venerdì 31 dicembre 2010

"L'amante", Marguerite Duras - L'amore e' sempre uguale a se stesso..




E' un pensiero fisso. Quel pensiero fisso. Quello che si palesa quando ti accorgi di aver perduto, volutamente e di tua scelta, una cosa importante. In questo caso l'amore.
L'amore non ha età ed e' sempre uguale a se stesso ovunque esso si viva e ovunque gli amanti si trovino.

E in questo caso la storia si svolge con lo stesso turbinio che avviene nei pensieri di una mente inquieta. I ricordi affiorano in maniera non organizzata, i tempi non sono messi nella maniera cronologica in cui si sono svolti ma, si presentano, sovrapponendosi fra loro come una serie di foto che cadono a terra scompostamente accatastandosi una sull'altra.

Una giovane 15enne mentre attraversa il fiume Mekong per tornare a Saigon a scuola. E' una fortuna per le figlia di una maestra malata, depressa e sfortunata per sfuggire alla povertà e alle angherie dei due fratelli. Una famiglia disastrata e disgregata dal caldo e dalla morte interiore dei suoi componenti, fa da sfondo a questo amore, dove la solitudine e il male d'esistere sono omnipresenti e accompagnano la sempre triste ragazza fra le braccia del cinese troppo grande per lei ma talmente innamorato da non poter fare a meno di volerla per sé. Il piacere non è una scoperta ma è un ricerca di certezza, e' il tempo che trasforma il desiderio in amore. Ma questo amore nasce malato (passatemi il termine anche se la definizione malattia non e' la piu' pertinente), perché non legato ad affettività o desiderio evidente ma piuttosto alla necessità dell'annullamento. L'annullamento di cui si cerca di dare una definizione qui e' quella ansia di attutire il senso di oppressione.
E così la giovane quindicenne vede inizialmente lo svolgersi del suo amore da fuori in maniera totalmente annoiata non v'e' curiosità ma solo un velo persistente di apatia.
Da contorno ma a definire questo rapporto ora necessario ora desiderato c'e' un panorama statico fatto di umidità persistente e sete sdrucite un paio di scarpe in lamè, un panama rosa e un rossetto rosso. Il resto lo fa la fisicità dei due amanti e l'inadeguatezza di chi gli sta attorno ora sconvolto per lo scandalo ora profittatore dell'opportunità dello sfruttamento della situazione.

La ragazza partirà, ma l'amore rimarrà eterno, appunto, sempre uguale a se stesso. Vi consiglio di vedere anche il film, uscito in Italia con il titolo "L'amante cinese", nel mio blog lo trovate qua. Il film riorganizza i pensieri dell'autrice, per ovvi motivi, ma ne accentua altresi' il senso di estrema sensualità che pervade tutta la storia.

E con questo libro concludo l'anno augurandovi uno splendido 2011 pieno di grandi soddisfazioni e per chi li ama di bellissimi libri. Ringrazio quelli che mi seguono con pazienza e affetto nelle mie peregrinazioni. Buon anno nuovo!
Simona Scravaglieri

L'amante
Marguerite Duras
Feltrinelli Editore, ed 2005
Collana "Vintage"
Prezzo 10,00€


mercoledì 29 dicembre 2010

[dal libro che sto leggendo] "Il condominio"

"Sulla base della propria esperienza, Wilder si era convinto che l'appartamento in un grattacielo era una conchiglia troppo rigida per rappresentare il genere di casa che incoraggia l'attività, una casa diversa dal semplice posto dove si mangia e si dorme. Vivere in un grattacielo richiedeva un tipo particolare di comportamento: acquiescente, controllato, forse anche un pò folle. Qui uno psicotico starebbe benissimo [..]
[..] Ma quello che faceva più arrabbiare Wilder, della vita nel suo condominio, era il modo in cui un insieme apparentemente omogeneo di professionisti ad alto reddito si era strutturato in tre campi distinti e ostili. Le vecchie suddivisioni sociali, basate su potere, capitale ed egoismo, si erano riaffermate anche lì come in qualsiasi altro posto.
Di fatto il grattacielo si era già diviso nei tre gruppi sociali classici, la classe inferire, la classe media, la classe superiore. [..]
[..] (sta parlando della classe superiore) Erano loro che stabilivano il ritmo dell'edificio. Erano i loro reclami a venir accolti per primi ed erano sempre loro che, sottilmente, dominavano la vita del grattacielo: stabilivano quando i bambini potevano usare le piscine e il giardino pensile, fissavano menù del ristorante e i conti salati che tenevano lontani quasi tutti tranne loro. Ma sopratutto, erano loro a gestire il delicato rapporto di patronato che teneva in riga il livello medio, con la carota perennemente penzolante dell'amicizia e della approvazione.[..]
[..](sta parlando del livello medio) C'era, nei suoi compagni di piano, una latente faciloneria, l'inclinazione a tollerare un'eccessiva quantità di interferenze prima di radnarsi, semplicemente, e partire. In breve il loro istinto territoriale, in senso psicologico e sociale, si era atrofizzato al punto che oramai erano maturi per l'assoggettamento."


Il condominio
J.C. Ballard
Feltrinelli Edizioni, ed 2003
Collana "Universale economica Feltrinelli"
Prezzo 7,50€

domenica 26 dicembre 2010

L'ha detto... Lucio Wilson




Io sono la persona giusta al momento giusto. C'e' un problema? Lo risolvo. Non c'e'? Lo creo.

Lucio Wilson

venerdì 24 dicembre 2010

"Il libraio che imbrogliò l'Inghilterra", Roald Dahl - Bellissimo....





...ed esilarante!Surreale e al tempo stesso porta in luce con gran sarcasmo, le debolezze umane.Una scrittura fresca, scorrevole, forse la traduzione non le rende totalmente giustizia, ma e' un libro assolutamente da leggere. Si legge in pochissimo tempo ed e' uno di quei piccoli libri che li apri per dargli uno sguardo e in un batter d'occhio non ce la fai a smettere di leggere! E' un gioiello che non si può non avere nella propria libreria! mi e' arrivato stamani e nella pausa pranzo l'ho aperto letto e finito..bellissimo! Sono due racconti, il primo e' "Il libraio che imbroglio l'Inghilterra" e il secondo "Lo scrittore automatico". non si puo' accennare alle storie senza gia' definirle pienamente, percui, vi lascio la curiosita'..

Buon Natale e buone feste a tutti!
Simona Scravaglieri

Il libraio che imbrogliò l'Inghilterra.
Roald Dahl
Tea Editore, ed. 2008
Collana "Teadue"
Prezzo 6,50€

Questo e' il mio 100° post....altra occasione per la quale festeggiare!!;)


mercoledì 22 dicembre 2010

"Labirinto", Monica Lombardi - La dimensione del giallo contemporaneo



La difficoltà dei giallisti di oggi è forse quella di riuscire a catturare il lettore anche su una trama che non prevede colpi di scena all'americana e che, sopratutto, non segua le scie battute dai romanzi di successo ma che si ponga, attraverso una classica costruzione della storia come si conviene al genere cui appartiene, come un prodotto contemporaneo e quindi appetibile per i lettori di oggi.
In questo Monica riesce, secondo me, sempre nel suo intento non solo per l'abile scelta del luogo ove si svolgono gli omicidi e le modalità da cui partire ma anche con una serie di accortezze, delle quali, la principale è la costante presentazione dei dati dell'indagine che ci si appresta a seguire. In questo modo ci si sente partecipi della storia e si fanno ipotesi ad ogni dato su chi sarà l'assassino, perché.... c'è sempre un assassino!

Il titolo è azzeccatissimo perché Labirinto non è solo il sito attorno a cui tutto il giallo si svolge ma è anche il termine più corretto per descriverne la trama. Questo, è il secondo libro della saga di Mike Summer tenente alla Homicide Unit di Atlanta e, con "Scatole cinesi", lo avevamo lasciato li dove lo ritroviamo però, con l'ausilio della storia criminale che si svolge in questa seconda puntata, abbiamo la possibilità di conoscere qualcosa in più di questo uomo un pò finto burbero un pò personaggio di altri tempi. Si comincia con un efferato omicidio dove la vittima è stata sfigurata e soffocata; tra indagini sul campo e quelle informatiche in rete la storia scorre non senza colpi di scena. Il tenente non è un ispettore Colombo che punge con una serie di domande tutti coloro che gli capitino a tiro e nemmeno un Maigret che elucubra tutto il tempo dando la soluzione all'ultima scena. Mike Summer è un ispettore all'antica ma altrettanto contemporaneo e quindi dedito al gioco di squadra dalla quale, non solo riceve dedizione e professionalità, ma anche supporto all'indagine senza per questo sminuire il suo ruolo di attore principale. E ,in questa storia, l'autrice ha avuto il suo bel da fare con l'elevato numero di personaggi da caratterizzare e che collaborano all'indagine. Forse deve anche festeggiare una vittoria tutta particolare ovvero che tutti sono visibili, nella misura in cui intervengono nella storia, e contestualmente sono credibili. E' difficile trovare un giallo con così tanti personaggi tra indagati e indagatori e, nella mia piccola conoscenza del genere, gli unici che si avvicinano a questa fitta ragnatela sono due gialli di Agatha Christie "Il mistero di Hunter's Lodge" o anche "Il ballo in maschera" dove, vado a memoria, c'erano tanti "Presunti colpevoli". La differenza risiede nel fatto che però Agatha, nonostante Poirot fosse sempre o quasi accompagnato da uno o piu' aiutanti, non ha mai permesso al suo personaggio principale l'utilizzo della delega, come invece avviene nell'Unità Omicidi di Atlanta.

A conferma di quel che ho detto la scorsa volta su "Scatole cinesi" la scrittrice non solo si pone con il piglio inglese svolgendo gli intrecci delle trame con dovizia di particolari che non sempre si colgono al volo (ma danno la possibilità al lettore di avere tutti gli strumenti per arrivare almeno vicini alla soluzione del caso) ma ha, anche, una particolare attenzione sulle sfumature dei gesti degli sguardi e delle emozioni. Sicché la storia personale del tenente Summer e quella principale scorrano contemporaneamente incrociandosi di tanto in tanto e rendendone partecipe il lettore in ogni attimo dell'inchiesta. Menzione speciale va per l'utilizzo della terminologia informatica che, essendo divenuta oramai di utilizzo comune, e' tanto semplice sia da utilizzare e sia da sbagliare e, in questo caso, e' perfetta sia nell'utilizzo che nelle precisissime note a margine sempre puntuali e chiare. Poirot infatti non da spiegazioni e non condivide i suoi sospetti e nemmeno cerca il confronto con i suoi collaboratori del momento. Nella Unità Omicidi di Atlanta avviene invece e il confronto stimola l'osservazione dei particolari da punti differenti aiutando il lettore nello scorrere della storia.

Il libro scorre velocemente come il primo, tanto che alla fine, ti rendi conto di averlo letto in un soffio e vorresti che la storia continuasse. Ma confido che Mike Summer non decida di andare in pensione e che ritorni presto con una nuova indagine che, manco a dirlo, saro' felicissima di leggere!
E ora vi sfido a trovare l'assassino prima di me...io l'ho scoperto all'ultimo...forse e' per questo che faccio un altro lavoro! ;)
Buone letture,
Simona

Labirinto
Monica Lombardi
Domino Edizioni, Ed. 2009
Collana "I Criptex"
Prezzo 15,00€




domenica 19 dicembre 2010

"Io per fortuna c'ho la camorra", Sergio Nazzaro-Intervista con Fazi Editore

Questo libro ce l'ho e lo sto leggendo. L'autore e' lo stesso di Mafiafrica di cui trovate la recensione a Giugno 2010.
E' molto bravo e non si trastulla nel genere romanzesco, ma e' molto piu' affine al genere d'inchiesta. Inizialmente mi ero fatta ingannare dal tono leggermente provocatorio del titolo di questo libro e l'avevo catalogato come uno di quelli che seguiva la scia. Poi mi sono informata sull'autore e ho comperato i suoi libri, in tema traffici criminali, che sono:
-Io per fortuna c'ho la camorra
-Dubay confidencial
-Mafiafrica
Ne ha scritti e curati altri, che pero' non sono proprio nelle mie corde e pertanto vi consiglio per onor di completezza ad andare sul suo sito: www.sergionazzaro.com
Buona visione.


In questo video:

Io, per fortuna c'ho la camorra
Sergio Nazzaro
Fazi Editore, ed 2007
Collana "I Tascabili"
Prezzo 9,50€

venerdì 17 dicembre 2010

"Quell'africana che non parla neanche bene l'italiano", Alberto Mossino - Inizi...e non riesci a lasciarlo finché non e' finito;)




Vi e' mai capitato di aprire un libro leggere le prime frasi e non lasciarlo più finché non lo avete finito? In passato mi succedeva spesso e volentieri quando frequentavo le mie librerie preferite, oggi invece, passando quasi tutto su ordini internet, non ho piu' la possibilità di vagliare quel che compro e quindi devo adeguarmi a quelle che sono le recensioni che leggo o le interviste all'autore che vengono fatte. Con questo libro, comperato a scatola quasi chiusa perche' ne avevo sentito parlare solo dall'editore (Terrelibere.org), è andata proprio cosi'.
L'ho infatti acquistato in una promozione che l'editore ha fatto agli inizi di Settembre sulla sua pagina fan, in formato ebook ma non ho avuto occasione di leggerlo fino alla famosa vacanza di Ottobre u.s. E anche lì, il libro, e' stato aperto per curiosità e prima " ok do solo uno sguardo alle prime righe" poi "va bene leggo qualche pagina" poi la curiosità di capire come va a finire... per farla breve due pomeriggi l'ho finito!

Il tag parla chiaro si parla di mafia nigeriana perché si toccano due dei capisaldi dell'economia di questa organizzazione la prostituzione e la droga. Con estrema chiarezza, viene spiegato quali donne vengono reclutate per finire sulle strade perché ci rimangono "spontaneamente" e il mondo che le circonda e che alcune volte modifica anche il loro modo di vedere e le loro aspettative di vita. Le "madam" che sostituiscono i classici "papponi" sono state anch'esse prostitute e quasi per un circolo vizioso, fanno alle loro lavoranti del sesso le stesse cose che a loro volta hanno vissuto sulla propria pelle. I blackboy, fidanzati squattrinati e perditempo, delle "madam", che campano a mo' di parassiti mantenuti dalle loro fidanzate e che per queste picchiano a dovere chi si ribella. I clienti che da sfruttatori diventano sfruttati innamorati. E i giri paralleli come la droga e il traffico di persone, nonche' i riti voodoo che tengono bloccate le donne sotto il gioco dello sfruttamento e sotto minaccia di maledizioni legate a credenze popolari e la religione che non si pone come una alternativa ma come quella "cosa" che da la parvenza di normalità a questo mondo un po' deviato. Pesantino eh? Sembra! Ma non e' cosi'!

La storia inizia con un racconto che potrei definire fantozziano. Provincia di Torino. Franco, giovane alla soglia dei trent'anni, si apparta con una prostituta nigeriana. Ma non soddisfatto del servizio e sopratutto vedendo che il prezzo pattuito aumenta, decide di riportarla dove l'ha prelevata. Poco distante nella strada adiacente avviene un incidente surreale: una macchina sportiva (presa in prestito da alcuni ragazzi da un autosalone con la scusa della prova per valutare un eventuale acquisto) lanciata alla massima potenza che improvvisamente si trova in mezzo alla strada un cavallo imbizzarrito che scappa e dall'altro lato una macchina che sopraggiunge, un secondo e l'incidente e' fatto! Cosa fare? Chiamare l'ambulanza e la polizia con il rischio che lo trovino accompagnato dalla prostituta impauritissima piu' per il pericolo del rimpatrio che per quello che e' successo o lasciare cosi' e andare via? Franco chiama la polizia, si nasconde per non farsi trovare e non fare trovare la ragazza e cominciano a parlare. Si fa tardi, non la puo' accompagnare in stazione e quindi decide per la cosa piu' naturale di questo mondo ovvero la ospita a casa sua. Nasce cosi' una bella amicizia che a tratti ha le parvenze di una storia d'amore e in altre quella dello sfruttamento sottile.

Perchè l'ho adorato. Perché e' talmente verosimile da sembrare veramente accaduto. Perche' questo Franco un po' sconfito e un po' peter pan dei poveri e a volte anche delinquente incarna in se stesso tutte le contraddizioni dell'italiana natura che ha bisogno di essere parte di qualcosa, di contestare e di lottare e delle volte, sconfitto, riesce sempre a trovare una via d'uscita. L'ho amato perche' Alberto Mossino ha dimostrato una particolare sensibilità nella descrizione di Jennifer dei suoi usi, credenze e anche emozioni che rendono il lettore partecipe della sua situazione. Il mondo che Mossino descrive non e' cosi' semplice da raccontare, perche' legato a tradizioni che noi difficilmente capiremmo, perche' lontane anni luce dalla nostra quotidianità. E questo e' un buon metodo per avvicinarsi a questo microcosmo fatto di colori (dei vestiti, delle spezie etc..) e di ombre (fatto di dolore, sfruttamento, nostalgia e paura). Da questo viene fuori un quadro disarmante anche di alcune delle organizzazioni a favore dell'integrazione razziale e che si occupano degli immigrati clandestini che affrontano con sorprendente superficialità le varie tradizioni dei paesi di provenienza delle ragazze che si propongono di aiutare.

E' veramente un testo interessante, che tra il serio e l'ironico ci porta in giro nella parte più oscura del mondo che vive all'interno di queste dinamiche che spesso non sono cosi' evidenti.

Quell'africana che non parla neanche bene l'italiano
Alberto Mossino
Terrelibere.org editore, ed. 2008
Collana "Fuori sincrono"
Prezzo 10,00€

Vi segnalo anche il link dell'editore sempre molto attento ai temi legati al mondo dell'immigrazione:
http://www.terrelibere.org/
e vi confermo che la transazione di acquisto e' stata semplice veloce e sicura. Quindi e' anche un venditore affidabile.


mercoledì 15 dicembre 2010

[Dal libro che sto leggendo] "L'ottava pergamena"




"Il difficile non sta nel dire addio, ma nel persuadersi a farlo. L'addio suggella il fatto compiuto, docile epilogo di una grande controversia emotiva, di una sfiancante battaglia interiore. Le forme di saluto, le frasi di commiato, i brevi abbracci consolatori, i patetici sguardi inteneriti, le strette di mano impersonali, sono strascichi sterili di una decisione ponderata e imprescindibile. Se non diciamo addio ma ci allontaniamo, il dolore non diventa meno atroce o meno insopportabile . Il tormento rimane e persiste, giacché il peso del logorio inconscio è in atto e ci squassa lo spirito, colpendoci vilmente la dove siamo più vulnerabili. [..]"

L'ottava pergamena
Virginia Parisi
Edizioni Domino,ed 2007
Prezzo 16,00€

venerdì 10 dicembre 2010

"L'ottava pergamena", Virginia Parisi-Da non perdere...




Finalmente è stato risolto un enorme problema di tutti i gialli/thriller con soggetto storico nel mondo templare!
A parte pochi eletti che si sono imposti di non leggere e soprattutto non hanno amici che glieli abbiano mai regalati, quasi chiunque ha avuto in mano, almeno una volta, un libro che si proponga, attraverso una storia romanzata o in versione thriller, di punzecchiare il suo lettore proponendogli o propinandogli strane e, a volte, un po' surreali storie in merito al mondo templare e al misticismo che sembra avvolgerlo.
A me ne sono capitati più di uno e la maggior parte avevano una storia tutto sommato coinvolgente (anche se i riferimenti artistici bisognava spesso fare finta proprio di non prenderli in considerazione e lo stesso si dica per quelli letterari) e tutti derivati almeno "ufficialmente" dalla scia del "Codice da Vinci". "Ufficialmente" virgolettato perché, in effetti se ci si fa caso, molti dei testi che hanno più venduto sono antecedenti al best seller di Dan Brown ma, solo grazie a questo, tutti quelli precedenti hanno avuto una seconda possibilità. Quel che rimane di questi romanzi/gialli è che risulta facilissimo crearci su intrecci e complicatissime situazioni, ma non v'e' una conclusione che poi regga il confronto con tutta la storia sì da non risultare troppo fantasiosa oppure non credibile se non fiabesca.
Cosi' il lettore che tanto si e' impegnato a seguire le peregrinazioni storiche dello scrittore si ritrova con un pugno di mosche in mano pensando che in fondo i finali delle fiabe dei fratelli Grimm siano di gran lunga piu' credibili.

Questo discorso sembra non valere nel caso di Virginia Parisi che sembra aver trovato un modo per bilanciare questo oneroso scompenso. La storia si dipana fra l'Italia e la Francia e la protagonista, Mirea, e' l'ultima superstite di una casata di alto lignaggio che discende da un templare. Ma a quanto pare quel che e' sempre stato non è così come le è stato raccontato da suo nonno. E' appunto con la morte del nonno che si apre il racconto e con la richiesta della protagonista, in sede di lettura del testamento, di prendersi del tempo perché restia ad accettare l'eredità, ovvero prendere le redini di una azienda vinicola famosa che in fondo non sente sua. E questo è tutto quel che vi raccontero' della trama e per non rovinarvene la lettura, che consiglio caldamente, e perché quel che trovo interessante è la costruzione della storia. Solitamente, nella letteratura (e' un parolone perche' non si tratta di saggistica ma prendete questo perche' non trovo sinonimi!) in merito la costruzione delle storie e' quasi uguale per tutte:
-momento shock che di solito corrisponde nella morte di qualcuno vicino al protagonista
-intreccio, tutta una serie di personaggi che contribuiscono a vivacizzare la ricerca del protagonista ostacolandolo o aiutandolo
-finale rocambolesco che di solito si svolge nelle ultime 50 pagine dove tutto si chiude, molto spesso, in un colpo solo.
La storia di Virginia e' simile differendo per alcuni particolari che definirei pregevoli sia nell'intreccio e sia nel finale. Nell'intreccio, perché invece di passare il tempo ad ingarbugliare la storia con tutta una serie di riferimenti storici e affini la spiegazione viene data fluidamente e quindi quando arrivi al finale hai tutti gli elementi almeno per ponderare tutto quel che avviene. Il finale e' un non finale invece; si risolve, in maniera veloce ma non definitiva e lascia al lettore la possibilità di concludere quel "quid" che sembra mancare a modo suo. E qui sta la genialità della soluzione e purtroppo non posso dirvi di più.
Il tutto e' scritto in maniera scorrevole e piacevole creando una sacco di situazioni che mantengono l'attenzione viva per tutte le circa 250 pagine del libro.

Non e' un libro sdolcinato e nemmeno tedioso e tanto mento di quelli che vogliono a tutti costi convincerti che le teorie che propongono siano comunque da accettare o siano plausibili. Però e' un buon testo adatto a chi ama il genere templare, credibile e accattivante.
Se non vado errata e' il 4° libro che leggo della Domino Edizioni e mi sembra che questa casa editrice abbia buon occhio sulla scelta degli scrittori e credo che insieme agli altri libri che ho comperato mi toccherà aggiungere anche questo che, credo, sia un ottimo completamento del mio reparto "templare".

L'ottava pergamena
Virgina Parisi
Edizioni Domino,ed. 2007
Collana "Le pergamene"
Prezzo 16,00€



mercoledì 8 dicembre 2010

"Il negozio dei suidici", Jean Teulé - Una favola moderna..




Una tazza di tè in mano, un caldo plaid e la poltrona preferita. Forse questo e' il miglior modo di leggere questo libro dalle fattezze tanto delicate quando esilaranti. Non pensavo che sarei riuscita ad associare questi due aggettivi al medesimo libro, ma non si puo' fare altrimenti in questo caso.
"Il negozio dei suicidi" e' uno di quei racconti che non possono non passare come un piccolo flash nella vita di ognuno di noi, giusto per ricordarci che guardare le cose in una prospettiva differente non e' mai cosi' sbagliato.

La storia e' abbastanza semplice. Una coppia gestisce il negozio di famiglia, un negozio un po' particolare che si occupa di fornire gli stumenti corretti al popolo degli aspiranti suicidi. La questione è della massima importanza perche', al giorno d'oggi, non si sanno più fare certe cose perche' non ci si sa organizzare e spesso la gente si impegna a suicidarsi e si ritrova, invece che morta, menomata. Come ogni coppia che si rispetti hanno tre figli Vincent (come van Gogh), Marilyn (come la Monrooe) e Alan (come Alan Mathison Turing) e tutti i personaggi, cui i nomi dei pargoli si ispirano, sono morti suicidi. Chiaramente per rispettare il buon nome del negozio tutto deve avere un aspetto e un contegno estremamente di circostanza. Piccolo neo del sistema perfetto: il piccolo Alan nasce con il sorriso e l'ottimismo piu' incontenibile del mondo. E cosi' i poveri genitori , che tanto si impegnano a incupire il proprio figlio minore, ne passano di tutti i colori.

Non posso dirvi altro che vi capiterà si sghignazzare per tutto il libro, che non e' nemmeno eccezionalmente lungo, ragion per la quale non vi consiglio di leggerlo in luoghi pubblici perche' la gente finirebbe col fissarvi con una certa preoccupazione specie se riesce ad intravedere il titolo e la copertina del libro; poi vi posso dire che questo libro termina la sua divertente trama con una unica frase, semplice secca e per nulla banale. Ed e' la prima volta che vi posso dire che tale conclusione risicatissima, per la quale in altri frangenti probabilmente avrei presentato le mie rimostranze, ma in questo caso appare azzeccatissima e unica strada percorribile.

Questo e' uno dei libri che leggi una volta, e forse non rileggi piu', ma che adori pensare di avere a disposizione nella tua libreria. Un ottimo pensiero anche per un regalo.

P.s.: anche questo libro, come alcuni che man mano segnalerò, sono frutto di segnalazioni e in questo caso sono segnalazioni di una youtuber che io seguo assiduamente e che adoro...nome in codice "Darling". Grazie Fede!

Il negozio dei suicidi
Jean Teulé
Vertigo editore, ed. 2008
Collana "Approdi"
Prezzo 14,00€




domenica 5 dicembre 2010

Intervista a James Ellroy - "Il sangue è randagio"

Questa e' una bellissima intervista realizzata da Fabio Fazione a "Che tempo che fa" a James Ellroy Autore celebre del giallo con risvolti noir "Dalia Nera" e "I miei luoghi oscuri".
Assolutamente da non perdere! I libri li ho comperati e spero di poter mettere al piu' presto le recensioni in merito.







venerdì 3 dicembre 2010

[Dal libro che sto leggendo] "L'amante"







[..]La stessa differenza separa la signora e la ragazza col cappello dall'altra gente del posto. Entrambe guardano i viali del lungofiume, entrambe sono isolate, sole come regine. Il loro errore e' davanti agli occhi di tutti. Entrambe sono votate al discredito per la natura del corpo che hanno, accarezzato dagli amanti, baciato con le loro bocche, abbandonato all'infamia di un piacere che fa morire, si dice, morire di quella misteriosa morte che colpisce gi amanti senza amore. Di questo si tratta, di questo umore di morte.[..]



L'amante
Marguerite Duras
Feltrinelli Editore, ed. 2005
Collana "Vintage"
prezzo 10,00€



"La fattoria degli animali", George Orwell - Apologia del potere




Alcuni sostengono che le cose non accadano mai per caso. Potrei essere anche sommariamente d'accordo con questa tesi e, teoricamente, potrei dire che, a me, avviene con i libri e con le citazioni. In un momento come questo, dove la discussione politica e giornalistica e' all'apice della totale autodistruzione, a me è capitata in mano "La fattoria degli animali" di Orwell.

Non che rifugga dal contenzioso sull'ideologia ma trovo che, spesso, da un lato o all'altro, come sostiene Orwell, pur di portare l'acqua al mulino della nostra causa, si tralasci quel che di brutto c'e' o c'e' stato in passato. C'e' una sorta di corsa al proselitismo e da qualsiasi parte ci si trovi si deve far numero gli uni con gli altri, si deve per forza accettare tutte le tesi e non si deve mai dire "ma".

Cosi' avviene anche alla "Fattoria degli animali" ex "Fattoria Padronale" dove, innamorati dalla visione del vecchio maiale saggio chiamato "il Generale" su un mondo migliore e piu' libero per tutti, gli animali si ribellino al giogo umano per riprendere pieno possesso della propria vita.
Quel che e' straordinariamente attuale, in questo racconto, e' la caratterizzazione della presa di potere. Ovvero il passaggio da schiavi alla ribellione ad una nuova forma di schiavitù ovvero quella autonoma dove si e' schiavi ma convinti di essere liberi.

Si potrebbe affrontare questo libro da piu' punti di vista i principali potrebbero essere suddivisi in due categorie o l'analisi della "presa di potere" oppure l'analisi del "valore della massa".

Se da un lato la presa del potere è ai giorni nostri alla mercé dell'informazione al contempo il valore della massa, in una società che è l'informazione stessa, continua ad avvicinarsi pericolosamente allo zero assoluto. Mi spiego meglio, se da situazioni di totalitarismo come quelle che hanno caratterizzato la prima metà del '900, dove non c'era libertà di parola e pensiero e quindi l'adesione era presa come stato di fatto, oggi, con l'avvento della tanto agognata democrazia, dalla meta' del '900 in poi, si assiste ad una anestetizzazione del valore di libertà di pensiero a favore non delle convinzioni dell'unita' che compone la massa ma dell'adesione di gruppo al pensiero altrui. E in effetti questa e' la nuova forma di schiavitù moderna: la delega.

Orwell, quindi, dà una sua descrizione della presa di potere alquanto attuale descrivendone i passaggi graduali, fatti di condivisione delle motivazioni della massa che decide di cambiare modello di vita e mano a mano va ad incidere nelle classi sociali che tendono a delegare, vuoi per ignoranza e vuoi per pigrizia, il proprio pensiero o i problemi comuni lasciandoli ad altri. Così se la tentazione di colui che detiene man mano più potere e' pericolosa ma al contempo vizio connaturato alla natura mortale dell'uomo, la delega arriva a detenere un valore maggiormente condannabile. E l'informazione ne diviene l'oscuro manipolatore ad esempio smussando il valore di una legge assoluta, che passa da "Nessun animale ucciderà un altro animale" a "Nessun animale ucciderà un altro animale senza motivo", adeguandola così alle necessità de momento. O anche lavorando e influendo sulla massa ritenuta più ignorante, per cultura o per povertà di pensiero, proponendo modelli che siano comprensibili e facilmente replicabili all'occorrenza, ripetitivi che rimangano ben impressi nella mente di coloro che devo portare il verbo come avviene con le pecore e il loro fastidioso ritornello "quattro gambe buono, due gambe cattivo!".
Questi modelli, però, oltre a non essere risolutivi per il potere cui devono asservirsi, perché chi appartiene a questa categoria non e' in grado di andare oltre la lezione insegnata e quindi può solo rumoreggiare ma non far nuovi proseliti, sono autodistruttivi nel momento in cui il potere vacilla perché, se e' facile il primo addestramento, l'inversione di marcia richiede motivazioni credibili e se, nella "Fattoria" basta il cantastorie del potere, oggi, nella situazione odierna, l'informazione che può contare sull'enorme volume di notizie condivise e condivisibili che fanno si che un articolo sia già vecchio prima di uscire e che al contempo sia "dimenticabile", deve comunque scontrarsi con chi dall'altro lato confida invece nella continua sobillazione delle masse con modelli più appetibili per accaparrarsi nuovi seguaci.

Quel che Orwell non affronta, ma a cui nemmeno accenna è una soluzione o anche una riflessione su che cosa sia meglio, il totalitarismo o la democrazia? Quando e come agire sulla forma di democrazia perché essa nella sua naturale evoluzione non divenga un totalitarismo travestito da repubblica? Dove riconoscere la voce contrastante che porti però ad una evoluzione e non sia solo forma di trasporto da una forma di schiavitù all'altra? L'adesione ad un movimento deve per forza essere assoluta e asservita o è sempre necessario mantenere la propria identità anche quando questa potrebbe andare a scapito dell'obiettivo finale e far vacillare il potere stesso? E' meglio una legislazione con valore assoluto che commetterà comunque qualche ingiustizia? Oppure una più aperta, smussata nei suoi valori assoluti, ma che lascia spazio alla natura "furba" dell'uomo che profitta di ogni occasione gli venga a portata di mano?
Sono concetti che vengono aperti ma non svolti in questo racconto. Si prendono come dato di fatto e non si va oltre ed e' in questo adeguamento a favore della storia che Orwell commette un errore.
In questo racconto infatti esistono tre categorie di personaggi "più uno" della vita moderna: i furbi (individuati dall'intelligenza) il popolo (individuato dall'ignoranza intesa come non conoscenza o fatica di apprendimento) l'informazione che fa da congiunzione ai due mondi.
Nella vita reale un valore così assoluto non esiste. Non tutti coloro che hanno la conoscenza sono liberi dal proselitismo strisciante e succube ed e' altresì vero che nel popolo non tutti sono asserviti. C'è anche una sostanziosa fetta di appartenenti a quel "più uno" che nel racconto e' ironicamente rappresentato dall'asino che impara, che sa, conosce, vede e ricorda ma se anche asseconda, non totalmente, il potere imposto ne registra al contempo i movimenti e gli errori, nonché le fandonie ma rifiuta di divenire forza di contrasto. Si potrebbe pensare anche qui in un atto di pigrizia. Ma, in effetti, e' solo un metodo attuato molti, con pensieri discordanti dalla massa di evitare il confronto teorico quando si sa bene che la massa asservita o la tendenza che ti circonda e' satura di informazioni pre-confezionate e si rischia di sentirsi ripetere a domande o riflessioni più e più volte con la stessa nenia come avviene con le pecore "quattro gambe buono, due gambe cattivo!".

Altro aspetto vincente di questo racconto e' rappresentato dalla descrizione del ruolo dell'informazione. Quella che utilizza la buona oratoria per distorcere, modificare anche il comune ricordo. E mentre al nostri giorni, l'informazione sembra dover essere battente e urlata nella "Fattoria" basta che sia diffusa. Non importa che essa sia compresa appieno, anzi questa e' la condizione auspicata, perché se non siamo padroni di quel che ci dicono, domani, quel che abbiamo mancato di capire oggi, avrà un'altra forma o altri significati che ci si fa notare forse nella volta precedente non avevamo afferrato. Oggi, invece, l'oratoria e' andata a farsi benedire e anche la scrittura ha lasciato il passo all'urlato e al mero attacco, tralasciando il fatto che l'obiettivo del giornalista non dovrebbe essere chi sta attaccando, ma chi legge.

Era un libro che, all'epoca avevo marchiato come noioso, ma che con il tempo l'esperienza e forse anche l'attualità presente sui giornali, riviste,tv, radio e libri ha assunto significati nuovi.
Buone letture,
Simona


La fattoria degli animali
George Orwell
Mondadori Editore, Ed 2010
Collana "Classici Moderni"
Prezzo 8,50€



mercoledì 1 dicembre 2010

[dal libro che sto leggendo] "Le pale di altare"- racconto "La torre"


Il racconto da cui e' tratto questo estratto è "La torre" ambientato ad Aosta. Il personaggio che si sta descrivendo e' l'unico e ultimo lebbroso(veramente vissuto ad Aosta e si chiama Pietro Bernardo Guasco), cui la comunità dona una torre (che ancora oggi c'e' e' quella della foto ed e' per questo motivo viene chiamata "la torre del lebbroso") che recinta per permettergli di vivere in pace ma in estrema solitudine. E' uno degli esempi di descrizione delle battaglie interiori dell'animo umano di questo autore.

[..]
Quell'eremo divenne quasi la sua proprietà. Cedeva a volte all'illusione di una confusa reminiscenza: gli pareva di aver trascorso li la sua età felice, il cui ricordo, col trascorrer degli anni era impallidito nella memoria. Era sopratutto la vista dei monti lontani, che si confondevano con la linea dell'orizzonte, ad agire sulla sua immaginazione. A somiglianza del futuro, le visioni lontane risvegliavano in lui la speranza; il suo cuore tormentato tendeva a credere nell'esistenza di un paese sconosciuto, nel quale avrebbe potuto infine gustare appieno quella felicià che ora presentiva soltanto nelle sue contemplazioni vespertine; un istinto misterioso faceva il resto: la speranza diveniva possibilità.
Gli occorreva senza dubbio un grande sforzo dello spirito a non farsi sopraffare dalla disperazione, dopo essersi riconciliato con la sorte.
Avrebbe mentito, se avesse detto che non aveva mai conosciuto altro sentimento che la rassegnazione. Non era giunto alla rinuncia di sé che raggiungono alcuni anacoreti. Non s'era ancora compiuto in lui il supremo olocausto di tutti i sentimenti umani. La sua vita si svolgeva in lotte incessanti, e neppure la religione era sempre in grado di arrestare il corso delle sue fantasticherie: a dispetto della volontà, l'immaginazione lo sospingeva a volte verso un oceano di chimerici desideri, che dispiegavano dinnanzi ai suoi occhi una fantastica immagine del mondo sconosciuto. [..]


Pale di altare
Gustaw Herling
Silva Editore, Ed 1960
Prezzo originale non pervenuto, io l'ho pagato 15,00€

domenica 28 novembre 2010

L'ha detto...Margaret Halsey




Certe persone parlano soltanto perché pensano che il rumore sia più sopportabile del silenzio.

Margaret Halsey

venerdì 26 novembre 2010

"Persuasione." Jane Austen - L'ho adorato...




E’ uno scritto differente dai soliti dell’autrice. Non tanto nei contenuti, ma nella modalita' di espressione dei vari personaggi. Molti critici, hanno notato questa differenza e l'hanno associata ad una "maturita' letteraria" della scrittrice. E’ un libro riflessivo ma non meno vivace dei soliti della cara Jane, e si ribaltano le sorti dei vari protagonisti, quelli piu’ stolti e insulsi hanno piu’ parole che nei precedenti casi, e quelli piu’ assennati rimangono spesso in silenzio assorti dalle loro riflessioni e lungi dal fornire un qualsiasi giudizio.

Rimane cmq nelle caratteristiche della autrice il suo rifiuto per le convenzioni e per la sottolineatura della poca tolleranza all’interscambio di classe a favore di chiusure affettate dei cerchi delle varie estrazioni sociali. mentre quelle piu’ alte rimangono quanto mai vacue e senza contenuti, quelle piu’ basse, anche se mancando di una certa cultura, risultano piu’ genuine e preferibili alle qualunquiste affezioni cortesi dettate da un galateo rispettato un po’ troppo, a discapito degli affetti, anche familiari.
Era un libro che non conoscevo ma l'ho veramente amato.

In questa edizione sono presenti due voci esterne, una critica d introduzione...a volte un pochino noiosa e che si prende troppo sul serio (pare un paradosso, la genialita' di una donnina che scrive per il piacere di scrivere e in tal modo riesce ad essere leggera persino nelle piu' grandi condanne delle consuetudini del suo tempo che viene in vari tempi commentata da pomposi e quanto mai pesanti critici che devono per forza soppesare ogni parola scritta rimandando a questo o quell'aspetto della vita o dell'austenpensiero) e alla fine, un commento di Virginia Wolf che in questo stralcio e' un po' piu' leggera di tante altre volte in cui l'ho letta commentare le gesta di Jane..


Persuasione
Jane Austen
Barbera Editore,Ed. 2009
Collana "I nuovi classici"
Prezzo 10,00€



mercoledì 24 novembre 2010

"Imperial bedrooms", Bret Easton Ellis - Inspiegabile...




Questo libro e' stato comprato proprio la settimana successiva all'ospitata di Bret Easton Ellis fatta da Fazio a "Che tempo che fa". Autore di "Meno di zero" romanzo famosissimo edito nel 1985 di cui, ammetto, di non aver mai letto nemmeno una riga. E forse una ragione c'era.Questa storia dovrebbe essere il proseguio appunto di questo romanzo scritto a 21 anni, l'autore nell'intervista sosteneva di essersi domandato che fine avevano fatto i suoi personaggi dopo 25 anni ed e' stato questo lo spunto per scrivere questo libro e consigliava di leggere prima questo libro e poi il precedente romanzo.
Il problema e' che questa storia non ha un capo e nemmeno una coda, non c'e' nulla. Comincia effettivamente come si stesse riprendendo un sospeso, ma non c'e' trama c'e' solo l'amplificazione di vite rovinate da anni di eccessi di uomini e donne che vivono nell'ambiente dello spettacolo, luogo delle vanità e dei fuochi fatui.

Inizia parlando di uno dei protagonisti che da New York decide di ritrasferisi a Los Angeles e' uno scrittore che trova la sua fortuna sceneggiando uno dei suoi testi per Hollywood. Rientrando incontra vecchie conoscenze con le quali per vari motivi aveva rotto, l'amico drogato che non aveva piu' sentito, l'ex amante sposata con un altro amico che respinta lo ha evitato per mesi ed anni piu' una lunga serie di personaggi e personaggini che ruotano attorno a quelli principali per cercare un po' di visibilità non solo nel mondo del cinema ma anche nella storia di Imperial Bedrooms. Inutile dire che questa visibilità non la trovano se non come rappresentanti di quel mondo dello spettacolo piu' attraente fatto da gente dannata dal proprio talento che invece che coltivarlo passa il tempo ad autodistruggersi come nella migliore tradizione dei film anni '70-'80. Atmosfere cupe, buie dove balenano i riflessi di luci stroboscopiche delle feste che si rifrangono sui vetri dei bicchieri sempre ricolmi di qualche alcolico, sigarette e un vociare di frasi non concluse e di presenze non spiegate. Ricorda quei giallo old stile che si vedevano da piccoli in tv, di cui non rimpiango affatto la mancanza perche' mi sono domandata sempre perche' in quei film l'alba non arrivasse mai!

A mio avviso, in questo libro, c'e' tutto meno che un buon motivo per scriverlo, perchè e' un romanzo di mezzo che termina con una porta socchiusa come a suggerire che fra 25 anni verrà ripreso in mano e magari continuato. Non e' nemmeno una lettura scorrevole perche' l'incastro dei personaggi e' molte volte un po' forzato e lo svolgersi della storia, pur di mantenere la sua aria cupa, non ha ritmo non ci sono crescendo. Persino quella che dovrebbe essere la "rocambolesca fine" si perde in un mare di ricordi confusi di un alcolizzato e deve essere supportanta da una scena aggiunta che peraltro è di poca utilità.

Inutile dire che non mi sia affatto piaciuto e che non lo regalerei e nemmeno lo consiglierei.



Imperial Bedrooms
Bret Easton Ellis
Einaudi Editore, Ed 2010
Collana "I supercoralli"
Prezzo 18,00€



domenica 21 novembre 2010

Maurizio Maggiani: "Meccanica Celeste"

Questo e' un autore che mi piace particolarmente perche', a mio avviso sa essere molto accattivante nelle spiegazioni; quindi alla fine ti sembra di poter padroneggiare i concetti che lui ti ha brevemente esposto.


Se siete curiosi sul sito di Maggiani è possibile leggere alcuni dei suoi racconti he ha deciso di donare al web. E' un bel modo per conoscere di piu' di questo autore.
Il sito e' questo:
http://www.mauriziomaggiani.it/

E questi sono i dettagli del libro cui fa riferimento:

Meccanica Celeste
Maurizio Maggiani
Feltrinelli Editore, Ed. 2010
Prezzo 18,00€

venerdì 19 novembre 2010

"Un gioco da bambini", J.C. Ballard - Nomadismi psicologici attraverso l'evoluzione moderna dell'io






"Attraversare il presente, riconoscere la molteplicità delle possibilità che esso contiene, e' esercizio del nomadismo, inclinazione tesa ad interrogare il divenire" Da Millepiani n°6 Come alcuni dei libri che leggo, non e' un libro "scelto" da me, ma e' "stato scelto per me" da un carissimo amico che come sempre riesce a stupirmi. Piu' che un libro, potremmo definirlo un racconto, anche breve a dirla tutta, sono soltanto 92 pagine. Ma e' decisamente intenso e quella che e' riportata sopra e' la definizione piu' vicina all'immagine che ti viene restituita mentre lo leggi.

La storia si racconta in poco. Un omicidio di massa in un quartiere dabbene di Londra. Tutti gli abitanti adulti, che siano proprietari, domestici, guardie o docenti privati, sono stati uccisi in vari modi. I figli dei proprietari tutti fra gli 8 e i 18 anni sono scomparsi, nessuno apparentemente chiede riscatti, non si ha traccia di vendita di medicine particolari e nemmeno se ne sono ritrovati i corpi. Alle indagini di Scotland Yard che non portano nessun risultato di rilievo ad un caso cosi’ grave da essere rimbalzato sulle cronache mondiali, viene chiesto l’aiuto di vari esperti di psicologia. Un assassino? Piu’ di uno? Come ha fatto ad introdursi in un complesso cosi’ superprotetto? Dove sono finiti i ragazzi? Perche’ non ci sono rivendicazioni?
Tante domande,analizzate con un ritmo incalzante fino alla fine. Non dico altro, ma solo che e’ un libro veramente accattivante e decisamente noir.

Un gioco da bambini
J.C. Ballard
Feltrinelli Editore, ed. 2007
prezzo 7,00€

mercoledì 17 novembre 2010

[Dal libro che sto leggendo] "La fattoria degli animali"






Quando si dice che che c'e' sempre una ragione per cui accadono le cose. Questo libro e' in rilettura, la prima volta che l'ho letto, l'avevo trovato noioso...oggi invece mi sembra che sia stato scritto ieri su polemiche che giornalmente troviamo sui giornali e telegiornali.
Buona lettura,
Simona

Tratto dal saggio* "Libertà di stampa" di George Orwell a fine libro.

[..] E' abbastanza curioso che questa cospirazione su scala nazionale** per compiacere un nostro alleato si verifichi in un ambito di autentica tolleranza intellettuale. Non ci viene infatti permesso di criticare il governo sovietico, mentre siamo ragionevolmente liberi di criticare il nostro. Quasi nessuno pubblicherebbe un attacco contro Stalin, ma non si rischia niente attaccando Churchill almeno su libri e periodici. In questa guerra durata cinque anni, due o tre dei quali li abbiamo trascorsi combattendo per la sopravvivenza nazionale, sono stati pubblicati senza alcuna interferenza moltissimi libri, opuscoli, articoli in cui si auspicava una pace di compromesso. [..]

Il servilismo con cui, a partire dal 1941, la maggioranza degli intellettuali inglesi ha ingollato e riproposto la propaganda russa sarebbe del tutto stupefacente, se una cosa simile non fosse già accaduta in molte altre occasioni.[..]
[..] Un solo esempio: la BBC ha celebrato il venticinquesimo anniversario dell'Armata Rossa senza fare il minimo accenno a Trockij. Sarebbe stato altrettanto preciso commemorare la battaglia di Trafalgar senza nominare Nelson; ma questo non ha suscitò alcuna protesta da parte dell'intelligecija inglese. Nelle lotte interne dei vari paesi occupati, la stampa britannica si e' schierata quasi senza eccezione dalla parte delle fazioni sostenute dai russi, calunniando quelle rivali e sopprimendo spesso a tal fine delle prove rilevanti.[..]

[..] Per esempio, Trockij aveva scritto una biografia si Stalin poco prima di morire. Si puo' immaginare che il libro non fosse immune da pregiudizi, ma ovviamente era vendibile. Un editore americano aveva preso accordi per la pubblicazione e il volume era già in corso di stampa (credo che fossero state inviate le copie-saggio per le recensioni); ma poi la Russia è entrata in guerra e il libro e' stato immediatamente ritirato. Su quest'episodio non e' m ai apparsa una parola sulla stampa britannica, anche se l'esistenza di un libro del genere e la sua soppressione erano chiaramente notizie degne di un libro del genere.
E' importante distinguere fra la censura che l'intelligencija inglese s'impone volontariamente e quella che a volte può essere imposta da gruppi di pressione.[..]

Ma torniamo al mio libro. La reazione della maggior parte degli intellettuali inglesi nei suoi confronti sarà molto semplice: "Non andava pubblicato". Naturalmente, i recensori che conoscono l'arte della denigrazione non lo attaccheranno su basi politiche bensì su basi letterarie. Diranno che si tratta di un libro monotono e stupido, di uno scadaloso spreco di carta.Possono anche aver ragione , ma chiaramente questo e' solo un aspetto del problema.[..]
Il problema in discussione è molto semplice: "qualsiasi opinione, quantunque (e perche' no?) stupida, ha diritto di udienza oppure no?". Se presentate la questione in questi termini, quasi tutti gli intellettuali inglesi sentiranno di dover rispondere affermativamente. Ma se date alla domanda una forma concreta , chiedendo: "E anche un attacco a Stalin ha diritto d'udienza?", la maggior parte delle risposte saranno negative. In questo caso, infatti, si registra una sfida all'ortodossia corrente, e quindi il principio della libertà di parola cessa di esistere. Ora, quando si pretende libertà di parola e di stampa non si sta chiedendo una libertà assoluta. Un qualche grado di censura deve sempre esistere, o almeno continuerà ad esistere fintanto che ci saranno società organizzate. Ma la libertà, come ha detto Rosa Luxemburg, è "libertà per gli altri". E' lo stesso principio contento nelle celebri parole di Voltaire: "Detesto ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo". Ammesso che la libertà intellettuale, che è senza dubbio uno dei segni distintivi della civiltà occidentale abbia un significato, tale significato è che chiunque deve avere diritto di dire o stampare ciò che ritiene vero, purchè così facendo non danneggi inequivocabilmente il resto della comunità.[..]

Se dovessi citare un testo a giustificazione della mia scelta, indicherei il verso di Milton:
"secondo le note leggi dell'antica libertà"
La parola antica accentua il fatto che la libertà intellettuale è una tradizione profondamente radicata, senza la quale è improbabile che esisterebbe la nostra cultura specificatamente occidentale. E' una tradizione alla quale molti dei nostri intellettuali stanno visibilmente voltando le spalle.[..]
Se la libertà significa qualcosa, significa diritto di dire alla gente cio' che non vuole sentirsi dire. L'uomo di strada accetta ancora vagamente tale dottrina e si comporta di conseguenza. Nel nostro Paese -[..]-sono i liberali ad aver paura della libertà e sono gli intellettuali a voler infangare l'intelletto. E' per attirare l'attenzione su questo problema che ho scritto questa prefazione.

* e' stata anche iniziale prefazione, scartata, della prima edizione della "Fattoria degli animali" scritta nel 1945 comparsa realmente solo nelle pubblicazioni del libro dal 1972 in poi
**sta parlando della difficoltà di pubblicare questo libro rifiutato da 4 editori perchè ritenuto una sconveniente polemica verso la Russia


domenica 14 novembre 2010

L'ha detto...Joan Rivers




La prima volta che vedrò sorridere una persona mentre fa jogging, prenderò in considerazione l'idea di praticarlo.

Joan Rivers

venerdì 12 novembre 2010

"Fuoco su Napoli", Ruggero Cappuccio - Madrigale Funebre


"Maddalena penintente" opera di Antonio Canova (1796)


E' il titolo di un racconto, di Gustaw Herling di cui vi ho parlato il 3 settembre u.s. e che mi e' venuto in mente leggendo questo libro dove male e bene, amore e odio e rispetto e onore si fondono e si scontrano in continuazione.
Nel racconto herlinghiano l'amore assumeva, a volte le forme del male e del disonore sia nella storia della protagonista esperta di musica che nella descrizione della vita di Carlo Gesualdo che faceva da motivo trainante del racconto stesso. Nel caso di "Fuoco su Napoli" e' nel male che si genera e si autoalimenta l'amore. E' dal disonore che cresce il "rispetto". E' dalla bassezza del vil denaro che si genera un matrimonio e l'opportunità di creare una nuova società stabilita da pochi eletti.

Tutto inizia a largo del golfo di Napoli ci sono due uomini su una barca. Un avvocato e uno studioso. Si parla dell'imminente catastrofe che raggiungerà Napoli, l'eruzione del Vesuvio e l'inondazione di lava e acqua della città che porterà distruzione. Sono stati chiamati esperti da tutto il mondo e l'avvocato, che ha -in tempi non sospetti- sempre aiutato lo studioso, ora chiede il conto: 30 giorni di tempo per sistemare "le cose". Si parla anche dell'amore dello stesso avvocato, ammaliato dalla bellezza della giovane ragazza di nobili origini di cui conserva solo il titolo e i debiti. E qui tra una descrizione e l'altra della vita della società "buona" e quella di strada si dipanano le storie dei due protagonisti. Passato e presente sono fusi in maniera magistrale a descrivere i personaggi, la loro vita e le loro passioni. Un uomo, con modi d'altri tempi, che corteggia una ragazza alla vecchia maniera, salvando la sua famiglia dalla catastrofe finanziaria e facendole conoscere e vedere cose che è certo che sapranno colpirla, servono, non solo a conquistare il cuore della protagonista, ma anche a far comprendere al lettore quanto di bello questa città abbia da offrire.
Di contro, la buona società che si nutre del lavoro dei poveri e che contestualmente ne butta dalla finestra i risultati e la netta distinzione fra ricchi e poveri, che fanno tanto pensare alla Napoli del 1860 descritta da Ernesto Serao, pongono al lettore implicitamente la domanda: e' lecito cancellare cio' che c'e' di brutto in questo micromondo per iniziare a costruirne uno che possa ambire alla perfezione o in virtu' di quel che e' stato, e che ancora si vede non solo nei palazzi e nei panorami ma anche nelle tradizioni e nei racconti e le leggende di vicolo, preservare e contrastare cio' che non va?

Ora, il "male" di cui parla Herling non e' una entità definita. Racchiude una serie di sfaccettature infinite del dolore e della tentazione umana. Qui quel male si presenta nella vita di un bimbo di dieci anni che sorprende la madre a tradire il padre e per vendetta uccide l'amante di lei, perchè, come sostiene un suo amico, "l'onore si lava col sangue". Il male si ripresenta nella nostalgia di casa - perchè il giovane fugge in Sicilia lavorando e studiando, mai pentendosi di quel che aveva commesso ma consapevole di aver distrutto la vita familiare- e prosegue nella vita di un giovane avvocato che continua a menar di mano per " lavare l'onore" del fratello minore e nel proporsi quale difensore acuto dei boss della camorra di cui, visto la formazione siciliana all'ombra della mafia silente ma presente, diventa anch'esso parte integrante.
Come in "Madrigale funebre" a intorno questa storia principale di "amore deviato" da "onore" e "rispetto" si fondono e si incrociano varie altre storie di vita vissuta che ne rappresentano l'amore presente per la giovane che ama e per i soldi di cui sente un viscerale bisogno di accumulo e il passato dell'amore che definirei carnale che condivide con tutti i suoi concittadini per la Napoli. Di testi che dichiarano amore per la propria città ne ho letti abbastanza da dire che forse questa e' la prima volta che tale incondizionato rispetto per le proprie origini sia espresso in maniera cosi' tangibile e infatti non a caso l'ho definita "carnale". Avendo avuto la possibilità di avere segnalati piu' testi napoletani mi sono resa conto che il rapporto di questa città con i suoi abitanti va ben oltre ogni attestazione di affetto e di amore che mi sia capitato di leggere. Tanto che si fatica a capire cosa amino di piu' i personaggi di questo libro.
Sembra quasi che molti scritti, quelli di Herling del periodo napoletano compresi, siano la derivazione di un amore malato - ora in senso buono e ora nel senso cattivo - per una città che si pone come rappresentazione teatrale di tutti i vizi e le virtu' umane terrene e che per questo ne ricavi il rispetto incondizionato di colui che la vive in ragione della lezione che ne trae e della amplificata sensibilità che ne viene fuori derivata dall'animo umano messo continuamente alla prova dal proprio vissuto.
A Napoli non ci si ama, ma si vive l'amore e lo si assorbe e ci si impossessa del proprio amante a 360° perchè il vincolo del possesso dia a chi ama la possibilità di sentirsi come l'unione di due anime e di due corpi in ogni minuto della vita. La definizione piu' corretta sarebbe perchè entrambi "Possano toccarsi l'anima" e farla propria. Due partner, non sono amanti, ma si possiedono con un travolgente e insaziabile bisogno di esserci e sentirsi. Ci si ama e al contempo ci si odia per questo amore invasivo che si respinge non meno di quanto lo si cerca e cosi', per questo amore, tutto quel che nel gergo comune viene rigettato e marchiato come "assurdo" diventa "accettabile". Uccidere per l'infamia di un tradimento non e' piu' sindacabile con le motivazioni del civile sentire ma si rende necessario perche' il tradimento interrompe questo ordine che regola il micromondo di una coppia che si vive. Micromondo che all'atto del tradimento e sopratutto della scoperta dello stesso scoppia come una bolla di sapone.
Identico amore e' vissuto per la città per quello che e' nel presente e per quello che ha rappresentato in passato e che va a rappresentare in futuro. E quindi la domanda, sopra posta, se e' meglio ricominciare daccapo, con una nuova Napoli, oppure e' meglio preservare quel che questa città è stata, cercando di modificare in bene i mali che fanno parte del suo presente e del suo futuro, assume un nuovo significato e un diverso valore.

Mi sento in dovere di sfatare un mito. Quando comprai questo libro, questo autore veniva spesso commentato come "L'alternativa a Saviano". Niente di piu' sbagliato. Saviano e Cappuccio non hanno nulla in comune se non un profondo amore per la questa città. Il primo descrive Napoli con il fascino e il ritmo della contemporaneità - fatto di immagini che scorrono con i ritmi quasi soffocanti moderni - il secondo con la lirica dell'esperienza e della saggezza e qui, nonostante non manchino le situazioni rocambolesche i ritmi sono e rimangono teatrali (pensando a quel che ho letto mi viene in mente solo questo termine: elegiaci). E nonostante il protagonista di "Fuoco su Napoli" sia un colluso con la camorra prima e camorrista sottobanco dopo, quel che vi apprestate a leggere, se poi lo comprerete, non e' un romanzo di camorra ma d'amore, di onore e rispetto, e di storia.
Non è un romanzo scorrevole nella misura in cui, chi si appresta a leggerlo, non sia disposto a scendere a patti con la lirica che lo pervade, ma non per questo, so che possa sembrare una antitesi, non e' difficile da leggere.
E' uno spaccato di vita che non ha inizio e che non finisce. Quasi come nei racconti di Herling lascia uno spiraglio alla fine che permette al lettore di darsi una propria spiegazione su quel che ha letto.

Se oggi dovessi dirvi perche' leggerlo vi direi che e' una esperienza travolgente e se vi dovessi dire perchè non leggerlo vi risponderei che, se non siete disposti ad accettare che male e bene possano sussistere indipendentemente uno dall'altro e che contestualmente siano la ragione dell'esistenza uno dell'altro, potreste trovare difficile apprezzare un testo simile. Non serve conoscere di camorra e nemmeno delle tradizioni napoletane e in fondo nemmeno Herling per poter accedere a questo libro, perche' l'autore da tutte le informazioni man mano che si dipana la storia, ma sicuramente non vedrete piu' Napoli con gli stessi occhi. Ed e' una esperienza altamente consigliata.

Termino con una descrizione , a mio avviso spettacolare, presa direttamente dalle tante che ho sottolineato leggendo e che credo mi portero' dietro per molto.
Luce, la giovane amata dell'avvocato, ha improvvisamente realizzato che sua nonna e' rimasta nella Napoli invasa dall'acqua e dalla lava e corre a salvarla. La trova nel suo attico nel centro storico.
-"Perché sei rimasta qui nonna?"
-"Perché anche se fossi andata da un'altra parte sei rimasta qui. Ci sono posti dove uno sta sempre, da prima di nascere. E in questi posti si rimane, dovunque si vada. Si rimane anche dopo morti, anche se nessuno se ne accorge. Luce mia, c'e' stato un momento in cui Napoli aveva confidenza con la vita. Una grande confidenza. Era una specie di soavità, una leggerezza sfottuta di vivere e allo stesso tempo desiderosa di vivere. Si capiva da un fazzolettino colorato che sbuffava dal taschino di una giacca, si capiva dalla sorveglianza ironica e meccanica di un ventaglio, oppure si capiva dal tremito di un bastone di canna impuntato dai signori che passeggiavano tra i passi perduti di Toledo a fare i rabdomanti dell'inquietudine."
"Vedi, era un mondo capace di curarsi dei piccoli rituali dell'esistere, perche' non aveva fiducia in quelli grandi, quelli storici, quelli definitivi insomma. Napoli non ha mai creduto ai finali e quando lo ha fatto è stato per saggezza, diciamo per una finzione superiore. Questo sfizio greco di campare dipendeva dal fatto che la città aveva una frequentazione privilegiata con la morte, con la morte e tutti i suoi simili"
"Sai l'unica cosa che ti consente di distinguere fra le conoscenze e le amicizie e' indiscrezione. E Napoli con la morte e' sempre stata indiscreta, perchè Napoli con la morte, aveva fatto un'amicizia antica. La maggior parte delle indiscrezioni arrivava dai fantasmi e questi fantasmi venivano da tutte le categorie sociali."[..]
[..]" Platone dice che quando dopo una morte violenta l'anima e' costretta a separarsi dal corpo, allora torna sul luogo della fine, torna a corteggiare il ricordo della propria fine con un'ostinazione speciale."[..]
[..]" il piacere di assistere all'apparizione è sempre accompagnato dalla paura di assistere all'apparizione stessa. Ed e' qui, in questo corto circuito del desiderio e del timore, che nascono le forme piu' alte dell'emozione. Qualche volta i fantasmi possono essere morti, ma altre volte possono essere vivi. Fantasma puo' essere un'intera storia che torna, in cui le voci reclamano un diritto, un verità[..]"

E dopo questo non credo vi sia altro da aggiungere se non il buona lettura!

N.B.: il fatto che l'url del blog sia "Letture sconclusionate" non e' un caso, perche' veramente, al di la dell'ordine con cui posto le mie recensioni, il mio modo di vivere i libri cambia a seconda dell'umore e della predilezione del momento. Per questo testo in particolare devo ringraziare una cara e dolcissima amica e fatina delle letture che, sopportando questa mia curiosità, ogni tanto con estrema nonchalanche (perchè, da brava fatina, sa sempre come prendermi per il verso giusto!) butta li un link o un nome o qualche volta una parola chiave carpendo sempre la mia attenzione. In questo caso e' stato una vera e graditissima scoperta! GRAZIE!

Aggiornamento:In effetti non ci avevo pensato ma cliccando sul titolo che segue trovate il libro cui faccio riferimento Don Ildebrando e altri racconti


Fuoco su Napoli
Ruggero Cappuccio
Feltrinelli Editore, ed 2010
Collana "I narratori"
Prezzo 16,00€


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