mercoledì 31 agosto 2011

"Miss S.", Cathleen Schine - Quando i dieci piccoli indiani diventano da inglesi ad americani...

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...non sempre il risultato è garantito! Prima di iniziare a leggere questo racconto giallo dovete pensare che esso è stato costruito per delle uscite settimanali o mensili, non ricordo bene, per una rivista. Leggere di seguito una cosa che è stata costruita per un altro fine ha, infatti, una resa diversa dalle intenzioni originarie. Se vi capitasse di leggere un capitolo al mese potreste passare il tempo fra un'uscita e l'altra ad elucubrare su questo o quel personaggio e ogni fatto, che viene narrato volta per volta, avrebbe un significato e una resa differente.

La trama è molto più semplice di quella del giallo cui sembra nicchiare, ovvero "I dieci piccoli indiani" della Christie (ma non è l'unica citazione, ci sono alcuni personaggi che ricordano un altro giallo, parimenti orchestrato su un'isola dalla medesima scrittrice, che si chiama "Corpi al sole") e parte con un invito, che viene rivolto a dieci intellettuali/artisti, per passare un periodo di vacanza-lavoro in una residenza per artisti situata su un isolotto al centro di un lago. Tra questi c'è una pittrice, un critico, una ceramista e via dicendo fino alla scrittrice anziana e un pò matta che ricorda tanto "La signora in giallo" anche se l'autrice tenta, invano, di caricarla di caratteristiche (che ricordano una delle donne del giallo "Corpi al sole" ovvero la signora che mentre ritorna dalla passeggiata viene colpita dalla boccetta di fondotinta usato dalla complice dell'assassino) che proprio non si confanno all'originale. In effetti sull'isola arrivano in 9, perchè il critico, li raggiunge il giorno successivo sulle rive dell'isoletta, assassinato.

Quello che assegna la vittoria alla zia Aghata è che la rivisitazione di un classico per eccellenza, tanto perfetto da richiedere una confessione scritta dell'assassino a completamento dell'opera, qui invece non viene ripresa, l'autrice infatti cerca un'alternativa tutta sua, nella sua essenza di contrapposizioni fra coloro che sono vittime e il carnefice che "si bea delle loro confessioni e paure" raccontate in "presa diretta". La Schine per "Miss S." decide di far soggiornare sull'isolotto la polizia e delega l'investigazione ad una improbabile signora anziana , scrittrice di gialli, che ha un approccio che è una via di mezzo fra Jessica Fletcher e Miss Marple ora intenta a pensare ai suoi libri o a rivangare vecchie parentele e ora intenta a declinare tutti i gossip dell'isola o entrando nei pensieri dell'ispettore e suggerendo particolari.

Ed è qui che appare evidente che "I dieci piccoli indiani" per essere perfetti non hanno alcun'altra possibilità di declinazione, ma solo la trama che gli è stata inizialmente assegnata può funzionare. L'investigazione infatti toglie ai personaggi l'autonomia di sviscerare le loro paure e di prendere iniziative nella soluzione del caso. È vero che rimangono intrappolati nella situazione, ma è anche vero che delegano il pensiero ad altri e spariscono nella narrazione senza apportare alcuna caratterizzazione di rilievo. E così anche quel che ne consegue, come gli atti delittuosi, assumono un ruolo di piccola farsa e il giallo si sgonfia assumendo i tratti di una grottesca parodia.

Non è affatto un libro da evitare, anzi da leggere se lo trovate usato o in prestito, per chi ha la passione del giallo e ne apprezza gli esempi, da che mondo e mondo, gli errori, sono sempre stati l'inizio per correzioni che vanno a creare capolavori. Però, tenendo anche conto delle giustificazioni inserite a monte di questa piccola recensione, non è un libro da comperare a prezzo pieno perchè in risultato non sarà pertinente alle attese di chi lo compera. Chiaramente l'autrice ha anche scritto altro e a quanto pare è una scrittrice molto apprezzata. Ve lo farò sapere quando mi ricapiterà di leggerla...

Buone letture, Simona

Miss S.
Cathleen Schine
Mondadori Editore, ed. 2011
Collana "Scrittori italiani e stranieri"
Prezzo 17,00€ 


domenica 28 agosto 2011

Francesca Barra per Caffeina "La bellezza è resistenza"

Lei è Francesca Barra, l'autrice di "Il quarto comandamento", e questo è il video che ha realizzato il gruppo di Caffeina quando è stata loro ospite, mi sembra lo scorso anno a Viterbo. E' un modo di conoscere gli scrittori e le divagazioni, nonché le motivazioni delle loro divagazioni letterarie.
Buon ascolto, 
Simona

venerdì 26 agosto 2011

"L'ultima lezione. La vita spiegata da un uomo che muore", Randy Pausch - Le piccole cose importanti...

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Se oggi vi dicessero che domani non ci sarà futuro e che fra qualche giorno o qualche mese la vostra vita sarà finita, che cosa fareste? È quello che è successo a Randy Pausch a Settembre del 2006 scopre di avere un cancro al pancreas, viene operato e sottoposto a chemioterapia che, successivamente, scopre non essere stata risolutiva. Poco prima di questa ultima lezione, gli confermano al massimo sei mesi di vita. Ha più di 45 anni, è insegnante universitario una moglie e tre adorabili bambini. Cosa fare? In normalmente ci si immagina che la gente, che versa in questo stato di cose, impazzisca dal dolore o si deprima paurosamente. In effetti non avviene quasi mai così. Perché la certezza dell'ultimo appuntamento, ha effetti del tutto inaspettati e , di solito, chi lo vive si preoccupa fino all'ultimo di chi lascia. È come se il fatto di avere una scadenza ci permettesse di focalizzare le cose più importanti da fare.

Quello che Pausch decide di fare è comunque la sua ultima lezione universitaria, di congedo dagli studenti e dal corpo docente e, nonostante sia uno dei professori più severi, un pò per la notizia della malattia e un pò perché ha saputo entrare nei cuori delle persone con le quali ha avuto contatti per lavoro e studio, questa lezione sarà seguitissima, sia dal vivo che sul web. In più nel libro, che ne descrive lo svolgimento, aggiunge anche altre storie.
L'intento finale? "Un gioco di gambe". Conosciuta più come "finta di gambe", nel gergo sportivo e per Pausch nel campo educativo significa insegnare qualcosa per imparare altro. Così la lezione da "congedo" si trasforma in "storie di vita vissuta", in "massime per vivere meglio la propria vita" e in una "eredità" per i propri figli che da grandi avranno la possibilità di rivederla.

La bellezza di questo libro è che lo stile di vita di questo insegnante, sebbene abbia vissuto lontano da noi mille miglia e abbia fatto una carriera diversa dalla nostra, è basato su  massime che sono decisamente universali. Non bisogna essere scienziati per sperimentarle, ma solo riscoprire la saggezza di una volta, quando non esistevano il telefono azzurro, i genitori che avevano dei forti sensi di colpa verso i figli, la tv, i giochi elettronici, e che tempo faceva lo scoprivi solo aprendo le finestre alla mattina, perchè sapevi bene che le previsioni della sera viste in tv in bianco e nero e sentite in radio non ci prendevano mai!

È la "saggezza di una volta", fatta dei genitori che non ti piazzavano davanti alla tv e che preferivano che tu facessi uno sport per imparare non tanto a diventare "Del Piero" ma piuttosto che apprendessi il gioco di squadra. L'epoca dove lo scappellotto, era quello che ti arrivava quando proprio non riuscivi ad imparare la lezione e che temevi quando facevi enormi errori. E la punizione più grande non era un scappellotto più forte, ma quando la punizione non arrivava proprio e i tuoi ti facevano vivere per un pò con quel grosso senso di colpa. Non c'era la mamma che pensava che il proprio figlio fosse comunque un genio, non si facevano allora le file dai professori per decretarli ignoranti, ma c'era la consapevolezza che forse non ti eri impegnato abbastanza e che dovevi dare di più.
Eppure, nonostante molti sgraneranno gli occhi a questi ricordi, noi siamo cresciuti così e non è che siamo venuti poi tanto male!

Pausch ne è talmente convinto da aver traslato tutti gli insegnamenti ricevuti, nella pratica della formazione universitaria, conscio del fatto che il professore più tosto è quello che ti ricordi di più nella vita e certo del fatto che la scalata alla sua approvazione vale di più di un buon voto in una materia facile da affrontare. La formazione dei nuovi uomini e donne, non in funzione del becero passaggio di informazioni, ha il suo valore e garantisce a questi, una volta arrivati nel mondo del lavoro di affrontare la vita di petto, di riconoscere il valore della sconfitta come quello della vittoria e di trarre comunque insegnamento dagli errori. Mai imporre i propri desideri sui propri figli, ma aiutarli a focalizzare le loro ambizioni, e dirgli che se lavoreranno intensamente per costruirsi il loro sogno, alla fine l'avranno vinta o comunque si avvicineranno al loro obiettivo e non avranno le remore di non averci provato.

Molti delle massime e delle deduzioni qui inserite, sono altrettanto valide per gli adulti. Perché come dice anche Pausch non c'è un momento stabilito per ricominciare, si può sempre riprendere in mano la propria vita, ma bisogna focalizzare bene quel che si vuol fare e come si intende arrivare all'obiettivo pena l'insuccesso del proprio progetto.
Quindi progetto, team, leadership, cuore, gioco di gambe, sogni,serietà, ironia,autovalutazione e ringraziamenti, sono le parole che ricorrono di più in questo libro e che fanno da elenco delle qualità che bisogna coltivare non solo per ottenere i risultati sperati, ma anche per vivere meglio i giorni, pochi o tanti che si hanno davanti, consci che se anche non conosciamo l'ultima scadenza potremo assaporare appieno ogni giorno della nostra vita. In fondo sono queste piccole cose che sono veramente importanti...
È un libro da avere e tenere sul comodino e da rileggere quando ci sembra che tutto vada male, perché ci ricordi la maniera giusta per mettere in prospettiva le cose. L'ultima lezione è solo "ultima" in parole, perchè come voleva il suo enunciatore, le parole gli sopravviveranno non solo nei figli ma anche in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo o l'intelligenza di leggerlo.
Un libro veramente imperdibile.

Buone letture, Simona

L'ultima lezione
La vita spiegata da un uomo che muore
Randy Pausch
Rizzoli Editore, ed. 2009
Collana "BUR, Biblioteca universale Rizzoli"
Prezzo 9,90€



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mercoledì 24 agosto 2011

[Dal libro che sto leggendo] Il mestiere di scrivere


“In classe Gardner menzionava continuamente scrittori di cui non conoscevo neanche i nomi. Oppure, se ne avevo sentito i nomi, non ne avevo letto le opere. Conrad. Celine. Katherine Anne Porter. Isaac Babel. Walter van tilburg Clark. Cechov. Hortense Calisher. Curt Harnack. Robert Penn Warren. (Una volta leggemmo un racconto di Warren intitolato L’inverno delle more. Per un motivo o per l’altro, non mi piacque e lo dissi a Gardener. “Faresti meglio a rileggerlo” mi disse, e non scherzava mica). William Grass era un altro scrittore che citava spesso. All’epoca Gardner stava per lanciare la sua rivista, “MSS”, e sul primo numero avrebbe pubblicato un racconto intitolato Il ragazzo dei Pedersen. Avevo cominciato a leggerlo ancora in manoscritto, ma non lo capivo e di nuovo mi lamentai con Gardner. Questa volta non mi disse semplicemente di rileggerlo, semplicemente mi tolse il manoscritto. Parlava di James Joyce, di Flaubert e di Isak Dinesen come se abitassero dietro l’angolo, a Yuba City. Diceva spesso: “Sono qui per dirvi chi dovete leggere non solo come dovete scrivere”. Stordito, uscivo dall’aula e correvo dritto in biblioteca a cercare i libri degli autori di cui aveva parlato.

Gli scrittori che dominavano la scena a quei tempi erano Hemingway e Faulkner. Ma nell’insieme, io avevo letto tutt’al più due o tre loro libri. Comunque, pensavo, erano così famosi e così chiacchierati che non potevano essere un granché no? Ricordo che Gardner mi disse: “leggi tutti i libri di Faulkner su cui puoi mettere le mani e poi leggiti Hemingway per disintossicarti da Faulkener.” [...] ”


Il mestiere di scrivere
Raymond Carver
Einaudi Editore, ed. 2008
Collana “Stile libero”
Prezzo 11,50€

domenica 21 agosto 2011

L'ha detto... John Fowels

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I pigri intelligenti hanno sempre grandi ambizioni, per giustificare la propria pigrizia alla propria intelligenza. 


John Fowles

venerdì 19 agosto 2011

"La nobile arte dell'insulto", Liang Shiqiu - Quando la tattica militare diventa elegante

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In un momento in cui l'offesa e l'insulto hanno raggiunto caratteristiche grottesche e nel quale, prendersi a parolacce e urla , è divenuta consuetudine io ho scelto di leggere questo libello che invece inizia la sua veloce trattazione (sono non più di una quarantina di pagine eliminando pagine semivuote, introduzione di Michele Serra e la premessa di Gianluca Magi che ne è il traduttore) con l'invito alla riflessione oggettiva su chi è da ritenersi oggetto della critica e chi no.

Come già detto, a commento de "La fattoria degli animali" e in altre recensioni, al giorno d'oggi o fai parte di una fazione o sei un traditore, una macchina del fango, un fascista, un comunista e chi più ne ha più ne metta. E mentre in Cina, dove questo manualetto, editato nel 1933, corrispondeva e, ironicamente, corrisponde tutt'ora alle esigenze di una società ancor oggi non completamente libera di esprimere i propri pensieri e dubbi - ed è per questo che è diventato subito famoso e un classico, nonché il titolo è diventato un comune modo di dire -, in occidente è rimasto lungamente sconosciuto a testimonianza che la cultura cinese ha molto ancora da insegnarci. Il mio acquisto ora, a parte dettato da una curiosità riguardo il particolare titolo (no dico, c'era da stupirsi? ;) ), è anche sintomo di una ricerca di riscoperta del valore della parola, in questo caso "insulto" di cui mi sento oggetto quasi ogni volta che accendo la televisione e leggo il giornale, riviste e anche qualche blog, oramai da troppo tempo.
Insultare, prendere per idiota il proprio pubblico, proporre contenuti scarsi o convenienti, passare per cultura ciò che non lo è, indottrinare il proprio uditorio e nascondere o omettere a questo informazioni che potrebbero far decadere le nostre posizioni è un insulto, e spesso questo viene perpetrato a spese dei contribuenti. La mia risposta a ciò è stata quella di spegnere la tv e molti giornali e accendere il cervello.

Pertanto, se vogliamo fare appello alla riscoperta delle parole, tenendo sempre conto che il valore non è matematicamente assoluto, ma a volte legato alla cultura e ai codici, in base ai quali nei vari paesi certe cose vengono percepite, possiamo prendere spunto dall'unico concetto valido nello scadente libro di Carofiglio "La manomissione delle parole", ovvero ricercare nella cultura stessa il valore e l'utilizzo della terminologia adeguata in maniera da scoprirne le varie accezioni, comprenderne l'utilizzo corretto e acquisire un vocabolario consono che ci permetta di esprimerci senza frustrazioni e senza aggressività.
Perché proprio nell'aggressività, oltre ad una sciatteria di fondo, corrisponde anche la mancanza di contenuti e, qualora vi siano, la mancanza di terminologia adeguata per esprimere i propri pensieri e le proprie emozioni sfocia nella frustrazione aggressiva . E questo non solo genera aggressività ma anche il rifiuto aprioristico di comprendere ciò che non viene espresso nella povera terminologia in uso tutti i giorni. E questo lo possiamo provare praticamente andando in ufficio e a scuola e imponendoci per un giorno di applicare una terminologia più adeguata e meno di basso profilo, basterà guardare le facce di chi ci ascolta inebetito e concluderà dicendo, nella migliore delle ipotesi, "Ma hai mangiato un vocabolario a colazione?".

Questi, non sono concetti nuovi, anche Liang in luoghi e tempi lontani sente l'esigenza di sottolineare che per utilizzare al meglio l'arte dell'insulto bisogna far affidamento ad una buona oratoria -intesa non solo come dotazione di adeguato vocabolario ma soprattutto della coniscenza del significato reale della terminologia a nostra disposizione- e conoscere se stessi (della serie "chi è più pulito scagli la prima pietra!"). Bisogna essere sagaci e conoscere chi ci sta accanto che, con il suo dissenso o assenso, può decretare la nostra vittoria o sconfitta. E pertanto questo succinto saggio raccoglie queste: "Le regole", ovvero quelle di base, per condurre a buon fine il nostro intento facendo appello alla cultura taoista e della guerra, conducendo un eventuale duello verbale in maniera elegante e inopinabile, sottolineando la pochezza del nostro avversario, non in base al surclassamento verbale, ma alla dimostrazione della pochezza delle sue convinzioni e azioni, senza fare prigionieri! Fate conto che siano regole di buona condotta per insultatori di professione, dopotutto, la più grande vittoria, non è l'insulto in sè ma l'approvazione dell'uditorio, ottenuto non con le urla da pollaio o interrompendo in continuazione il nostro interlocutore - magari come si fa oggi facendo appello alle regole dei tempi televisivi, sempre troppo stretti nei momenti in cui si dice ciò che non ci piace! - ma combattendo ad armi pari. E per far questo serve preparazione e motivazioni fondate.

Io l'ho trovato un libro particolarmente divertente e interessante, con una puntualissima premessa di Magi, il traduttore, che invita a tenere conto di alcune componenti, non molto conosciute , della cultura cinese e di quella taoista. È un libro da tenere e da regalare, magari a persone che, speriamo, non ci facciano mai oggetto di pratica per verificare se i concetti espressi sono applicabili!

La nobile arte dell'insulto
Liang Shiqiu
Einaudi Editore, ed 2011
Collana "ET classici"
Prezzo 10,00€




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mercoledì 17 agosto 2011

[Dal libro che sto leggendo] Settanta acrilico trenta lana

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“Minacciavo i bulbi oculari con le forbici, Provateci a lacrimare ancora.
Provateci a farmi credere che è la bellezza che cerco.Come se io fossi così banale. La bellezza c’è già. C’è dappertutto. La bellezza Dio l’ha fatta in sei giorni e da allora non se ne va più, c’è in tutto quello che ti cresce intorno senza permesso. La bruttezza invece ci vuole l’uomo per farla, è una forzatura, una stortura dell’ordine cosmico. Ci vuole l’uomo per sparare il cemento sulle gardenie.La bruttezza è più umana. E’ potere. E’ una storia vera senza morale che comincia dalle mie forbici e finisce nell’acrilico fiorito di tutte le maglie fortunate.La bruttezza è un ghetto che si trova in casa mia al primo piano nella mia stanza. La bruttezza sono i geni del mio corpo che vendono l’anima al diavolo e il ricavato va tutto agli orfani dell’UNICEF.”

Settanta acrilico trenta lana
Viola di Grado
Edizioni e/o, ed 2011
Collana “Dal mondo”
Prezzo 16,00€

lunedì 15 agosto 2011

[Film] "Persepolis", di Marjane Satrapi

Mi sembra interessante, in questo periodo di grandi rivoluzioni, segnalare questo film bellissimo che parla della Rivoluzione Iraniana e degli affetti che ha avuto sulla popolazione.
Queste sono le indicazioni di Wikipedia:
"Persepolis è un film d'animazione del 2007, candidato all'Oscar, basato sulla graphic novel autobiografica omonima. Il film è stato scritto e diretto da Marjane Satrapi, l'autrice delle memorie, e da Vincent Paronnaud. La storia (che è un romanzo di formazione) inizia poco prima della Rivoluzione iraniana."
Mi capitò per caso di vederlo e ne sono rimasta incantata. E' un film che ha vinto il Premio della giuria al Festival di Cannes 2007.
Diciamo che basta vederlo una volta perchè la storia rimanga con te per sempre, anche se poi, fa sempre piacere vedere film di animazione con un buon testo di base e dei disegni ben fatti e fluidi.
Mi auguro che piaccia anche a voi.
Buona visione,
Simona


domenica 14 agosto 2011

Carlo Lucarelli racconta "Storie di bande criminali, di mafie e di persone oneste"

Eccoci qui con il il video della settimana! Questa è una vecchissima intervista fatta a "Parla con me", condotto dalla Dandini, di Carlo Lucarelli. Quello che mi piace di quest'uomo è la spiccata simpatia che dimostra ogni volta che parla in pubblico. Rimane comunque un grande scrittore anche quando non parla dei "Misteri d'Italia".



Il libro di questa intervista è:
Storie di bande criminali, di mafie e di persone oneste. 

Dai «Misteri d'Italia» di «Blu notte»
Carlo Lucarelli
Einaudi Editore, ed. 2008
Collana "Stile libero BIG"
Prezzo 19,00€


venerdì 12 agosto 2011

“Una storia semplice”, Leonardo Sciascia - Tanto semplice da essere estremamente complicata...

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“Ancora voglio scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia”.Durrenmatt, “Giustizia”

Comincia con questa frase, sotto il titolo, a mo' di dedica, questo delizioso raccontino ambientato in una Sicilia lontana nel tempo, quando ancora si scrivevano lettere e si chiamava dal telefono fisso.

Siamo a Palermo e la scena si svolge fra la città e la campagna nei dintorni, un un benestante diplomatico, discendente di una famiglia di alto lignaggio, torna a cercare dei documenti a lui cari nella casa di famiglia, nella sua terra natia. Frattanto si prepara la festa di San Giuseppe e nella centrale di polizia arriva una telefonata concitata del diplomatico che attesta di aver trovato una cosa che non lo convince. Il brigadiere riferisce al commissario la telefonata e viene invitato ad andare sul luogo il giorno successivo e lo stesso commissario comunica che non sarà reperibile perché in ferie.

Mi fermo qui, perchè il racconto è veramente piccino, sono solo 66 pagine e raccontare altro vi rovinerebbe il giallo. E’ un testo ricercato che nicchia a presenze che non dichiara, attività illecite e collusioni con le istituzioni e se non fosse Sciascia e se non fosse la Sicilia forse sarebbe passato inosservato o non compreso. Però questo autore, celebre per altri romanzi, ci tiene anche qui, in un piccolo spazio lungo quasi un respiro a solleticare il proprio lettore nella morale, sottolineando l’immensa superficialità delle istituzioni troppo impegnate a sbrodolarsi addosso paroloni e accuse e meno attente, o volutamente omertose, nei confronti del misfatto cui stanno assistendo.

Sciascia fa parte di quella categoria di scrittori che non hanno la necessità di dare troppe spiegazioni, ma possono benissimo lasciare intendere e rinunciare al linguaggio urlato e diretto, perché i propri personaggi nelle azioni parlano da soli. Vale la pena di buttarci un occhio.

Buone letture!


Una storia semplice
Leonardo Sciascia
Adelphi Editore, ed 2010
Collana “Piccola biblioteca Adelphi”
Prezzo 8,00€



mercoledì 10 agosto 2011

Quando la legge non è uguale per tutti

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Nonostante i giornali abbiano passato sotto silenzio la discussione della legge "sul prezzo dei libri" pochi sono stati coloro che si sono lamentati. Fondamentalmente avviene perché, in percentuale, in Italia di lettori ce ne sono pochi, ma spesso ci si dimentica che quei pochi, fanno acquisti che a volte coprono le mancate spese di chi non legge.

Un amico anobiiano, Felizberto, una volta fece un gioco proprio in un gruppo legato a questo social network, che poi io ho riproposto qui e là nei vari gruppi che ho frequentato con risultati ogni volta interessanti. Si tratta, in estrema sintesi, di mettere motivazioni per una affermazione che per assurdo si sa che non è corretta. Mi spiego meglio, l'oggetto di quel post era "Leggere fa male" e tutti noi anobiiani, lettori per definizione, abbiamo dovuto arrovellarci la mente per supportare tale tesi che per noi è un assurdo già in partenza.

Oggi la ripropongo a voi e a me. Cominciamo.

"Leggere fa male"...

... Fa male al lettore che si nutre solo delle ultime uscite. Perché in commercio ci sono milioni di titoli "civetta" che servono solo per attirare le folle, visto che gli editori sono convinti che siamo tutti scemi e che in campo letterario sia applicabile il principio di "moda commerciale" e sono convinti, che non servano grandi impegni in traduzioni, editing ( ovvero correzione di bozze soprattutto degli errori) perché tanto noi, ignoranti, non ce ne accorgemo.

... Fa male perché con il tempo gli editori, hanno pensato e pensano ancora che non ci importi conservare i libri e quindi ne mettono in circolazione molti con rilegature al limite della decenza che fanno si che alla fine della lettura anche il più accorto dei lettori si ritrovi non più un libro ma un'edizione a fascicoli settimanali e che debba interpretare il testo, non nel suo significante, ma cercando di capire i caratteri sbiaditi o stampati male e correggere a mente tutti gli errori di ortografia e grammatica.

... Fa male agli editori, che dichiarano in alcuni casi di perdere fino al 14% su ogni libro editato, giustificazione che utilizzano per spiegare gli altri milioni di titoli spazzatura. Perché sono convinti che il commercio culturale non sia equiparabile a quello normale, non sapendo che l'acquisto di un libro sul mercato è equiparabile a quello di una gomma per la macchina o a un etto di prosciutto. Sono comunque prodotti.

... Fa male ai librai, perché con il tempo la categoria è scaduta. Migliaia di persone hanno pensato che bastasse essere lettori per aprire una libreria e che, soprattutto, bastasse mettere il cartello "aperto" perché milioni di persone si riversassero a comprare i loro titoli. Quelli che non conoscono i contenuti nemmeno di un quarto dei titoli che propongono e pensano che i lettori possano sicuramente far da se... Altrimenti che lettori sarebbero?

... Fa male al portafoglio dei lettori, che sono costretti per coltivare il loro passatempo ad investire più soldi, oggi, per leggere gli stessi titoli di ieri, avendo in cambio libri da discount al prezzo di libri brossura e curati dei migliori traduttori e editori e ai quali capiterà di entrare in libreria, come è successo a me, e di vedere lo sguardo inorridito del libraio che si vede chiedere una copia intonsa di un libro evidentemente completamente letto e deve invece dire, che no il libro è d'esposizione (macché!!! Se lo fosse stato sarebbero risultate aperte solo le prime pagine e non tutte!) e ce lo vende comunque a prezzo pieno come il libro fosse nuovo di pacca!!

... Fa male anche ai nuovi scrittori, troppo spesso costretti a farsi autopubblicità, non solo per sapere che ne pensano i propri lettori, ma sempre più spesso per sopperire alle mancanze della propria casa editrice che, in cambio di prezzi accettabili o anche no, delega tutta l'attività di promozione allo scrittore stesso. La pubblicità si fa solo con i titoli civetta di cui sopra...gli altri stanno sempre in fondo allo scaffale più alto e inarrivabile in libreria.

... Fa male, perché potreste rischiare quel che gli editori, librai e scrittori di low-profile temono di più la famigerata "coscienza culturale", chiamiamola così prendendo ad esempio la coscienza sociale. È quella sorta di status che vi permette di pretendere di più dei libri di bassa lega, che vi permette di selezionare le vostre letture e di sapere che i bei libri non sono quelli con i cartelloni e le frecce o che si urla sui giornali che sono l'ultimo capolavoro del secolo, ma sono quelli vi spingono a riflettere e a sentire emozioni. Quella coscienza che vi fa insospettire che su ogni giornale, la critica si sia livellata su quanto sono belli questo o quel titolo e che, una volta finito un libro, vi fa tornare a quegli articoli per scoprire che la maggior parte di costoro, probabilmente non l'ha nemmeno letto!

E quindi, per tutte quelle qui citate e anche altre ragioni, leggere fa male e Levi ha ragione, nell'imporci un prezzo alto per cotanta spazzatura!

"La nuova legge ha ragione" perché...

...perché avremo la possibilità di riscoprire le vecchie edizioni di molti dei libri che dobbiamo interpretare oggi. Il mercato dell'usato era già fiorente ma adesso lo sarà di più e finalmente avremo veramente lo sconto, comprando libri usati, ma di ottima fattura.

... Perché quando entreremo in libreria valuteremo meglio il nostro acquisto. Non compreremo più libri mal fatti o che urlano "sono fatto per tenere fermo il tavolino traballante". Saremo più coscienziosi, sceglieremo accuratamente i libri da comprare e lasceremo giù tutti quelli che non sono nemmeno degni per la spazzatura. Non compreremo libri che hanno l'aspetto di quelli di esposizione o letti e nel caso usciremo da una libreria con un libraio truffatore o incompetente, per entrare in un'altra, magari più fornita o, perchè no, andremo a comprarli su internet da Amazon o paritetici. E se il libro che abbiamo è danneggiato o mancante di capitoli ( succede anche questo) o stampato male, sicuramente lo riporteremo sicuramente al libraio, chiedendone la sostituzione, perché è nel nostro pieno diritto di coloro che acquistano.

... Perché nel costruire le nostre librerie, sceglieremo i pezzi che ci interessano di più e rimetteremo in circolazione quelli che invece non ci "trasporteremmo da una casa all'altra in caso di trasloco", perché saremo più aperti ad attività sociali quali le "catene di lettura" (quando un utente o un lettore mettono in catena un libro da leggere che passa di lettore in lettore iscritto alla catena stessa e alla fine ritorna al proprietario iniziale) alle traduzioni di gruppo ( è successo con l'ultimo titolo di "Harry Potter" che, non essendo disponibile in lingua italiana, molti utenti si sono messi insieme e hanno fatto una traduzione collettiva con tanto di correzione bozze) e così saremo socialmente attivi e avremo la possibilità di conoscere gente nuova e di condividere la nostra passione che spesso é un'attività solitaria.

... Infine perché visto che l'investimento non sarà così indifferente, grazie al censore Levi ( che è anche colui che voleva chiudere il mondo di blogger), sapendo che la critica attuale non è critica, ma solo pubblicità, andremo a ricercare le recensioni di altri utenti, prima di scegliere quali libri comperare per poter evitare di prendere fregature in caso di acquisti di libri nuovi.

Quindi, sostanzialmente è un invito ai lettori a fare una fortissima selezione su quello che acquistano e a non accontentarsi più, "tanto comunque ci ho speso poco", perché non sarà più così! È l'occasione per tutti di far capire che il consumatore non è un citrullo e che se i libri, come ogni tanto mi capita di leggere qui e là, devono essere oggetto di critica solo da parte di chi ha alla spalle una "laurea ad hoc" o un "attestato di giornalista" perché se così fosse, i libri sarebbero solo per loro. Se ne stamperebbero molti di meno, i critici se li dovrebbero comprare invece di averli in regalo e ci sarebbero anche molti meno scrittori in circolazione, nonché meno editori, meno titoli e anche meno cultura per tutti.

Quindi se anche tu, che mi stai leggendo, hai un blog e sei del mio stesso avviso, ti chiedo di giocare con me e di mettere i tuoi motivi sul perché fa male leggere e perché questa legge è giusta. Ti chiedo altresì di inserirmi il link in risposta a questo post che io inserirò qui sotto e metterò il post fra quelli da leggere e quindi sempre rintracciabile nella mia home. Chiaramente se vorrai inserire anche tu nel tuo post i link di altri post o di commenti dei tuoi utenti l'anello che si creerà sarà più completo! ;)
Se invece sei un lettore e non hai un blog, metti lo stesso in risposta i tuoi perché che sarò felice di inserire il tuo contributo qui sotto come i link dei blog che vorranno partecipare. Non si vince nulla, a parte dimostrare la dignità lesa dei lettori che non hanno armi per difendersi se non quella di dichiararsi su quella parte di rete disposta a dar loro spazio e agire come utenti responsabili fornendo riflessioni sullo stato reale delle cose e agendo di conseguenza.


Ed ecco chi ha avuto la voglia di mettersi in gioco, questo è il punto di vista e le risposte di Aedes:





Ho aperto anche una pagina con le librerie che consiglio e che mi consigliano dai un'occhiata qui: Nuova legge sul prezzo dei libri. Dove risparmiare! 

Buone letture consapevoli e tutti,
Simona

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domenica 7 agosto 2011

L'ha detto...Arthur Bloc



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Legge di Bath - Quando un corpo è completamente immerso nell'acqua, suona il telefono.

Arthur Bloc



venerdì 5 agosto 2011

"Niente trucchi da quattro soldi", Raymond Carver - Manifesto di intenzioni...

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Probabilmente anche Carver sarebbe stupito di tutti questi libri che contengono le sue intenzioni. Però quel che traspare da tutte queste selezioni è un profondo rispetto per l'autore e il suo approccio alla scrittura e agli allievi scrittori. Come spesso diceva, non scriveva romanzi perché lo annoiava e perdeva di concentrazione mentre trovava i racconti decisamente più interessanti. Quel che l'opera carteriana rivelava, al tempo in cui era ancora nel suo arco di espressione, era un grande e mirato processo di revisione dei testi, anche quelli già pubblicati. E questo per mio conto, di lettrice, è la cosa più onesta che un autore può fare nei confronti dei suoi lettori.

Quello che sovente accade, almeno in molti testi editi negli ultimi anni, non solo con quelli di narrativa nazionale ma anche internazionale, è che il lettore si trasformi in una specie di psicologo attento alle fobie dello scrittore di turno e sommerso da tutto il suo fiume di parole. E per quanto mi compete Carver ha ragione nel dire " I racconti , come le case - o anche le macchine, se è per quello- dovrebbero essere costruiti per durare. Dovrebbero anche essere piacevoli, se non. Bellissimi, da guardare e ogni cosa al loro interno dovrebbe funzionare". Per far questo Carver da la sua ricetta: scrivere di getto la prima scrittura e chiudere se possibili il proprio testo in un posto dove non lo si possa vedere, passato il momento d'entusiasmo, riprendere in mano il proprio lavoro con spirito critico e revisionarlo con onestà senza aggiungere trucchi.

Questo concetto è il fondamento sul quale si basa la scrittura carveriana che non pretende di essere concepita come talento naturale ma come quello costruito in anni di costante applicazione e senza la pretesa di essere per forza accettato com'è. Unico appellativo rifiutato è "Minimalismo" termine associato alla sua scrittura ad un certo punto della sua carriera. Per uno scrittore che proviene danna scuola gardneriana questo termine rappresenta uno svilimento del proprio processo creativo che basa buona parte del suo lavoro sulla revisione. Cosa che peraltro è comune a tutti i grandi scrittori.

Il racconto o romanzo o poesia, diventa come la creazione di una bambola. Una bambola che nasca dal nulla non ha vestiti o altro, ma richiede prima la formazione di un corpo, e poi dei capelli, i tratti caratteristici come naso occhi e bocca e infine la creazione di un modello. Ma le bambole, più sono "costruite" nei vestiti e nelle fattezze e perché no nei materiali e più sarà difficile che le bambine ci si affezionino. Potranno desiderarle, ma la bambola preferita sarà quella un pò consunta, stropicciata e vissuta con la quale hanno condiviso le notti buie e magari nello stesso buio hanno confidato le paure o i desideri più reconditi. Ecco il lavoro di Carver concepito per durare è un sintesi questo, una bambola "vissuta" cui ci si affeziona e la cui storia rimane con noi per lungo tempo coperta da un velo di tenerezza nel ricordo del periodo in cui l'abbiamo conosciuta e amata.

Chiaramente il prodotto letterario subisce, come tutte le arti, il gusto di chi lo fruisce che sovente, anzi sempre, ne decreta il giudizio e il successo. Ma se vi fermate a pensare, quanti autori contemporanei, non classici, sono in gradi di fare questo scoprirete come me che sono pochi se applicherete al vostro giudizio la stessa "onestà" che Carver chiede agli scrittori.

Come anche nel precedente libro, anche questo è una raccolta. Nel precedente di articoli e lezioni, in questo prevalgono più gli aforismi. Se non avessi letto il precedente, confesso che con la struttura di questo libro, forse non avrei apprezzato appieno la filosofia carveriana, perché lo spezzettamento dei concetti, per il mio personale gusto, mi rende faticoso entrare in questo mondo fatto di concetti assoluti che però non appartiene allo scrittore. Quando Carver spiega, infatti, nei suoi articoli e nelle sue introduzioni aggiunge fatti, situazioni e citazioni che aiutano nella comprensione di quel che vuole dire, mentre in questo caso, questa selezione, riduce il concetto all'osso. Pertanto il consiglio è, se non conoscete Carver di leggere prima l'altro testo e poi questo che organizza in concetti dandogli una consequenzialità che sia consona al sottotitolo che è stato messo sotto: "Consigli per scrivere onestamente". I due libri si compensano e si sostengono in maniera quasi naturale, credo anche che il curatore e il traduttore siano gli stessi del libro edito sotto l'egida Einaudi. Ma mentre "il mestiere di scrivere" si presenta come un modo per entrare nella filosofia dello scrittore questo organizza i pensieri assoluti come fossero un manifesto d'intenti. Visto il costo esiguo, sia per i lettori che per gli scrittori io consiglierei, la lettura di entrambi i testi che sono, a mio avviso, assolutamente imprendibili.
Buone letture, Simona



Niente trucchi da quattro soldi
Consigli per scrivere onestamente
Raymond Carver
Minimum fax Editore, ed. 2002
Collana"Filigrana"
Prezzo 9,00€


mercoledì 3 agosto 2011

[Dal libro che sto leggendo] Una storia semplice

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“La telefonata arrivò alle 9 e 37 della sera del 18 Marzo, sabato, alla vigilia della rutilante e rombante festa che la città dedicata a San Giuseppe falegname: e al falegname appunto erano offerti i roghi dei mobili vecchi che quella sera si accendevano nei quartieri popolari, quasi promessa ai falegnami in esercizio, e oramai pochi, di un lavoro che non sarebbe mancato. Gli uffici erano, più delle altre sere a quell’ora, deserti: anche se illuminati, l’illuminazione serale e notturna degli uffici di polizia tacitamente prescritta per dare impressione ai cittadini che in quegli uffici sempre sulla loro sicurezza si vegliava.

Il telefonista annotò l’ora e il nome della persona che telefonava: Giorgio Roccella. Aveva una voce educata, calma, suadente.

“Come tutti i folli” pensò il telefonista. Chiedeva infatti, il signor Roccella del questore: una follia, specialmente a quell’ora e in quella particolare serata.

Il telefonista si sforzò allo stesso tono, ma riuscendo a una caricaturale imitazione, resa più scoperta dalla freddura con cui rispose:”Ma il questore non è mai in questura a quest’ora”, freddura che negli uffici abitualmente correva sulle frequenti assenze de questore. [...]”


Una storia semplice
Leonardo Sciascia
Adelphi Editore, ed 2010
Collana “Piccola biblioteca Adelphi”
Prezzo 8,00€
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