero il lavoro critico-testuale sui testi cosiddetti sacri (lavoro che, deve essere razionale!) fu bloccato per ragioni dogmatiche. Proprio la definizione de testi cosiddetti sacri come qualcosa che per sua natura "metalogico e metarazionale"deve restare al riparo dalla critica, costituisce conferma inattesa (oltre che rattristante). In verità, chi ha scritto in quel modo non si accorge di essere indietro rispetto alla pratica di serissimi studiosi cattolici che si applicano q queto genere di testi: i quali si sforzano di adoperare, nel loro lavoro, proprio quella critica  testuale i cui principi e presupposti non possono essere né metalogici  e né metarazionali (ammesso che questi termini abbiano un senso). L'altro genere di obiezione è perchè citare Trento? Domande quasi pazzesche, visto che il mio libricino intende raccontare  e documentare appunto tale faticosa e lenta evoluzione cattolica in direzione della critica.
Insomma la contatazione che è venuta alla luce, grazie a queste reazioni, è che esiste ancora un settore cattolico cui dà fastidio il semplice fatto che si racconti com'e' andata, e quali assurde posizioni dogmatiche si siano scontrate con l'inevitabile sviluppo della critica (nella fattispecie testuale). Dunque era utile scrivere questo piccolo libro e farlo conoscere a chi studia testi e a chi si accinge a farlo. E' perciò volentieri lo ripubblichiamo.


Maggio 2011

Luciano Canfora

Il libro da cui è tratto è:
Folologia e libertà
La più eversiva delle discipline. l'indipendenza di pensiero e il diritto alla verità
Luciano Canfora
Mondadori Editore, ed 2011
Collana "Oscar Saggi"
Prezzo9,50€


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